Wolfenstein: The New Order – Recensione

Wolfenstein: The New Order – Recensione

Ovunque si cerchi, Wolfenstein 3D viene citato come il padre fondatore del genere sparatutto in prima persona. L’idea alla base del gioco sviluppato da id Software nel 1992 fu all’epoca una vera e propria rivoluzione: il protagonista (di cui si vedevano solo le mani)  poteva muoversi liberamente attraverso una serie di labirintici corridoi che portavano a stanze ricolme di passaggi segreti, cercando di opporsi, con le poche armi a disposizione e tutta la propria tenacia, alla devastante macchina da guerra nazista, fino ad estirparla definitivamente. Per la prima volta si ergeva di fronte ai videogiocatori un mondo virtuale complesso e vivido, che sfruttava una tecnologia tridimensionale all’avanguardia e trattava con disinvoltura (e un po’ di arroganza) un tema scottante come quello del nazismo.

Insomma, Wolfenstein 3D riuscì in poco tempo a conquistare tutti, diventando un fenomeno irrefrenabile, una pietra miliare del genere videoludico che solo Doom due anni dopo riuscì ad eguagliare. Nonostante la fama però, i due seguiti (usciti molto tardi, rispettivamente nel 2001 e nel 2009) non sono riusciti a ridare lustro ad nome ormai quasi dimenticato, complice uno sviluppo svogliato e superficiale, non in linea coi tempi e le necessità di un popolo videoludico in continua evoluzione. Persino i più romantici si erano arresi all’idea che se il capitano B.J. Blazkowicz fosse rimasto relegato a quel glorioso passato fatto di sprite colorati e ray tracing, sarebbe stato meglio per tutti. Ma i piani di Bethesda erano ben diversi e dopo ben 5 anni dall’ultimo capitolo ufficiale, esce sugli scaffali Wolfenstein The New Order, un nuovo entusiasmante sparatutto che sembra provenire direttamente dagli anni ’90: nessun multiplayer, mappe ampie, centinaia di nemici assetati di sangue, segreti da scoprire e tante, tantissime armi da impugnare. The New Order è un ritorno alle origini del genere così spregiudicato e potente da sembrare quasi eccessivo: che sia finalmente la volta buona?

Corre l’anno 1946 e al contrario di come i libri di storia ci hanno sempre insegnato, la Grande Guerra ancora imperversa e l’esercito tedesco guidato dal Führer è più forte che mai. Gli Stati Uniti d’America decidono così di mandare un ristretto plotone di uomini sulla costa baltica della Germania, tra cui figura il comandante B.J. Blazkowicz; l’intento è quello di penetrare nella fortezza tedesca ed eliminare Wilhelm “Deathshead” Strasse, perfido scienziato e vera mente criminale dietro l’esercito nazionalsocialista. Purtroppo la tenace difesa baltica, supportata da una tecnologia così avanzata da risultare quasi aliena, stronca l’iniziativa americana e Blazkowicz si ritrova ben presto isolato dai suoi compagni, ma deciso più che mai a completare l’importante missione. Non tutto va come previsto e dopo uno scoppiettante sequenza di eventi (che fa da prologo alla trama principale), il protagonista è vittima di un grave incidente che gli fa perdere coscienza per 14 lunghi anni.

È il 1960 quando Blazkowicz riprende i sensi in uno sporco manicomio della Polonia ed il quadro politico-militare è degenerato in modo spaventoso: i nazisti hanno vinto la guerra su tutti i fronti e come se non bastasse, hanno sganciato la bomba atomica sugli Stati Uniti che sono stati costretti ad arrendersi senza condizioni, come in una distorta caricatura de “La svastica sul sole” . Tutti i dissidenti ed i militanti della resistenza vengono arrestati e deportati senza pietà in una misteriosa struttura nel cuore di Berlino. Blazkowicz è stanco, malandato e non riesce ancora a coordinare bene i suoi movimenti a causa dei muscoli atrofizzati, ma sa che c’è una sola cosa da fare per porre fine a quest’incubo durato anche troppo tempo: radunare la poca resistenza che ancora sopravvive nascosta ed organizzare un imponente attacco ai danni dei leader nazisti e di Deathshead in persona.

Giocare uno sparatutto con una trama così complessa e ben strutturata (non esente da imprevedibili colpi di scena) nel 2014 è davvero rincuorante. Tutto merito di MachineGames ovviamente, la casa di sviluppo svedese che a quanto pare, ha preso molto sul serio il compito di riportare in auge il marchio Wolfenstein e far uscire sugli scaffali un prodotto curato e rifinito in ogni particolare, evitando che venisse quindi confuso con i tanti, troppi FPS mediocri degli ultimi tempi. The New Order non si fa mancare nulla, dai salti temporali alla tecnologia fantascientifica, fino ad arrivare a spietati inquisitori nazisti, passando attraverso mirabolanti combattimenti spaziali. Tutto però segue un filo logico ben delineato, senza sbavature o finali inconcludenti, frutto di un più ampio disegno concepito con i giusti ritmi di sviluppo. Ma che ci fosse qualcosa di diverso in The New Order lo sospettavamo già da prima, da quando era partito l’annuncio –non senza una punta di orgoglio- che non ci sarebbe stata alcuna modalità multigiocatore; una cosa strana, insolita per uno sparatutto in prima persona, ma necessaria, a detta dei programmatori, per una corretta focalizzazione su ciò che loro hanno ritenuto più importante. Il Single Player.

