LittleBigPlanet 3 – Recensione

LittleBigPlanet 3 – Recensione

Ammettiamolo, recensire un qualsiasi LittleBigPlanet al lancio è un’impresa tutto tranne che scontata: quello che serve è già bello e pronto davanti ai nostri occhi ma la magia, la vera potenzialità del gioco, deve ancora venire. Questo perchè un titolo incentrato sui concetti di community e user content creation (creazione di contenuti aggiuntivi da parte degli utenti) è un po’ come il buon vino, ha bisogno di tempo per maturare a dovere. La nostra prova della terza incarnazione di uno dei franchise più famosi di PlayStation, tuttavia, ci ha permesso di capire se l’attesa dei milioni di fedelissimi giocatori sarà effettivamente ripagata: riuscirà l’iconico SackBoy a garantire anche in questa terza avventura maggiore quel classico guizzo di genio che ha contraddistinto il suo trascorso o quel pozzo traboccante di idee chiamato Imagisfera, questa volta, è destinato a rimanere a secco?

Il tempo, si sa, passa per tutti: anche per il tenero SackBoy. Ma se da un lato la natura scherzosa e allegra del “patchwork” più famoso di casa Sony fatica a stupire come il primo giorno (tra console e portatili, del resto, siamo giunti alla sesta iterazione del marchio), dall’altro quello che abbiamo tra le mani è senza dubbio un prodotto accattivante: atmosfera scanzonata e magia “fai da te” si riconfermano ingredienti della ricetta creata da Media Molecule e ora tramandata a Sumo Digital. E premesso che l’emulazione è la più alta forma di ammirazione, al primo impatto ci si sente davvero a casa. Le somiglianze, tanto di direzione artistica quanto di gameplay, sembrano dunque sprecarsi pericolosamente. Ma sbaglieremmo se non dicessimo che LittleBigPlanet 3 introduce una degna serie di variazioni sul tema che gli amanti del franchise – specie quelli più creativi – non potranno non notare.

Iniziamo dalle cose semplici: nella classica campagna principale, il nostro protagonista sarà trascinato di peso all’interno del regno di Bunkum da uno svitato dalla testa a lampadina chiamato Newton. Un mostriciattolo meno astuto del previsto, questo Newton,  il classico cattivo della narrativa per ragazzi più dispettoso che crudele. Nella disperata dicerca di potere, che in quel di Bunkum significa comandare l’Imagisfera per creare a libero piacimento, Newton cade “vittima” di creature ben più potenti: e indivinate un po’ chi dovrà raccogliere i cocci. Come prevedibile, si tratta di una sceneggiatura poco profonda, oltre che priva di colpi di scena significativi, che funge da pretesto narrativo per introdurre i tre nuovi pupazzi leggendari il cui aiuto sarà vitale per chiudere l’affare Newton: diamo dunque il benvenuto a Oddsock, Toggle e Swoop.

Il gameplay di questo episodio ruota attorno al terzetto di inaspettati eroi, ciascuno dei quali “nascosto” in una regione distinta di Bunkum. La progressione lineare dei livelli dei precedenti capitoli viene sostituita da un sistema ad hub centralizzati, da cui si dipanano svariati sotto-livelli facoltativi e non e una miriade di sub-quest. Non che questo si traduca in cambiamenti significativi nell’approccio alla partita, che anzi resta invariato. Al contrario, si dimostra perfettamente funzionale al nuovo sistema di quest introdotto da LBP 3, che risponde al sagace nome di Organizatron. Accessibile con la pressione del tasto triangolo, offre una lista di tutti i task correnti da sbrigare; premendo quadrato in corrispondenza di uno di questi, un comodo indicatore ci mostrerà la via più breve per raggiungere l’obiettivo. Non che i livelli siano così labirintici da renderlo fondamentale, a onor del vero, ma ogni tanto un po’ di aiuto non guasta: specie se ci si dovesse mettere la fantasia della community.

