The Walking Dead Season Two – Episode 3: In Harm’s Way – Recensione

The Walking Dead Season Two – Episode 3: In Harm’s Way – Recensione

L’impegno di Telltale Games nel portare avanti più serie ha come principale conseguenza, per il momento, un’alternanza bimestrale delle due saghe ad oggi in prosecuzione: The Walking Dead e The Wolf Among Us. Ne consegue che tra un episodio e l’altro, come al solito della durata media di due ore, passino due mesi, ovvero un lasso di tempo decisamente troppo ampio per mantenere fresco il ricordo di quel che accade in questi brevi sprazzi di crudeltà.
Con l’uscita del terzo episodio di The Walking Dead, la seconda stagione ispirata al fumetto di Robert Kirkman compie il giro di boa e si avvicina verso il finale.
Clementine, dopo un episodio iniziale un po’ piatto ed un secondo che raggiunge i massimi vertici di una produzione Telltale, si ritrova ora a fronteggiare un nemico ben peggiore di un’orda di zombie: la follia di un singolo uomo.

La piccola Clem e il suo gruppo si ritrovano, più o meno improvvisamente, imprigionati in una piccola comunità gestita da un crudele personaggio di nome Carver, uno degli individui più crudeli e lucidamente folli che vi potrà mai capitare di incontrare in un videogioco.
Quel che spaventa di più di Carver non è tanto la malvagità gratuita di alcune sue azioni, quanto la lucidità, la freddezza, l’imprevidibilità e un’apparente logica con cui compie questi gesti.
Per lui è perfettamente logico e normale (anzi, giusto) far dormire all’aperto il gruppo di Clementine per punirli per non essere ancora parte del suo entourage. Allo stesso modo chiunque si riveli non essere indispensabile èautomaticamente sacrificabile per non diventare un peso. Il suo potere si basa quindi sulla violenza e sul suo carisma con i quali comanda i sottoposti, ormai persuasi che la via di Carver sia l’unica che gli permettà di sopravvivere alla fine del mondo.

Ed ecco quindi che la riverenza dei sottoposti spiega facilmente il loro ruolo nell’episodio: la fiducia in Carver e il timore nei confronti del leader, lasciano il dubbio nel giocatore sul perché gli aguzzini di Clem & co. siano così spaventati. È come se il loro terrore vi contagiasse, creando un terrificante sospetto su cosa sia capace di fare Carver che purtroppo, dopo poche ore, verificherete in prima persona. Il leader ha una filosofia tutta sua per affrontare l’apocalisse e attorno ad essa ha costruito una base in cui la piccola ragazzina ne è imprigionata, metaforicamente e anche di fatto.

Gli spazi della base sono quindi il confine che separa l’assurdità di un uomo da quella del mondo esterno, con cui forse è più facile avere a che fare, nonostante tutto. In questo contesto Clem e gli altri sono dei sopravvissuti alla follia, non alla fine del mondo e come tali devono fuggire da Carver, restando possibilmente insieme.
Tutto l’episodio si struttura quindi come una sorta Ocean’s Eleven apocalittico in cui i nostri eroi elaborano un piano per scappare da questo paradiso perverso e non importa se gli costa abbandonare un luogo pieno di provviste e relativamente sicuro dagli zombie.

Per una volta, in realtà, la serie si espone a qualche critica: tutta la prima parte dell’episodio è decisamente lenta, persino per gli standard dei Telltale Games, salvo poi ingranare bruscamente nella seconda metà ed esplodere infine in uno dei finali più splatter ed action della stagione.

In tutto ciò ci ritroviamo una Clementine ormai leader del gruppo, in cui gli adulti sembrano quasi pendere dalle sue labbra e su cui tutti fanno inspiegabilmente affidamento. Le regole su cui le persone facevano affidamento nel mondo “normale” sono scomparse, questo è chiaro, ma arrivare a mettere il destino di una dozzina di persone nelle mani di una bambina è un salto più lungo della gamba per una serie come The Walking Dead, che ha fatto della fragilità di Clementine e della difficoltà nell’approcciarsi da sola al mondo in questa seconda stagione, il perno del suo successo.

Improvvisamente scompaiono anche le opzioni di risposta più soft, mentre dominano le reazioni decisamente più aggressive. I Telltale sembrano comunque consci di questa veste che hanno donato alla loro giovane protagonista che infatti si chiede ad un certo punto perché tocchi sempre a lei fare tutto.

Ben venga invece la consapevolezza sempre crescente che la ragazzina raggiunge sui limiti della malvagità umana, costantemente valicati dagli “estranei” e la sua rinnovata capacità di affrontare i nuovi “mostri” (sempre loro ovviamente, gli uomini) senza mai chiudere gli occhi o girare lo sguardo da qualche altra parte. Clem capisce che per affrontare il male bisogna conoscerlo e guardarlo in faccia, prendendosi quando è il caso anche le dovute soddisfazioni.
Se quindi riuscite per una volta a chiudere un occhio su questi eccessi, avrete comunque tra le mani il “solito” episodio di The Walking Dead, carico di emozioni e lezioni sull’animo umano, il tutto nella veste grafica che ormai abbiamo imparato ad apprezzare e che, pur nel suo aspetto cartoonoso, non stempera mai la violenza dei momenti più brutali.
Saranno inoltre contenti tutti i fan della serie che hanno giocato al DLC 400 Giorni di rivedere alcuni personaggi, anche se forse avrebbero meritato uno spazio maggiore dopo averli introdotti quasi un anno fa.

In conclusione…

Non sarà il miglior episodio della serie, ma siamo comunque sempre su livelli molto alti, narrativamente ancora inarrivabili per la gran la parte dei titoli che vediamo ogni giorno arrivare sugli scaffali digitali.

In Harm’s Way è dunque la degna prosecuzione di una stagione che sta iniziando a mostrare i muscoli, aggiungendo una buona dose di sangue e brutalità che alla fin fine in un gioco del genere non fa mai male.
La strada verso il finale è dunque spianata e nel frattempo Clementine e gli altri del gruppo riescono ad assolvere egregiamente al loro compito: intrattenerci, farci riflettere e spaventarci come pochi altri giochi sanno fare.

Voto 8/10

Da quando ho scoperto che i piaceri che i miei pollici opponibili potevano darmi con un joypad erano pressoché infiniti non ho mai smesso di videogiocare. Appassionato di cinema e musica, sempre e solo a livello maniacale.

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