Indie Soul – Episodio #11

Nuova puntata della rubrica di GameSoul dedicata ai giochi indie

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Indie Soul, la rubrica di GameSoul.it dedicata agli indie, torna con un nuovo episodio per proporvi, anche questa volta, uno stuzzicante e frizzante terzetto di giochi che potrebbero fare al caso vostro. Come sempre, abbiamo cercato di proporvi delle chicche pescate dall’immenso sottobosco dell’industria, giochi che per un motivo o l’altro rischiano di finire schiacciate dal peso mediatico di produzioni ben più blasonate. Tuttavia, come noterete immediatamente, non abbiamo potuto fare a meno di trattare anche un’opera in particolare che in questi giorni sta giustamente accentrando su di sé una parte dell’attenzione mediatica di critica e pubblico.

La selezione, il menù della giornata si apre con Footgun: Underground, un originale e bizzarro roguelike in cui il protagonista attacca i nemici calciando un pallone. Si prosegue poi con Heading Out, che è in tutto e per tutto un’avventura narrativa su quattro ruote, con una spruzzatina di roguelike. Infine vi parleremo di Indika, in assoluto il gioco più interessante e a tratti folle di questa puntata.

Vi ricordiamo che questi giochi sono disponibili solo in digitale, ma che da GameStop potete acquistare credito per PlayStation Store, Nintendo eShop, Microsoft Store e Steam, in negozio e online.

Ora è tempo di scoprire questo terzetto di indie, con l’undicesimo appuntamento di Indie Soul!


Footgun: Underground

Un altro roguelike? Sì, ancora un altro roguelike, come se non ce ne fossero già abbastanza. Eppure Footgun: Underground potrebbe offrire effettivamente qualcosa di diverso dal solito, pur rispettando buona parte dei crismi del genere.

Se la struttura è del tutto simile a tanti titoli pubblicati di recente, è il gameplay a sorprendere: la struttura di action bidimensionale a schermate fisse non è costruita sui combattimenti all’arma bianca, ma sull’utilizzo di un… pallone.

Già, potrà sembrare strano ma il gioco non si chiama “Footgun” per niente: in questo titolo il protagonista è un personaggio dotato di gamba bionica, con cui può colpire un pallone che diventa a conti fatti la sua arma contro i nemici. Bizzarro, vero? Ancora di più se pensiamo che il pallone non è incollato ai nostri piedi, ma va invece ogni volta recuperato. E ce ne possono essere anche due o tre contemporaneamente sullo schermo, tra l’altro.

È attorno a questo elemento di design che prende forma il peculiare sistema di gioco, totalmente differente dai tradizionali titoli d’azione. Anziché limitarsi a imparare tutti i movimenti del proprio avatar, portare al limite le skill e poi reagire all’azione dei nemici, in questo caso ci troviamo in costante movimento “reattivo”, quasi a improvvisare, nel tentativo di raggiungere la sfera, colpirla, evitare i nemici e cercare di riposizionarsi correttamente, tenendo conto di come due palloni in contemporanea possano collidere tra loro e dei rimbalzi che possano fare sulle pareti.

Ne risulta un gameplay privo di tempi morti, che tiene il giocatore costantemente sul chi vive perché non si ha mai il controllo totale delle proprie azioni: si può calciare di prima, caricare il colpo, tenere il pallone, lasciarlo giù, etc. e nel mentre bisogna tenere conto degli attacchi nemici e schivarli. Abbinando questo alla natura roguelike, con stage di gioco generati randomicamente sia per conformazione che per nemici, la sfida diventa davvero impegnativa.

In aiuto arriva il sistema di crescita e personalizzazione in ogni run, che permette di acquisire skill difensive, di contrattacco e, soprattutto, palloni di efficacia sempre crescente: si parte dalla convenzionale sfera per passare a vere e proprie palle di fuoco, lame rotanti, torrette mitragliatrici e via dicendo, che si abbinano con le skill passive legate all’aumento di velocità, danni o che alterano il movimento (per non parlare di ulteriori attacchi extra) per trasformarci in veri e propri calciatori da battaglia.

La progressione non è troppo differente dai canoni classici, alternando livelli in cui fare piazza pulita dei nemici ad alcune prove di abilità (ad esempio centrare bersagli o distruggere una pignatta entro il tempo limite), inserendo i classici negozi e mid boss prima di arrivare alla sfida che porta al livello successivo e all’unlock di un nuovo personaggio. Il tutto si dipana su diramazioni molto ampie, che alterano sensibilmente il percorso sia per difficoltà che tipologia di stage.