A tal riguardo, vale la pena sottolineare come i livelli “base” di LBP3 non siano affatto una semplice vetrina delle potenzialità del gioco. Nelle sei ore o poco più che vi separano dai credits di momenti memorabili e divertenti non ne mancano affatto. Non serve nemmeno avventurarsi troppo in là nel playthrough per ritrovarsi in un casinò in una missione al limite dello stealth per poi, nemmeno cinque minuti dopo, fluttuare nello spazio aperto o scalare un drago enorme che sfreccia nei cieli. A gettare ulteriore benzina sul fuoco ci pensa la nuova strumentazione di SackBoy, un set di ammenicoli tecnologici che alterano drasticamente le regole del classico platform. Il Velociporter, ad esempio, è una sorta di portale che permette di spostarsi rapidamente da una parta all’altra dello schermo. Risultato simile ma funzionamento diverso per la Blink Ball, una palla da sparare – anche di sponda – contro precise aree del livello. Sì insomma, cose che non si vedono tutti i giorni.

A questo si aggiunge la terza dimensione, eterna assente nel franchise. L’introduzione della profondità nelle meccaniche di gioco ha permesso a Sumo Digital di articolare puzzle più complessi e godibili, che obbligano Sackboy e soci a sfruttare trampolini, scivoli e rampe per muoversi da una piattaforma più lontana ad una più vicina, magari per attivare una leva segreta o evitare trappole mortali. Il twist funziona a dovere e, bisogna ammetterlo, rende i livelli più accattivanti e meno prevedibili dallo stesso giocatore, che in più di qualche circostanza faticherà ad intuire il percorso più logico da intraprendere. Peccato che tale profondità non venga sfruttata ulteriormente, magari in modo più completo e complesso del solo “cambio di piattaforma”: l’evoluzione rispetto agli episodi precedenti in termini di level design è comunque significativa.

Novità non trascendentali ma comunque significative: e non abbiamo ancora chiamato in causa i nuovi personaggi. Cominciamo dal fedele Oddsock, agile creaturina a quattro zampe che corre a velocità supersonica, compie salti in lungo prodigiosi e, cosa dannatamente utile, puà saltare da un muro all’altro. Avete presente Sonic? Trasformatelo in un cagnolino di pezza fedele e avrete un’idea vaga delle potenzialità del cucciolo del gruppo. Swoop, dal canto proprio, è un simpatico “pennuto” svolazzante, caratterizzato da un paio di artigli niente male che gli permettono di afferrare (e trasportare) sia elementi appositi di scena, quali scatole o piccole piattaforme, sia un compagno di squadra sino a zone altrimenti inaccessibili.

Ultimo, ma non certo meno importante, è Toggle, l’add-on più interessante dal punto di vista delle meccaniche di gioco. Toggle è in grado di mutare la propria forma, passando da enorme a minuscolo con la pressione di un trigger. Tale feature rappresenta la molla di una lunga serie di puzzle a matrice fisica, dove Toggle sarà chiamato ad alterare la propria massa, ad esempio, per correre sul pelo dell’acqua o passare attraverso fessure inaccessibili ad altri personaggi (nella variante mini), oppure abbassare pedane o colare a picco sott’acqua (nel formato maxi). Anche Sackboy ha guadagnato alcune skill nella transizione next gen, in primis l’arrampicata (un po’ come Super Mario), oltre che una fedele Sacca (accessibile premendo il tasto cerchio) in cui custodire l’artiglieria pesante.

Nel corso della storia verrà infatti sbloccato il suo equipaggiamento, che include una sorta di aspirapolvere per attrarre o spingere specifiche piattaforme o un piccolo jetpack. Ma questo è solo l’inizio: sarà infatti possibile creare oggetti personalizzati da condividere con i giocatori che si avventurano nei nostri livelli. Come da sempre accade in LBP, sarà necessario investire parecchio tempo nell’Editor prima di poter creare qualcosa di paragonabile ai contenuti della campagna principale: i tool necessari a replicare i contenuti base sono comunque disponibili da subito, sicché da qui a breve sarà più che lecito aspettarsi creazioni anche più complesse di quelle di Sumo Digital.

