Popcorn Time: Her

Popcorn Time: Her

Amore (im)possibile.

Un essere umano, un sistema operativo e la relazione che li unisce. Banalizzando potrei riassumere così l’essenza della nuova, particolare (se non unica) love story siglata Spike Jonze.
Siccome banalizzare non è l’obiettivo di questa rubrica, vediamo di zoomare e mettere a fuoco quella che è l’anima impressa sulla pellicola di Her.

Il film agisce come un prisma, possiamo rigirarcelo tra le mani e notare decine di sfaccettature diverse a seconda della luce, o meglio, del punto cui rivolgiamo la nostra attenzione.
 Theodore – interpretato da uno straordinario Joaquin Phoenix – ha il doppio ruolo di protagonista e specchio: è una persona come tante, con pregi indiscussi e “stupide” insicurezze, gioie e paure, il tramite che unisce visceralmente lo spettatore al film ed in cui lo spettatore – appunto – si identifica, si specchia.
La storia che lo riguarda è di fatto una lunga (leggera, scorrevole) riflessione su temi differenti e complessi, ma nulla che non abbiamo sperimentato almeno una volta nella vita.
La 
socialità, ovvero il bisogno irrefrenabile, che sembra divorarci come un parassita, di proiettare attenzioni e stati d’animo vari ed eventuali su altri individui a noi vicini. Il contatto, la relazione come mezzo per sfuggire al silenzio, al dubbio, a domande  troppo scomode e “pesanti” da affrontare da soli.
La solitudine, diretta conseguenza della tematica precedente. Si può davvero sfuggirle scherzando con gli amici o dormendo abbracciati ad una donna? Spesso stringiamo al petto un’illusione poiché è l’unica barriera che ci rimane per contrastare il vuoto.

electric-dreams-1984Ma passiamo a qualcosa di fondamentale, per il film così come per il blog che state visitando: il rapporto uomo-tecnologia. 

La storia del Cinema è costellata di esempi a riguardo: Metropolis di Fritz Lang,  l’immenso 2001: Odissea nello Spazio di Kubrick, Blade Runner di Ridley Scott, A.I. di Spielbergnonché un piccolo grande tesoro sepolto nel cuore nerd degli anni ’80, Electric Dreams di Steve Baron, lungometraggio che presenta notevoli somiglianze con Her pur rimanendo meno impegnato o metaforico.

In ogni caso, lo scambio tra essere pensante e sistema operativo (o ròbot) non è mai stato realmente approfondito con uno sguardo curioso, indagatore, soprattutto realista e rivolto al (prossimo) futuro quanto nel film che vi sto presentando.
Qui la questione – infatti – si complica perché non viene data una vera e propria direzione, una linea guida utile a giudicare ed etichettare i termini precisi di una simile “relazione”: ci vengono presentate alcune variazioni sul tema ed il ruolo di giudici resta a noi spettatori. E’ possibile una vera e propria comunicazione tra intelligenza umana ed artificiale? In quali termini e modalità? Una macchina potrà mai – per quanto complessa – decidere in base al libero arbitrio, ad un’emozione, o sarà sempre e comunque (per definizione) sottomessa al volere del proprio creatore? Ora l’occhio si sposta sull’ uomo, e vi stupirete di come – in realtà – si possano porre le stesse, identiche domande. Siamo davvero liberi di scegliere? Quanto influisce il condizionamento esterno sulle nostre decisioni? Forse siamo più simili ad un computer di quanto ci piacerebbe sperare…

Argomenti complessi, ma trattati con l’eleganza e la leggerezza proprie di un autore.
Her  racconta ed illustra tutto questo, ma soprattutto – arrivando alle battute finali – “parla” d’amore. L’Amore come unica e vera arma contro il destino che accomuna tutti, uomini e macchine.

Da vedere, meglio se in lingua originale.

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A noi ricorda…

 “The Sims”: intelligenze artificiali progettate per “mimare” comportamenti umani… in poche parole la stringatissima sinossi della pluripremiata serie made in Msxis. Certo, si viaggia su livelli e frequenze totalmente differenti rispetto all’opera di Jonze, ma chissà che con l’arrivo dell’attesissimo quarto capitolo la profondità generale non raggiunga nuove – inesplorate – vette…

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Siamo al capolinea signori, l’appuntamento – al solito – è per venerdì prossimo con una nuova recensione, intanto vi rimando alla pagina Facebook per gli aggiornamenti del caso e vi auguro una buona settimana!

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"Write drunk; edit sober." E. Hemingway

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