Nel complesso quindi Footgun: Underground offre un’esperienza originale e divertente, decisamente diversa rispetto al solito e per questo interessante anche per coloro che iniziano a sentire la “stanca” da roguelike. Tanti poteri da ottenere, tanti personaggi da sbloccare e run sempre molto articolate rendono il gioco sufficientemente vario e originale, meritevole di un’occasione anche da coloro che non amano troppo il genere ma sono in cerca di qualcosa di un po’ più folle del solito.

Potete acquistare Footgun: Underground direttamente su Steam.

A cura di Pietro Spina


Heading Out

Dopo pochissimo tempo dall’uscita di Pacific Drive ed Open Roads, ecco che in sordina arriva da Serious Sim e Saber Interactive un’altra avventura on the road: Heading Out. Un racing game narrativo, così che viene definito dagli sviluppatori, in cui se da un lato quello che faremo principalmente sarà guidare, in realtà è tutto il contesto narrativo a spingerci ad andare avanti in quest’avventura.

Che Heading Out abbia del carattere si denota a partire dall’aspetto grafico, quel cel-shading in bianco e nero, contrastato di tanto in tanto da qualche dettaglio giallo, rosso o celeste, è intrigante quanto coerente con la storia che vivremo lungo le strade degli USA. Infatti, il personaggio di cui vestiremo i panni (e le auto) e di cui definiremo in parte background e carattere, attraverso alcune scelte testuali, resta comunque cupo e misterioso, e perennemente in fuga dall’ombra rossa della “paura”.

E’ proprio la paura l’elemento narrativo da cui nasce il nostro bisogno di fuggire, che diventa allo stesso tempo elemento di gameplay imprescindibile: alle fasi di puro racing, si alterna quella roguelite in cui dovremo decidere il percorso da intraprendere per raggiungere la nostra meta. Le scelte, anche in virtù di questo, non saranno sempre scontate, visto che la paura ci starà perennemente alle calcagna. Se vi raggiunge, il viaggio finisce.

Perderemo qualche ora a riposare o a riparare il veicolo? Sceglieremo un percorso breve ma apparentemente senza ricompense o uno più lungo per compiere una missione secondaria? Andremo a tavoletta con il rischio che ci fermi la polizia e sprecando più carburante? O andremo più lentamente cercando di goderci il viaggio? Queste sono solo alcune delle scelte che dovremo fare, tentando allo stesso tempo di non farci raggiungere dalla paura, di non finire i (pochi) soldi che abbiamo, di far salire la nostra fama (vincendo gare, ma anche facendolo con stile) e ovviamente di raggiungere il nostro obiettivo principale.

Questa è la sezione principale del gioco, da cui poi partiranno quelle racing vere e proprie, rappresentate quasi sempre da sfide come gare ed inseguimenti con la polizia ma, anche da “viaggi tranquilli” in cui godersi il viaggio ascoltando la radio o della buona musica.

Musica: è questo un altro elemento fondamentale tanto del gameplay, quanto della narrazione. Ogni corsa, a prescindere dal tipo, sarà accompagnata da una canzone, che rappresenterà la durata effettiva della stessa: finita la canzone, finita la gara. E qui apriamo una parentesi sulla colonna sonora, che alterna brani originali di alto livello, a brani diciamo più di accompagnamento, ma comunque sempre adatti al contesto “road trip”: prevalentemente si tratta di musiche country o rockeggianti, con qualche piccola parentesi jazz; potete ascoltare qualche pezzo direttamente su Spotify per capire il mood e lasciar giudicare alle vostre orecchie.

Ma non solo la musica è protagonista, bensì anche la radio, dove si alternano diverse stazioni e speaker a seconda della zona, ognuno con il proprio stile e mood, a raccontare le gesta del Jackalope (che sarebbe il nostro soprannome) in cerca di fama e salvezza, ognuno a modo loro. Piacevole digressione dopo ogni gara o anche una buona compagnia nei viaggi tranquilli, abbiamo sempre ascoltato cose nuove dalla radio, con un doppiaggio di buon livello, seppur in inglese. In italiano sono tradotti invece tutti i testi, cosa apprezzabilissima vista la verve narrativa: non saranno solo i testi però ad accompagnare la storia, ma anche delle illustrazioni a fumetti con lo stesso stile serioso in bianco e nero.