Parlando di Editor, gli aspiranti creatori avranno molto più spazio a disposizione per dare libero sfogo alla propria fantasia, poiché questa release aumenta la profondità dello scenario aggiungendo un nuovo set di layer. Laddove le edizioni precedenti erano limitate a soltanto tre piani di lavoro, LBP3  ne introduce ben 16, permettendo così di sfruttare in modo strepitoso l’effetto di parallasse per costruire un platform a 2.5D. Ovviamente, qualsiasi cosa si trovi all’interno del livello può essere ritoccata o modificata in base ai propri gusti personali: dall’intensità della risposta dei tappeti elastici alle proprietà gravitazionali dello scenario, lo spazio delle possibili customizzazioni in mano al giocatore è pressoché infinito.

Chiudiamo questa disamina con qualche appunto sul comparto tecnologico, di buona qualità pur senza strafare. Le immagini su schermo sono nitide, forti di una resa visiva convincente e di un livello di dettaglio (specie negli scenari più arzigogolati) al passo con l’hardware di riferimento. La realizzazione tecnica degli scenari è encomiabile, e restituisce al giocatore un feedback quasi “tattile” man mano che si sfreccia in un enorme patchwork di materiali e tessuti diversi; promosso tanto il level design, con livelli finalmente più articolati e ampi, quanto il charachter design, che offre un quartetto di protagonisti a cui è impossibile non affezionarsi e, allo stesso tempo, un discreto set di NPC buffi e ragionevolmente vari. Più che la grafica, la vera star del titolo è la sua colonna sonora: un mix frenetico ed irrequieto di sonorità anni ’50, disco-music e rock psichedelico che accompagna la nostra ricerca dei tre eroi sino alla “battaglia” finale. Dalle escursioni nello spazio a tema swing al rock&roll a “bordo” di un dragone, di accoppiamenti al limite dell’assurdo non ne mancano di certo: e credeteci, suonano tutti alla meraviglia.

In Conclusione…

Tradizione ed evoluzione. Questo raccontava ai nostri microfoni Tom O’Connor qualche settimana fa, a poco meno di un mese dal lancio di una delle IP più apprezzate delle ultime due generazioni di console Sony. E LittleBigPlanet 3 è indubbiamente tradizione: cambia la regia, cambia la mano al timone, ma il marchio di fabbrica inventato da Media Molecule si vede lontano un miglio nell’operato di Sumo Digital. Il che per certi versi rappresenta un bene: chiunque abbia amato i capitoli precedenti potrà gettarsi senza indugio anche su questo, senza il timore di veder drasticamente cambiato quell’enorme (seppur non sempre accessibile) universo del fai da te digitale dove scatenare la propria creatività.

Per altri versi, tuttavia, questo può rappresentare un limite. A LittleBigPlanet 3 in molti chiedevano uno sforzo notevole: rinfrescare e rinvigorire una serie parzialmente vittima del proprio passato con qualche nuova trovata, qualche lampo di genio che ne ringiovanisse il gameplay e ne svecchiasse le dinamiche. L’obiettivo di Sumo Digital, sotto quest’ottica, non può dirsi completamente riuscito: sì, ci sono nuove armi per SackBoy, alcune sezioni del gameplay escono modificate dalle caratteristiche dei tre nuovi personaggi e la profondità dona maggior respiro al level design, capace dunque di offrire livelli più stimolanti ed un livello di sfida a tratti maggiore.

Quindi sì, l’evoluzione è evidente, ma è difficile nascondere un pizzico di amaro in bocca al termine della campagna principale, proprio quando i vari pezzi sembrano prendere il posto giusto e stop, la magia finisce. Manca l’effetto sorpresa, la feature che non ti aspetti che segna la differenza tra un vero nuovo capitolo ed un più modesto sequel. Una magia che, molto probabilmente, riuscirà all’indomita community di LittleBigPlanet: datele però il tempo di riprendere pratica con l’Editor.

VOTO: 8/10

Bello, simpatico, intelligente e super esperto di videogiochi, ha sviluppato un'incredibile capacità nello scrivere cazzate.. Gioca ai giochini elettronici dall'86 e ci scrive a riguardo dal 2006 o giù di lì.. Ma non fateglielo notare, che poi si monta la testa..

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