Proprio come nel primo Wolfenstein in tre dimensioni del ‘92, questo nuovo capitolo segue una linea di progressione ben definita, ma permettendo al giocatore di scegliere il modo di agire più opportuno. Durante la maggior parte dell’avventura il giocatore agirà da solo, collaborando solo via radio con i suoi alleati; Blazkowicz torna ad essere l’eroe solitario che è sempre stato, costretto ad eliminare un numero spropositato di nemici per raggiungere il proprio fine. Gli ambienti di gioco sono ampi e liberamente esplorabili, offrendo la possibilità al protagonista di scegliere strade e percorsi differenti a seconda delle esigenze, con una giusta dose di back-tracking.

Dimenticatevi pure i fastidiosi binari su cui ormai sembrano girare tutti gli FPS in circolazione: in Wolfenstein avrete a disposizione una mappa di ampio respiro e ricolma di segreti, passaggi nascosti e preziosi extra disseminati un po’ ovunque. Scordatevi i tanti aiuti su schermo ad indicarvi la strada da seguire o la leva da azionare, perché giocando al titolo Bethesda affronterete momenti di pura e travolgente azione, dove pensare in fretta alla soluzione giusta può fare la differenza tra la vita e una morte molto dolorosa. Dite infine addio all’energia vitale infinita e agli scudi che si autorigenerano; B.J. Blazkowicz potrà contare solo sulle sue (limitate) forze, sostenendosi con i medikit ed i frammenti di corazza sparsi in giro per rimpinguare il proprio vigore.

Il giocatore può scegliere se agire nell’ombra, utilizzando la pistola silenziata ed il coltello per eliminare scomode sentinelle, o imbracciare due fucili mitragliatori e crivellare di colpi qualsiasi cosa gli capiti a tiro. Ovviamente entrambe le scelte non sono esenti da pericoli ed occorre sempre una seppur minima dose di strategia bellica per farla franca e proseguire incolumi. A seconda delle proprie attitudini, il giocatore sbloccherà una serie di talenti che miglioreranno le capacità di Blazkowicz. Nella schermata di pausa è infatti presente un albero di abilità (quasi tutte passive) ramificato in 4 gruppi: FurtivitàTatticaAssalto e Demolizione. Ognuno di essi ha delle sfide –come uccidere un certo numero di nemici con colpi alla testa o assassinarli di nascosto con un attacco in mischia- che una volta completate garantiscono di apprendere una nuova attitudine.

Si scopre fin troppo presto quanto sia necessario sbloccare queste sfide, che permetteranno anche differenti e inaspettati approcci ai combattimenti (oltre che una serie di migliorie legate alle armi),   facendo di Blazkowicz un soldato temibile da qualsiasi punto di vista. I ben 5 livelli di difficoltà selezionabili prima di iniziare la partita poi riescono a regalare a chiunque lo desideri una sfida adeguata e perfettamente calibrata, in modo da rendere il gioco divertente e godibile, senza però rinunciare ad un impegno consono. Le sparatorie e le sessioni più stealth si alternano con maestria ad eventi più tragici o a scelte sofferte, facendo di tutta l’avventura in singolo un’esperienza estremamente stimolante fino ai titoli di coda.

L’ingegnosa mente di Deathshead è stata artefice dell’orrore nazista, ma anche di mirabolanti invenzioni tecnologiche di stampo militare, che malauguratamente B.J. sarà costretto ad affrontare di persona. Oltre alla milizia semplice infatti, il nostro eroe affronterà super-soldati, mech assassini e creature robotizzate simili a giganteschi e letali segugi. Per fortuna MachineGames fornisce al giocatore ogni genere di armamento per contrastare l’incredibile forza nazista. Le armi sono sempre stato il punto forte di ogni sparatutto e una buona varietà di bocche di fuoco significa quasi sempre maggior divertimento. In questo caso Blazkowicz può contare su uno svariato numero di armi, tra pistole, mitragliatrici, fucili a pompa e granate di ogni tipo, tutte migliorabili attraverso specifici upgrade che posso essere raccolti durante l’avventura. Ognuna di esse potrà inoltre essere sfruttata in modalità “akimbo” vale a dire che il protagonista sarà sempre in grado di sparare con due armi contemporaneamente, raddoppiando la già devastante potenza di fuoco, a scapito della precisione. Il colpo d’occhio di certo non manca: vedere il proprio eroe imbracciare con cattiveria due fucili automatici ed esibirsi in una spettacolare scivolata mentre spappola nazisti ancora increduli fa un certo effetto, lo dobbiamo ammettere. Il richiamo al passato è fortissimo e tutto in The New Order ce lo fa ricordare.

