Indie Soul – Episodio #5

Nuova puntata della rubrica di GameSoul dedicata ai giochi indie

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La rubrica di GameSoul.it dedicata agli indie torna dopo un breve periodo di pausa, a distanza di un paio di mesi dal quarto episodio, che potete recuperare qui, in cui vi parlammo di Swordship, The Last Spell e Dredge.

Lontani dal caldo dell’estate, in questo clima autunnale che tuttavia ci regala ancora qualche giornata assolata, questa volta vi proporremo un altro terzetto di primizie dal gusto indie particolarmente speziato, inusuale, persino dannatamente retrò.

Da una parte abbiamo Gunbrella, un action bidimensionale dal ritmo a tratti indiavolato. Segue Sea of Stars, un RPG di stampo classico in tutto e per tutto, dalla grafica alle meccaniche che ne determinano il gameplay. Infine, vi parleremo nel dettaglio di Chants of Sennaar, avventura affasciante e dai risvolti persino filosofici.

Vi ricordiamo che questi giochi sono disponibili solo in digitale, ma che da GameStop potete acquistare credito per PlayStation Store, Nintendo eShop, Microsoft Store e Steam, in negozio e online.

Riprende insomma il nostro viaggio gli indie, con il quinto appuntamento di Indie Soul!


Gunbrella

Gunbrella ha un nome che è tutto un programma. Da una crasi che sfiora l’antitetico, unendo uno strumento atto a offendere a un altro utilizzato per proteggersi, nasce il folle pretesto videoludico che guida ogni nostra azione in questo gioco d’azione 2D. Quasi fosse frutto della fantasia di un bimbo infatti, il Gunbrella è letteralmente un’arma in grado di attaccare, con uno shotgun dai colpi infiniti, e al tempo stesso consentire al suo utilizzatore planare e muoversi nell’aria in agilità. Ma non solo, perché questo ombrello è resistente al punto da poter funzionare anche da scudo, come nei migliori film di spionaggio e d’azione, se aperto al momento dell’impatto dei colpi nemici.

La fusione tra le due realtà di questo poderoso artefatto permette di esibirsi in azioni acrobatiche tra salti sulle pareti, slanci nel vuoto con l’ombrello, planate tattiche e tuffi in velocità, tutte concatenabili. Dopo un inizio che richiede un po’ di collaudo, visto il particolare sistema di comandi, saltare e blastare nemici diventa molto divertente, soprattutto quando si riesce ad integrare nelle proprie sortite anche le armi secondarie (dai proiettili limitati). Peccato però che il mood dell’esperienza non sia dei più leggeri, perché Gunbrella inizia con una tragedia che colpisce il protagonista, portandolo inevitabilmente su un cammino di vendetta.

Interessante lo svolgimento a livello narrativo: nonostante si parli di una produzione molto semplice e strutturalmente (almeno all’apparenza) molto simile a tante altre, sono diverse le situazioni in cui si interagisce con personaggi ben caratterizzati e in grado di fornire interessanti linee di dialogo. Senza contare poi che ciò porta alla scoperta di missioni secondarie, a volte interessanti e altre meno, e possibili (marginali) divergenze narrative. Una manciata di ore, a voler girare con curiosità tra trama ed extra, le si possono impegnare facilmente.

Nel complesso quindi ci troviamo tra le mani un titolo esteticamente molto gradevole nella sua interpretazione della pixel art, meno banale di quanto ci si possa aspettare in questi casi, e particolarmente efficace nel gameplay grazie al sagace utilizzo del Gunbrella stesso. Esplorare i livelli alla ricerca di segreti, imparando a mettere in fila le varie acrobazie senza soluzione di continuità, non stanca mai, così come è piuttosto coinvolgente il sistema di combattimento nella sua base, che fa di schivate, contrattacchi e affondi il suo centro. In pratica un gioco compatto, sfidante il giusto e sorprendentemente originale nell’esecuzione.

Gunbrella è disponibile sia su Steam, che sullo shop online di Nintendo Switch.

