The Batman va oltre le aspettative: mai visto un Cavaliere Oscuro così

Matt Reeves e Robert Pattinson sorprendono tutti con un capolavoro sul Cavaliere Oscuro

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Sentivamo l’esigenza di un altro Batman dopo la storica trilogia di Nolan con Christian Bale e il Batman di Ben Affleck nella Justice League? Normalmente la risposta sarebbe un frettoloso e glaciale “no”, ma se così fosse stato ci saremmo privati di uno dei migliori film dedicati al Cavaliere Oscuro mai realizzati.

Matt Reeves, col suo The Batman, ci presenta la versione più cupa, tormentata e ruvida che sia mai stata portata su schermo. È un progetto che è in qualche modo figlio del Batman di Christopher Nolan e del Joker di Todd Phillips, ma che vive di una sua oscura lucentezza, con una dignità a sé stante ben delineata.

Ma andiamo con ordine, contestualizzando questo The Batman con un minimo di sinossi: sono due anni che Bruce Wayne ha deciso abbracciare il suo lato oscuro dell’uomo pipistrello per ripulire le strade di Gotham City. In questi anni il suo corpo si è ricoperto di cicatrici, tanto bene è stato fatto, ma la situazione complessiva non è cambiata: la città è marcia alle radici e sembra priva di speranza. Nessuno può salvarla nella sua interezza e Batman stesso si chiede quale sia il senso del suo operato, se non quello di intervenire su sporadici eventi che nulla cambiano nel più ampio quadro complessivo.

Proprio nel mezzo di questa crisi della doppia identità si innestano gli eventi delle tre lunghe ore di The Batman: l’Enigmista fa la sua prima apparizione nel mondo di questo Cavaliere Oscuro ed è una nemesi molto diversa da quella che abbiamo visto in passato. È un anti-eroe sociale il suo scopo è smascherare la corruzione che infetta tutta la città, operando così ad un livello molto più alto e per certi versi “efficace” dell’alter ego di Bruce Wayne. Proprio questa nobile causa gli procura una certa popolarità che oltre ad ostacolare il lavoro di Batman, metterà anche in crisi il senso stesso della sua missione.

Strettamente legata a questa operazione di pulizia sommaria, troviamo un complesso intreccio narrativo sul filone mafioso/malavitoso che dona all’intera pellicola una vena nuova con una forte spinta sul lato da detective di Batman, senza mai esagerare. In questo variegato quadro dalle tinte a dir poco fosche si stagliano immensi personaggi perfettamente caratterizzati: tra questi potremmo iniziare a citare una Selina Kyle che è una Catwoman che così non viene mai chiamata esplicitamente, ma che nelle movenze non dimentica il passato delle sue antesignane. A differenza delle gattine interpretate da Michelle Pfeiffer e Halle Berry, la versione di Zoë Kravitz ha alle spalle un background di tutto rispetto che fa impallidire persino la gattina a cui è stato dedicato un’intera pellicola in suo nome. Il Pinguino di Colin Farrell (totalmente irriconoscibile) è qui poco più di uno scagnozzo, un punching ball emotivo pronto ad incassare infamie e umiliazioni che troveranno forse un giorno il loro sfogo in uno scontro più grande, ma che per il momento fa quasi paura per quel potenziale aggressivo inespresso.

Ed è proprio la paura è il tema portante del film. Anzi, è il cemento sui è costruita Gotham City.
“Fear is a tool” ci racconta all’inizio del film Rober Pattinson e queste quattro parole non potrebbero essere più rappresentative e pregnanti nel caso di The Batman: la paura è ciò che tiene insieme la città, è ciò che muove i personaggi, è al tempo stesso il carburante di cui Batman arde e il sentimento che ispira in chiunque incontri. La paura è lo strumento attraverso il quale l’Enigmista tira le fila della storia, manipola gli eroi per guidarli lungo il suo calcolato percorso ed è infine la carota che attira verso di lui orde di persone stanche di bastonate per le strade della piovosa e putrida Gotham City. Potremmo definire questo Enigmista un Joker di Nolan che ha studiato la lezione di economia di Bane da Il Ritorno del Cavaliere Oscuro e si è visto l’intera saga horror di Saw.

Questo fil rouge della paura permea ogni fotogramma, ogni volto, ogni costume, ogni angolo di strada e di cielo e diventa un collante che rende la visione tanto esteticamente coesa, quanto difficile e opprimente (se esiste un senso buono per usare questa espressione). Si rimane affascinati dall’opera di Matt Reeves, per quanto sia difficile dire di uscirne fuori a cuore leggero. La visione di The Batman è pesante, scava nel nostro rapporto con la paura stessa e in come noi ci relazioniamo ad essa, mette in discussioni un sistema di valori così marcatamente manicheo che basta un non nulla per varcare la soglia e passare dalla parte sbagliata. Le scale di grigi sono un lusso non contemplato in The Batman, dove tutti i personaggi sono bianco o nero e gli unici altri colori su schermo sono il rosso e blu delle sirene della polizia o il colore delle fiamme che ardono molto facilmente, tanto la città è diventata una polveriera pronta a scoppiare.

Al di là dell’aspetto cromatico, la fotografia di Greig Fraser per The Batman è un altro degli elementi che rende il film uno dei migliori cinecomic degli ultimi anni, così incredibilmente concreta, dura e segnante, in grado di cogliere sia i momenti salienti più intimi dei singoli personaggi, che quelli più corali, senza mai perdere il senso di asfissia generale che è presente in ogni sequenza. Persino le sequenze più affolate con molte comparse (sia che si tratti di civili in fuga o moltitudini di poliziotti) grazie alla fotografia riescono a essere quasi claustrofobiche, quasi come se ingombrassero l’immagine mozzando il fiato.

Arrivati alla fine di The Batman è impossibile non pensare che tra le tante paure di cui Matt Reeves ci ha voluto raccontare non ci siano, tra le dominanti, quelle che attanagliano l’America da anni: dalla deriva populista di Trump, al problema delle armi da fuoco così facilmente accessibili. È tutto lì, perfettamente confezionato da ogni singolo punto di vista, come ad esempio per quanto riguarda tutto il comparto sonoro, al di là della colonna sonora, è di una potenza pari agli altri aspetti citati, anch’esso focalizzato sulla sensazione di oppressione e pesantezza di ogni pugno, ogni braccio spezzato e ogni rombo di motore.

In chiusura, non possiamo non affrontare uno degli aspetti più discussi di tutto il progetto: la scelta di Robert Pattinson come nuovo Uomo pipistrello. A conti fatti, è una scelta perfetta: il Batman di Pattinson è un eroe che oscilla tra il gotico e il grunge (un po’ Brandon Lee de Il Corvo, un po’ Kurt Cobain), così tormentato da essere scavato in volto, ma al tempo stesso incredibilmente monolitico nelle sue convinzioni.
Quest’ultime possono sempre vacillare, ma è il compito dell’eroe rimanere alla fine dei giochi ben saldo, gestire le paure e perché no, infondere un po’ di speranza laddove non sembra possibile.

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Da quando ho scoperto che i piaceri che i miei pollici opponibili potevano darmi con un joypad erano pressoché infiniti non ho mai smesso di videogiocare. Appassionato di cinema e musica, sempre e solo a livello maniacale.

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