Nonostante il forte legame con il passato, The New Order possiede alcuni elementi presi prestito dai franchise più famosi, come il canonico sistema di copertura, divenuto ormai necessario per la maggior parte dei videogiocatori: con la pressione di un singolo tasto, Blazkowicz potrà sporgersi da un riparo per osservare l’ambiente o, in caso di conflitto, mirare con estrema accuratezza. A causa della totale assenza di distruttività ambientale e di un’intelligenza artificiale al di sotto degli standard odierni, purtroppo rimanere rintanati al sicuro si rivela quasi sempre una tattica vincente, per quanto scorretta e noiosa: i nemici tenderanno ad avvicinarsi con cautela e i giocatori più pazienti non dovranno far altro che scaricargli addosso la giusta dose di piombo. Le cose fortunatamente cambiano con gli avversari più grossi, vere e proprie minacce dotate quasi sempre di un equipaggiamento dal potere immane, da affrontare con estrema attenzione, soprattutto ai livelli di difficoltà più elevati.

Tecnicamente Wolfenstein The New Order non si distacca poi tanto da tutti i titoli cross-gen finora usciti. Il Tech 5 svolge il suo dovere egregiamente su Xbox One, donando al gioco una fluidità impressionante e garantendo la stabilità del frame-rate ed una generale qualità dell’immagine. Ne giovano anche i caricamenti, rapidissimi, e le textures ambientali, non troppo cariche di dettagli, ma pulite e ben disegnate. Nonostante i modelli poligonali non appaiano in splendida forma –soprattutto a causa di un parco espressioni piuttosto limitato- i protagonisti sono ricchi di dettagli e minuzie estetiche, che li rendono vividi anche agli occhi di un esperto. Manca probabilmente un azzardo dal punto di vista stilistico, che avrebbe permesso alla produzione Bethesda di rendere più oscuro e angosciante l’ipotetico futuro nazista, impattando maggiormente sulle emozioni del giocatore. Non basta mettere svastiche ovunque e qualche ritratto di Hitler qua e là; gli ambienti sono tutti piuttosto spogli e anonimi, tranne qualche rara occasione in cui si riconosce una scelta artistica accorta e matura. Un vero peccato, se si pensa che con le tecnologie odierne ed il materiale a disposizione, sarebbe stato fin troppo facile riprodurre gli angusti ambienti del primo, intramontabile Wolfenstein 3D.

Molto più riusciti sono invece i nemici che popolano il gioco, ibridi mutanti metà uomo e metà macchina, orripilanti robot dalle forme più spaventose, soldati potenziati con innesti meccanici fin troppo invadenti; nemesi perfette per un eroe americano senza macchia e senza paura. Anche il comparto sonoro eccelle da più punti di vista, accompagnando i momenti salienti con musicalità orchestrali imponenti miscelate a ritmi elettronici che esaltano gli scontri più epici. Stesso discorso per il doppiaggio italiano, a conferma dell’impegno e della volontà da parte dell’industria di eccellere anche in un campo fino a pochi anni fa totalmente incapace, che sorprende per i toni drammatici utilizzati durante i dialoghi e la precisione del sincro con il labiale dei protagonisti.

In conclusione…

Wolfenstein: The New Order è con tutta probabilità il migliore dei tre sequel sviluppati fino ad oggi. MachineGames ha capito fin troppo bene che per avere successo, non doveva allontanarsi troppo dai tratti che all’epoca fecero la fortuna di Wolfenstein 3D. Non stiamo parlando del gioco perfetto, anzi: l’IA nemica poco sfruttata e un’interazione ambientale nulla sono mancanze che pesano nella valutazione complessiva, soprattutto quando si è a ridosso di una nuova generazione di console, le cui potenzialità dovrebbero poter ovviare a certi problemi. Ma al di là di un attaccamento emotivo che i videogiocatori più navigati non possono fare a meno di provare, Wolfenstein The New Order è uno sparatutto frenetico, divertente e insospettabilmente complesso a livello narrativo; è un piacevole ritorno alle origini, avvalorato da une serie di ottimi spunti frutto di uno sviluppo meticoloso. Non diventerà capostipite di un’intera generazione di sparatutto come fece l’originale nel 1992, ma è un solido punto di partenza per un brand che vuole riaffermarsi, con grandi prospettive ed ottimi margini di miglioramento.

E poi, massacrare nazisti è un piacere a cui proprio non si può rinunciare.

Voto: 8/10

Amante dei tatuaggi e del buon vino, crede fermamente nella vita extraterrestre. Ha una passione viscerale per i videogames maturata nel tempo, che lo ha portato a scrivere per molte riviste italiane e siti web specializzati nel settore.

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