Heading Out non può essere considerato un vero e proprio racing e, se dobbiamo dirla tutta, sotto quel frangente non eccelle, anzi, per quanto correre sia divertente e non ci siano grossi problemi tecnici di sorta (cosa che non si può dire dal lato grafico). Non può nemmeno esser considerato un’avventura vera e propria, perché una storia definita non esiste, gli incontri che farete, gli eventi che si succederanno, dipenderanno prevalentemente dal vostro percorso e dalle vostre scelte (cosa che ne aumenta la rigiocabilità) e tutto sommato resteranno sempre “di contorno”.

Heading Out alla fine non è altro che quello che si prefigge di essere, un’esperienza narrativa su quattro ruote, con qualche elemento roguelite a rendere più vario e longevo il gioco. E scusate se è poco riuscire a trasmettere attraverso un videogioco quella sensazione di viaggio western, quel senso di rivincita e di necessità di fuga dai fantasmi del passato.

Se l’idea di fare un viaggio in questo contesto vi affascina, sappiate che potrete intraprenderlo quando volete, semplicemente andando sulla pagina Steam del gioco.

A cura di Pasquale Lello


Indika

Indika è un’avventura narrativa ambientata in una Russia alternativa del 1800. Oltre alla neve e al ghiaccio, su questo spaccato di mondo domina con pugno di ferro la religione. Essa è così incastrata nei meccanismi sociali da permeare ogni cosa, come fosse un’invisibile patina che imprigiona e soffoca edifici, stanze, persone. Non c’è luogo senza una croce, un dipinto o un testo sacro.

A mal sopportare questa imposizione decisa da chissà chi, c’è anche Indika, suora suo malgrado, sebbene faccia di tutto per sottostare alle free regole imposte dal suo ordine e dal convento in cui vive praticamente reclusa. La sua repulsione, tuttavia, è tale da essere ormai evidente, soprattutto quando si concretizza in atteggiamenti e comportamenti definiti bizzarri, se non proprio blasfemi, dalle altre sorelle con cui condivide il suo voto.

Del resto, è difficile essere una suora e adempiere ai propri compiti, quando la voce di Sanata in persona sussurra costantemente la propria inadeguatezza e insofferenza. Indika è prigioniera non solo di una società che tende a reprimere ogni slancio affettivo, non solo di un luogo votato unicamente alla preghiera e alla rinuncia, ma anche della sua stessa mente. Cela sotto la veste, sotto uno sguardo freddo e distaccato un ardore e un desiderio di ribellione antropologica, filosofica, sessuale. 

Il gioco di Odd Meter tratta sacro e profano, religione e sesso, libero arbitrio e tabù con estrema eleganza, caparbietà, spesso ironia. Lo fa tramite brevi cut-scene ben dirette, con dialoghi taglienti, con viaggi onirici e allucinati nel passato e nella psiche disturbata della sua protagonista. Il mondo apparentemente credibile e realistico del prologo del gioco, presto si modifica, diventa grottesco, fantastico, irreale, in accordo con il progressivo abbandono di Indika delle remore, delle regole, dei divieti impostigli.

Tutto ciò ha come sfondo un’avventura di per sé piuttosto contenuta, quattro ore sono più che sufficienti per giungere ai titoli di coda, in cui gli unici attori sul palco sono Indika e un misterioso fuggitivo che, con le sue domande, il suo punto di vista, il suo corpo caldo e a suo modo sensuale, instilleranno ulteriori dubbi nella mente già provata della donna. Per lo più lineare, il gameplay si apre timidamente a zone esplorabili, in cui raccogliere qualche oggetto extra che contestualizza ulteriormente il mondo immaginifico; a piccoli puzzle da risolvere per lo più sfruttando l’ambiente e alcuni oggetti messi a disposizione; sezioni in cui sfruttando la deformazione dello scenario, come diretta causa dell’interferenza di Satana, Indika può e deve raggiungere zone altrimenti irraggiungibili.

A conti fatti, raggiunti i titoli di coda, non vi ricorderete di Indika per il suo gameplay, quanto per il suo modo brillante e spesso disorientante di mettere sul piatto certi temi e per il modo con cui questi vengono trattati. A differenza di Hellblade: Senua’s Sacrifice, tuttavia, il livello d’astrazione è più alla portata di tutti. Le allegorie dipinte non sono mai incomprensibili, motivo per cui la creatura di Odd Meter non è solo più facile da assimilare, ma anche più piacevole (e divertente) da giocare, interpretare, capire.

Un’esperienza consigliatissima a chi cerca qualcosa di assolutamente particolare, fuori dagli schemi e persino irriverente. Potete trovarlo e acquistarlo sia su Steam, che su PSN.

A cura di Lorenzo Kobe Fazio


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