Pietro Spina


Sea of Stars

Sea of Stars è senza mezzi termini un sogno ad occhi aperti per chi sospira nostalgicamente ai bei tempi andati dei Final Fantasy in 2D e di Chrono Trigger. Parliamo infatti di un RPG vecchio stampo e in pixel art. Un titolo che guarda inevitabilmente alle origini del genere, certo, ma non per questo superato, né indigesto ad un pubblico di neofiti.

Le premesse narrative non sembrano così originali, ma sono il preambolo di un’avventura, della durata complessiva di una trentina di ore, che in realtà si concede diversi colpi di scena, qualche dialogo toccante, un paio di svolte narrative davvero profonde. Zale e Valere, personaggi che potrete liberamente controllare a vostro piacimento, dopo un lungo training sono finalmente pronti per partire in missione, un compito che li vedrà impegnati in una battaglia contro creature oscure che minacciano ciò che resta della civiltà che il duo si impegna a difendere con ogni mezzo. Niente di particolarmente trascendentale, dicevamo, ma lungo il percorso che conduce ai titoli di coda avrete modo di conoscere personaggi secondari ben caratterizzati, oltre che di esplorare scenari davvero splendidi per la cura nei dettagli che gli artisti di Sabotage Studio hanno infuso nella loro pixelosa creatura.

Sul fronte artistico, insomma, siamo di fronte ad una piccola perla che sembra provenire da un’epoca passata tutta da scoprire ed amare, schermata dopo schermata. Dalla piacevole trama, al riuscitissimo art design, senza dimenticare l’ottima soundtrack che confeziona almeno un paio di tracce che vi si pianteranno nella testa, parliamo di un gioco che delizierà chi è cresciuto con gli 8 e i 16-bit, ma anche coloro che apprezzano le produzioni retrò.

Il discorso può tranquillamente essere esteso anche guardando al gameplay. Nessuna rivoluzione al genere di appartenenza, quanto la capacità di trarre il meglio dei grandi classici, opportunamente ammodernati da qualche feature niente male. Prendiamo il level design, per esempio. Sulle prime sembra davvero di avere a che fare con un pesante remake di un vecchio episodio di Final Fantasy. Finché non si recupera il rampino, che consente di raggiungere location un attimo prima inaccessibili, o gli scenari iniziano a svilupparsi in verticale, con sentieri che possono essere raggiunti lanciandosi dall’alto o scalando piattaforme sopraelevate.

Trattandosi di un RPG, naturalmente, una parte centrale la rivestono ovviamente i combattimenti oltre che la gestione dei personaggi. Per quanto riguarda i primi, Sea of Stars prende in prestito elementi già visti nei classici di Square Enix, oltre che da Super Mario RPG. Gli scontri sono a turni, ma tutta una serie di input da impartire con il giusto tempismo elargiscono bonus, offensivi e difensivi, una trovata, vista anche nella serie Mario & Luigi, che rende più intrigante ed emozionante ogni battaglia. Inoltre, sarà fondamentale concatenare gli attacchi fisici con quelli magici, utilizzabili solo quando la relativa barra è sufficientemente piena.

Per quanto concerne la gestione dei due protagonisti e del resto del party che si verrà a formare nel proseguo della trama, oltre all’equipaggiamento, salendo di livello, potrete scegliere quale parametro far crescere più degli altri, dando così possibilità ai giocatori di sviluppare i personaggi in base ai propri gusti e necessità.

Sea of Stars è un titolo tanto classico, quanto sorprendente e ben realizzato in ogni suo aspetto. Un piccolo capolavoro fondamentalmente imperdibile per i nostalgici dei vecchi RPG, nonché per i curiosi a caccia di un prodotto dal retrogusto retrò.

Sea of Stars è disponibile su Steam, su Nintendo Switch, PlayStation 4 e 5 e su Xbox Series X e S.

