Remothered: Tormented Fathers – Recensione

Il genere dei survival horror, per come lo abbiamo conosciuto, ha, da sempre, visto le sue fortune interconnesse con il mondo delle console. Tralasciando il, pur significativo, debutto dei primissimi episodi di Alone in the Dark su PC, perle come Silent Hill, Clock Tower, Resident Evil, Rule of Rose ed Haunting Grounds vedono il loro successo (ed il loro debutto) legato a doppio filo con le prime due console realizzate ed ideate da Sony: è dunque grazie al brand PlayStation se capolavori di questo calibro sono riusciti ad entrare, senza difficoltà alcuna, nelle case di mezzo mondo. È oramai da un po’ di tempo che non si parla di Survival Horror di qualità su console: tralasciando alcune produzioni minori, e volendo stendere un velo pietoso sull’affair PT-Silent Hills-Konami, noi giocatori “old-school” siamo da troppo tempo orfani di un titolo capace di darci scosse di adrenalina, di farci saltare dalla sedia e di portare con se un bagaglio emotivo paragonabile a quello di un Silent Hill 2.

Difficile? Si, difficile ma, forse, non impossibile: l’italianissimo Chris Darril, in collaborazione con Stormind Games, debutta nel cosmo console, sei mesi dopo l’uscita su PC, con Remothered: Tormented Fathers, un survival horror duro e puro, forte di una accoglienza a dir poco bollente su PC, capace di attirarsi persino le simpatie di Keiichiro Toyama, padre della serie Silent Hill. Con questo pedigree e con il successo planetario riscosso dalla versione PC, ci accingiamo a recensire l’approdo sui lidi consolari di questo Survival Horror 100% italiano e verificare la tenuta dello stesso in un cosmo di riferimento completamente differente da quello di partenza. Successo replicato in pieno, dunque? Scopriamolo insieme!

Gli anni intercorsi tra il rilascio di perle quali Silent Hill 2 e Clock Tower 3 (usciti, rispettivamente, nel 2001 e nel 2002) e i giorni nostri, hanno sì visto l’arrivo sul mercato di altri esponenti di questo genere ma mai nessuno dei nuovi arrivati è riuscito, nemmeno lontanamente ad avvicinarsi alle atmosfere del gioco Konami o alla tensione latente del corrispettivo capolavoro made in Capcom. Chris Darril e i ragazzi di Stormind Games, mossi da devozione ed ammirazione per gli antesignani del genere, hanno scomposto i sopraccitati titoli alla ricerca di quel minimo comune denominatore, tanto ambito ed altrettanto irraggiungibile, fino ad ora almeno, capace di decretare l’immortalità di queste perle oramai sepolte ma mai dimenticate.

Sì perché, dissipando subito qualsiasi dubbio al pari di una folta coltre di nebbia (non quella di Silent Hill, quella non andrà mai via…), Remothered: Tormented Fathers possiede il “gene del successo”, riuscendo a tenere alta la tensione grazie ad una trama altamente al di sopra degli standard e ad un livello realizzativo che ricorda molto da vicino tanto le atmosfere quanto la giocabilità dei classici del genere da cui tutto ha preso origine. Inizia così, in un tripudio di citazioni videoludico-cinematografiche, la narrazione della trama di Remothered: Tormented Fathers, che ci condurrà nei meandri di una storia al cardiopalma, frutto di una visione deviata di un passato oramai seppellito, una visione che turberà per giorni i nostri sogni e le nostre giornate.

Remothered: Tormented Fathers possiede il “gene del successo”

