16 Lug 2016

Odin Sphere Leifthrasir – Recensione

In questa generazione di console, una cosa di cui possiamo essere certi è che quando esce un nuovo titolo, la parola “nuovo” è da prendere sempre con pinze. Sono innumerevoli infatti i remake, i remastered ed i reboot di vecchi capolavori (e non) del passato, che per qualche ragione le major del settore videoludico hanno deciso di farci giocare e rigiocare fino allo sfinimento. È un mercato che, visto come vanno le cose, non avrà mai fine, ma tra la marea di titoli di cui si potrebbe tranquillamente fare a meno, capita che a volte spunti fuori un’inaspettata meraviglia.
Dopo un così lungo tempo di buio, finalmente una…
(scusate, non sono più abituato a queste emozioni…)

Sì, finalmente una gioia!

Da ben due generazioni or sono, ritorna sui nostri schermi videoludici Odin Sphere, indiscusso capolavoro appartenente al genere degli action/GDR, che nonostante la grafica bidimensionale e quasi dieci anni di vita, dimostra senza nessuna esitazione di essere in grado di “dare ancora delle piste” ad un bel po’ di concorrenti più giovani.

Come abbiamo già detto, Odin Sphere è un titolo che sorprende, e riesce a farlo anche nella trama, in cui le storie di cinque differenti eroi e protagonisti vanno a collidere all’interno di un unico grande ed epico disegno. Nella storia che andremo a vedere ed a vivere, c’è praticamente di tutto, intrighi, amori, tradimenti, principi e principesse, guerre, rospi parlanti in cerca del bacio che li farà tornare normali, divinità fatte uomo, ed un sacco di altre fantastiche cose. A sentirne parlarne senza nulla conoscere del titolo di Vanillaware, si potrebbe anche pensare che si stia raccontando una puntata del capolavoro di George R.R. Martin, Game of Thrones, solo meno cruenta e sanguinosa.

Ovviamente, visto il nome, era quasi ovvio che il tutto traesse una qualche ispirazione dal pantheon norreno, in cui Odino, qui soprannominato il signore dei demoni, regna nella zona limitrofa all’Oltretomba insieme alle sue Valchirie, impedendo che chiunque possa fuggirne impunito, e cercando di conquistare i regni vicini appropriandosi di un’arma a dir poco devastante, il Calderone. Ma per far ciò ha bisogno di una cosa, dell’anello di Titrel, l’unico oggetto in grado di controllare i poteri del Calderone, e volgerli quindi al proprio volere.
Odino però non fa parte dei personaggi di cui avremo il controllo, che come accennato prima sono più di uno, ben cinque per l’esattezza, ognuno dei quali con il proprio percorso da intraprendere verso l’epilogo finale, e che non mancherà occasione per incrociare i loro destini.
Ma alla fine, chi riuscirà a posare le proprie mani sul Calderone? Chi oserà usare di nuovo quell’oggetto che fu la causa della distruzione del regno di Valentine? Per scoprirlo non vi resta che addentrarvi nel mondo di Erion, ed accompagnare in battaglia i suoi eroi.

odin 1

Odin Sphere Leifthrasir è ovviamente l’edizione remastered del titolo che vide la luce negli ultimi anni di vita di PlayStation 2, e che adesso, grazie agli autori originali, ovvero Vanillaware, approda sia sull’ammiraglia della casa giapponese che sulla sua console portatile, arricchita da miglioramenti a skill e combat system, una modalità New Game Plus e nuovi livelli difficoltà pensate per gli hardcore gamer. Il titolo è un action GDR bidimensionale a scorrimento, molto simile ai titoli precedenti per PS Vita della casa giapponese (Muramasa Rebirth e Dragon’s Crown), ma è il primo che riesce a sbarcare finalmente anche sulla nuova home console di Sony.
Il suo mix perfetto tra il genere action/platform e le connotazioni gidierristiche con cui sono gestiti i personaggi, lo rendono un titolo divertente e godibile anche per i neofiti del genere. Sicuramente non avrà le dirompenti battaglie che si potrebbero vedere in un qualsivoglia Devil May Cry, ma livello dopo livello, capitolo dopo capitolo, sarà praticamente impossibile non lasciarsi affascinare dalle splendide ambientazioni o dai particolari protagonisti e le rispettive storie.

Passando a parlare un po’ più approfonditamente alla parte tecnica, una delle peculiarità di Odin Sphere sono i livelli circolari. I terreni di gioco su cui si incontreranno i nemici infatti, non saranno unicamente su un percorso lineare, ma si svolgeranno su un cerchio, di conseguenza, se non si prende una porta o un passaggio, correndo sempre nella stessa direzione, prima o poi si ritornerà sempre al punto di partenza. Un po’ sulla falsa riga di come funzionava il movimento della navicella in Resogun, in cui ci si poteva muovere sul lato esterno verticale di un cilindro.