Lorenzo Kobe Fazio


Chants of Sennaar

Spesso sono i dettagli a fare la differenza, anche nei videogiochi. Se ci siamo avvicinati alla demo di Chants of Sennaar qualche mese fa, lo dobbiamo al suo stile grafico/artistico, che già dagli artwork, dagli screenshot, dai trailer si mette piuttosto in mostra. Ma è solo approcciandoci al gioco che abbiamo capito che oltre a quello c’era di più: nelle primissime fasi del gioco, capiamo come gli enigmi siano parte integrante dello stesso, ma soprattutto che la lingua e un alfabeto a noi sconosciuto, da interpretare e ricostruire, rappresentano il vero fascino di Chants of Sennaar.

Ispirato al racconto della Bibbia sulla Torre di Babele (ambientato in Mesopotamia, appunto, a Sennaar), noi saremo il viandante che ha il compito di riunire tutte le popolazioni, di permettere loro di comunicare nuovamente tra loro, nonostante ognuna di esse parli una lingua diversa; trasformando la lingua da ostacolo, a soluzione.

Nello specifico, il nostro compito sarà proprio quello di decifrare i simboli delle varie lingue, basandoci su ciò che vediamo e sentiamo nel mondo circostante: le parole di un mendicante, le iscrizioni di un’opera d’arte o le insegne di un negozio; sono solo alcuni esempi di ciò che troveremo. Ogni dettaglio può essere quello che ci permetterà di collegare l’idea che ci eravamo fatti, e proprio per questo sarà necessario esplorare (e ri-esplorare) ogni singolo anfratto, per cercare ogni volta, con qualche nuovo indizio, di arrivare alla soluzione.

Tutto ciò che avremo con noi è un taccuino, su cui verranno appuntati, man mano che li scopriremo, i simboli delle varie lingue, ed a cui verranno associate delle scene/immagini man mano che le vivremo in prima persona. Potremo farci un’idea del significato di un simbolo, appuntarlo accanto ad esso, ma è solo quando riusciremo ad associare correttamente i simboli alle immagini, che avremo la certezza del significato. A volte potremo anche andare ad intuito, ad esclusione, ma la maggior parte delle volte sarà necessario osservare attentamente e prendere appunti, spesso e volentieri ritrovandoci a fare del puro backtracking.

Il fascino di Chants of Sennaar sta proprio lì, nel rendersi conto di aver interpretato correttamente un simbolo, di aver percepito quello che un fedele o un’iscrizione voleva comunicare; ricordarsi dove poteva essere l’indizio mancante e vedere che tutto torna. Dipanare la trama, simbolo dopo simbolo, enigma dopo enigma.

Ma se il team di Rundisc ha indovinato la formula di gameplay (zoppicando giusto in alcune fasi stealth, particolarmente complesse), è curando l’aspetto visivo e sonoro che l’ha reso un piccolo capolavoro. Le ambientazioni traggono ispirazione dai fumetti europei degli anni ’70/’80, e ci riportano alla mente giochi più recenti come Sable o Monument Valley, ma anche Echochrome (sulla lontana PSP) che faceva il verso ad Escher.
Le tinte giallognole, che inizialmente catturano, cambiano tono nel prosieguo dell’avventura senza perdere fascino e, unite al design e l’architettura della Torre, alle ambientazioni a tratti mastodontiche, ci hanno fatto fermare più di una volta ad osservare lo schermo, come si trattasse di un quadro. Il delicato accompagnamento musicale di Thomas Brunet chiude il cerchio, intervenendo nel modo giusto, al momento giusto, sottolineando ed esaltando le varie scene.

In definitiva Chants of Sennaar rappresenta uno di quei giochi in cui l’arte si mescola con il videogioco, e viceversa, diventando tutt’uno. Perché tolto l’aspetto artistico, il gioco appassiona nel gameplay, prevalentemente riflessivo, ma complesso il giusto, accontentando in questo modo tutti i sensi che un videogiocatore può avere.

Trovate Chants of Sennaar  su Steam, ma anche su PS4/PS5, Xbox e Nintendo Switch. Noi l’abbiamo giocato su PC, a risoluzione 1440p, ma lo abbiamo testato anche su Steam Deck, dove resta giocabile, seppur si perda l’impatto grafico di un monitor/TV più grandi. Il nostro consiglio è quello di provare la demo, perché solo così potrete capire che si tratta di un’avventura da non perdere.

Pasquale Lello


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