Rosemary Reed, solerte investigatrice (o almeno è ciò che crediamo di lei), è decisa a scoprire la realtà che si cela dietro la cagionevole salute di Richard Felton. Intrufolatasi con l’inganno nel suo maniero, mette alla berlina un non così fragile padrone di casa, rivelando il suo reale interesse: scoprire che fine ha fatto Celeste, la figlia del Signor Felton, misteriosamente sparita dai radar anni prima e mai più ritrovata. Cacciata in malo modo da Gloria, badante e serva del padrone di casa, riesce ad insinuarsi nuovamente, questa volta di nascosto, nelle segrete stanze di quella che scoprirà essere una casa degli orrori, in cui, oltre al destino della compianta Celeste, sarà costretta a mettere in gioco, e probabilmente perdere, la sua stessa vita. L’incedere in questa magione infernale, accompagnato da funesti scricchiolii e suoni provenienti da un lugubre e graffiante grammofono, rivelerà una storia ben diversa da quella che sarebbe lecito aspettarsi: al posto di un padre, provato ed impazzito per la perdita della figlia, ci troveremo ad affrontare uno spietato assassino, dotato di una forza sovrannaturale, mosso da una lucida follia atta a proteggere la coltre di segreti ben nascosta nel maniero di cui è prigioniero e padrone. Senza incedere nella narrazione, per non incorrere in spiacevoli quanto sconvenienti spoiler, la trama allestita da Chris Darril, pur non toccando le vette di eccellenza raggiunte da Silent Hill 2, ad ora punto di paragone massimo per il genere, riesce a conferirci lo stesso stupore, lo stesso senso di meraviglia provato ai tempi dell’uscita del capolavoro edito da Konami, lasciandoci esterrefatti ad ogni rivelazione dipanata dal lento e criptico incedere della trama, che ci catturerà lentamente come una ragnatela, tessuta sapientemente dal ragno per immobilizzare la propria preda. Remothered: Tormented Fathers ci lascerà vittime e spettatori di un incubo da cui desidereremo non uscire mai più.

Remothered: Tormented Fathers può essere ascritto, senza dubbio alcuno, al filone dei Survival Horror in terza persona: la struttura di gioco, nettamente improntata allo stealth e a dinamiche tipiche dell’hide and seek più puro, ci portano in contatto con la componente più ansiogena e riuscita dell’intero gameplay. La nostra peregrinazione nella magione Felton ci vedrà infatti sprovvisti di strumenti di difesa e, dunque, impossibilitati a render pan per focaccia al becero mastino, unico (?) abitante della struttura. La nostra attività consisterà, infatti, in una pedissequa quanto meticolosa esplorazione degli spazi di gioco, evitando completamente (o quanto più possibile) l’incontro con il poco socievole padrone di casa, disposto a difendere la sua “privacy” con mezzi abbastanza estremi. Per far ciò dovremo far attenzione a non farci notare, facendo attenzione a non fare troppo rumore con i nostri passi, o provando ad orientarci, nonostante l’incombente ed onnipresente semioscurità, senza l’ausilio della torcia a nostra disposizione sin dalle prime battute del gioco. Anche l’analisi dei rumori ambientali, lo scricchiolio del legno del pavimento e i grugniti del nostro inopportuno padrone di casa, saranno un marker utile a rendere più “facile” la nostra sopravvivenza nel maniero Felton. Se scoperti saremo costretti a seminare il nostro inseguitore, sfruttando a dovere gli angoli morti della casa per perdere il contatto visivo e guadagnare tempo necessario per nasconderci ed eludere, dunque, l’accesso ad un destino altrimenti inevitabile. Una volta nascosti saremo costretti, mediante un mini-game, a mantenere basso il nostro livello di agitazione/terrore: un fallimento in ciò darà vita ad un ennesimo inseguimento e ad un probabile game over.

Potremo comunque utilizzare dei diversivi per rallentare il signor Felton e, in caso di contatto ravvicinato, potremo provare a liberarci, mediante dei quick-time event interattivi, dalla presa nemica: il fallimento nel far ciò ci condurrà, nemmeno a dirlo, ad una più o meno truculenta morte. Ad inasprire ulteriormente un livello di difficoltà permissivo ma non sottovalutabile, la decisione di permettere il salvataggio solo mediante l’utilizzo di metronomi sapientemente disposti negli angoli più disparati della casa. La struttura ludica richiama chiaramente le dinamiche osservate nel mai troppo citato Clock Tower 3, riuscendo a trasmettere, grazie ad una qualità del level design altamente sopra la media, le medesime sensazioni del caposaldo distribuito da Konami nel 2002. Stride purtroppo con tutta questa meraviglia, un livello realizzativo dell’interazione ambientale abbastanza approssimativo, almeno nella versione console: pur avendo ben evidenziati gli elementi con cui interagire, infatti, spesso e volentieri saremo costretti a spostare la telecamera in posizioni inusuali per aver accesso all’icona di interazione a noi utile, caratteristica decisamente fastidiosa in un gioco hide and seek che fa della rapidità di azione il punto vitale per una debita sopravvivenza. Questo difetto, parzialmente trascurabile nella prima metà del gioco, diventa insopportabile superato il 50% del progresso, momento in cui Remothered: Tormented Fathers muterà parzialmente la sua natura, trasformandosi in un trial and error che poco spazio lascerà ad un sistema di controllo approssimativo, pur derivante da una posticcia conversione dello stesso dalla versione PC. Speriamo però i ragazzi Darril e Stormind Games pongano rimedio, quanto prima, a questo annoso problema con una patch dedicata.