Nella storia di Odin Sphere c’è praticamente di tutto, intrighi, amori, tradimenti, principi e principesse, guerre, rospi parlanti in cerca del bacio che li farà tornare normali, divinità fatte uomo, ed un sacco di altre fantastiche cose

Nel nostro percorso, incontreremo una discreta varietà di nemici, razze diverse che si distinguono principalmente per essere native di una determinata zona piuttosto che un’altra. Questi, una volta sconfitti, come in ogni buon gdr che si rispetti, potrebbero lasciarci in dono oggetti e denaro, che di certo vi saranno utili nel corso del gioco e nella progressiva crescita del vostro personaggio. Le monete infatti serviranno per acquistare oggetti ed equipaggiamento come ricette e mappe dai venditori ambulanti, oppure, in caso di monete speciali, direttamente dei gustosi piatti dai ristoranti nella città segreta dei Puka. Gli oggetti droppati invece saranno per lo più materiali per la creazione delle pozioni da usare in battaglia, oppure ingredienti per le ricette che potremo assaggiare nel ristorante ambulante situato nelle zone di riposo e ristoro presenti nei livelli.

Ora, siamo certi che alcuni di voi si staranno chiedendo come mai tutta questa attenzione sul cibo e sui ristoranti, e la risposta è presto detta: in Odin Sphere Leifthrasir, mangiare del cibo dona punti esperienza al nostro personaggio, che così può salire di livello e sbloccare nuove potenti abilità.
L’importanza delle materie invece è legata alla componente di crafting presente nel titolo, che permette al giocatore di creare in qualsiasi momento degli oggetti consumabili di supporto. Previo possedere tutto l’occorrente richiesto nelle pergamene di mix, le varie pozioni che creeremo potranno esserci molto spesso di grande aiuto, sia per curare i nostri personaggi, che per infliggere danni bonus ai nostri avversari.

Infine, se vi state chiedendo a cosa servono i semi, essi assolveranno il compito che da sempre gli viene assegnato, ovvero quello di essere piantati e germogliare per dare preziosi frutti. Tutto si muove tramite fozoni, che nel corso della storia apprenderemo essere delle parti delle anime degli esseri viventi ormai trapassati.

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Come già anticipato, il dover affrontare le avversità con cinque personaggi differenti, significa dover elaborare cinque approcci di gioco a seconda delle armi, dei colpi e delle caratteristiche che si hanno a disposizione. I colpi base saranno chiaramente uguali per tutti, quindi un minimo di “pratica” condivisa non mancherà di certo, ma sarà comunque necessario adattarsi di volta in volta alla velocità di movimento del personaggio che stiamo controllando, cercando di utilizzarlo al meglio anche nei momenti più caotici. Non lasciatevi intimorire dal dover apprendere cinque stili di combattimento, perché la semplicità con cui si riuscirà ben presto a prendere la mano con i comandi principali del gioco è quasi disarmante, ed è senza dubbio merito del lavoro svolto dagli sviluppatori per smussare le spigolosità dei controlli della versione originale, che ora sono decisamente ad un livello migliore.

Per quel che riguarda il bilanciamento generale del titolo, c’è da dire un paio di cosette. La prima è legata ai vari protagonisti del gioco, tra cui effettivamente non possiamo negare ci sia quello o quella che risultano essere molto più potenti ed efficaci degli altri. La seconda questione invece, è ad un gradino un po’ più alto, e chiama in causa proprio il livello generale di difficoltà, che sembra essere tarato un pochino troppo al ribasso. Questo è probabilmente la conseguenza dell’aver eliminato la barra della stamina, che nel titolo del 2007 fissava un limite di attacchi consecutivi prima di restare momentaneamente indifesi.
Per i più nostalgici comunque, ricordiamo che all’interno del menu principale del gioco è possibile accedere alla modalità classica del titolo, che altri non è che la versione originale sbarcata quasi dieci anni fa su PlayStation 2.

La semplicità con cui si riuscirà ben presto a prendere la mano con i comandi principali del gioco è quasi disarmante

Esteticamente parlando, non si può negare che Odin Sphere sia invecchiato più che bene. Ambientazioni, fondali, personaggi, nemici, tutto è aggraziato e piacevole, tanto che perfino i piccoli oggetti distruttibili in giro per i livelli hanno il proprio fascino. Non è chiaramente tutto perfettissimo, ne siamo consapevoli, ed infatti, anche se siamo pazzamente innamorati di questi titolo, qualcosina che non va siamo riusciti a trovarla… Piccola eh… Sia chiaro…

Nonostante l’aspetto grafico sia gradevole ed affascinante come vi abbiamo detto poc’anzi, non sarà difficile veder scorrere sullo sfondo delle ambientazioni già viste nel corso della partita. Del resto, c’è anche da ammettere che i luoghi da visitare durante il gioco non sono poi molti, ed il dover giocare più storie ambientate negli stessi reami non aiuta a diversificare costantemente tutto quello che ci circonda. Un po’ di ripetitività visiva alla fine dei conti, perciò nulla che possa minimamente scalfire i nostri sentimenti per l’universo di Erion.
Il passaggio alle nuove generazioni ha chiaramente richiesto anche un aggiornamento tecnico-pratico per rendere il titolo “adeguato” all’hardware dell’home entertainment dei tempi odierni. Questa necessità ha portato infatti a far guadagnare ad Odin Sphere l’adattamento alla risoluzione in 16:9, al posto di quella in 4:3 a cui era abituato chi l’ha giocato in originale.

Anche nel comparto sonoro, si nasconde una bella sorpresa, ed alle musiche infatti c’è la bravura di Hitoshi Sakimoto, che i fan di Final Fantasy, Tekken, Tactics Ogre e Valkyria Chronicles dovrebbero già conoscere. Se proprio la si deve dire tutta poi, è stato anche l’autore delle colonne sonore di Muramasa Rebirth e Dragon’s Crown, che già vi abbiamo citato come precedenti produzioni di Vanillaware. Un connubio, quello tra il compositore e la software house giapponese, che di certo non dispiacerà a nessuno dei fans.

Chiaramente, è praticamente impossibile che titoli di questo genere arrivino nella nostra nazione completamente localizzati, ma dobbiamo dire che ultimamente le cose stanno migliorando, riuscendo a farci ammirare titoli come quello odierno che ci offrono un’ottima traduzione dei testi in italiano, accompagnata da un doppiaggio in inglese e giapponese.
Per concludere, non si riscontrano fondamentalmente problemi tecnici di grossa entità, ed oltre alla già citata ripetitività di fondali ed ambientazioni, nulla ha minato la nostra esperienza di gioco.

Versione PS Vita

Il capolavoro di VanillaWare e Atlus torna in alta definizione, oltre che su PS4, anche su PS3 e PS Vita. E oltre alla versione principale, abbiamo potuto mettere le mani su quella portatile, promossa anche lei, non c’è dubbio, seppur con qualche riserva. Da una parte abbiamo infatti un RPG mastodontico da decine e decine di ore di play-time, e dallo stile artistico impressionante, compresso in una console da portare sempre con sé (magari sfruttando il cross-save, per riprendere la partita dove la si è lasciata su PS4 o PS3): lo schermo OLED della PS Vita restituisce ogni dettaglio, così come ogni sopraffina spennellata realizzata dal team, e il possente impianto presente sotto il cofano dell’handheld di Sony assicura una fluidità rocciosa, anche nelle situazioni più affollate.

Al contempo però, non c’è alcuna traccia di controlli touch, ed abbiamo riscontrato delle lievi imprecisioni durante l’input dei comandi, complici forse levetta analogica e croce direzionale che sentono il peso di un combo system forse troppo scattante e articolato per la loro lieve “legnosità”, portandoci in alcune occasioni a realizzare un attacco al posto di un altro, compromettendo in parte la nostra strategia. Nulla di drastico, sia chiaro, ma che unito all’assenza del cross-buy (in teoria ampiamente giustificato dalla mancanza di feature esclusive o particolarmente difficili da implementare, in fase di sviluppo), ci porta a consigliarne l’acquisto unicamente ai possessori della sola PS Vita, o ai super-fan che intendono sfruttare pienamente il salvataggio condiviso tra le due piattaforme.

Versione PS Vita testata da Icilio Bellanima

Conclusioni

Da quanto avete potuto leggere fino ad ora, non ci siamo sforzati tanto a nascondere il nostro entusiasmo e la nostra appassionata predilezione per questo piccolo capolavoro del passato. Non siamo soliti incoraggiare il prolificare di remastered di ogni tipo o di collection varie, ma quando sul banco degli imputati ci sono tali pilastri delle passate generazioni, non possiamo che prostrarci alla loro magnificenza, gesto che questa volta siamo sicuri sia stato ripagato più che in abbondanza. Il titolo infatti è rinato a nuova vita sulle ultime generazioni di console di casa Sony, e come avete potuto vedere il risultato finale è meraviglioso. Una storia bella ed avvincente, confezionata in una splendida estetica, ed accompagnata da una colonna sonora d’eccezione, cosa altro si può volere di più da un gdr d’azione?
A prescindere quindi, Odin Sphere Leifthrasir si rivela essere sia una ghiotta occasione per recuperare una gloria del vecchio monolite nero di Sony, che una splendida opportunità per rigiocare uno dei migliori titoli del suo genere che ci sia in circolazione.

Che cosa ci fate ancora qui? Via via! A comprare ed a giocare ad Odin Sphere, raus!

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