Remothered: Tormented Fathers ci lascerà vittime e spettatori di un incubo da cui desidereremo non uscire mai più

Non è tutto oro ciò che luccica: la cura realizzativa posta dal team di sviluppo nella proposizione di una trama avvincente e ben strutturata, accompagnata da un sistema ludico tutto interessante, seppure realizzato in modo talvolta ballerino, non è stata estesa, ahinoi, anche alla realizzazione della controparte grafica. Remothered: Tormented Fathers risente infatti, graficamente, dei tanti anni di gestazione e, pur girando su console di nuova generazione, tradisce una natura grafica non al passo con i tempi alternando così un level design d’autore a modelli poligonali, tanto della protagonista, quanto dei comprimari, approssimativi e mai troppo dettagliati. A causa di ciò anche i vari game over, dal più “tranquillo” a quello maggiormente truculento, non riusciranno nell’intento di shockarci, svelando ancor di più la arretratezza dei modelli poligonali e del character design.

Esattamente all’opposto viene a porsi, invece, il comparto sonoro di Remothered: Tormented Fathers. Dove, infatti, la realizzazione grafica barcolla, quella sonora eccelle: tanto le musiche di sottofondo, sempre di atmosfera e capaci di veicolare puri momenti di angoscia o di oppressione, quanto i passi dei nostri inseguitori, quanto i gemiti di una Rosemary terrorizzata dall’incombere di un destino funesto su di lei, riescono a tenere alta la tensione e a far brillare di luce propria un prodotto di suo già ben realizzato. Il comparto sonoro risulta essere l’arma in più della produzione catanese, quel quid capace di trasformare un buon prodotto in un successo, accompagnando dal primo all’ultimo momento la nostra peregrinazione all’interno di casa Felton.

Conclusioni

Remothered: Tormented Fathers giunge, come un fulmine a ciel sereno, ad illuminare il destino dei survival horror in ambito console.Chris Darril eStormind Games portano su Xbox One e PS4, sei mesi dopo l’uscita su PC, un gioco carico di citazioni e omaggi ai classici del genere, scimmiottati e riprodotti con classe e, comunque, con una personalità di tutto rispetto. Una trama avvincente e ben orchestrata ci condurrà nei meandri di un passato sepolto ma mai dimenticato, alla scoperta dei segreti celati da un villain deviato e ricco di sfaccettature, intrappolandoci in un incubo tanto terribile quanto piacevole da vivere ed interpretare.

Remothered: Tormented Fathers rappresenta un ritorno alle origini del survival horror, mediante una struttura hide and seek basata sullo stealth e sul continuo terrore della scoperta, gameplay viziato, purtroppo, da un sistema di controllo, almeno sulla versione console, non all’altezza delle qualità specifiche del prodotto in questione, un sistema di controllo che andrà a viziare pesantemente l’esperienza di gioco, interrompendola drasticamente nei momenti più cruciali ed impegnativi.

La realizzazione di Remothered: Tormented Fathers vede alternarsi luci ed ombre: ad un comparto sonoro di assoluta caratura, capace di trascinarci nella ansiogena ed opprimente atmosfera del Maniero Felton, non corrisponde purtroppo una pari realizzazione grafica, che vede il prodotto di Chris Darril e di Stormind Games sfigurare al confronto di produzioni anche di inizio generazione, svelando la sua remota genesi, nonostante l’utilizzo dell’Unreal Engine 4 per la realizzazione del prodotto.

In definitiva un gioco consigliato agli amanti del genere, un prodotto che avrebbe meritato tranquillamente un voto abbondante in più se non ci fossero stati i sopraccitati problemi di interazione ambientale, vera croce di una versione console altrimenti gradevolissima.

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