Razer Mamba (2015) – Recensione

Razer Mamba (2015) – Recensione

I soldi non comprano la felicità, né, in certi casi, la qualità. Di sicuro possiamo però affermare che possono comprare “i dettagli”, lo stesso posto in cui sta il diavolo, come recita un detto non così comune nel nostro paese, ma mai così calzante. E Razer, in fatto di tentazioni diaboliche, è seconda a pochi: lo si evince dalla sua linea di prodotti che punta spesso alle tasche più capienti ed esigenti, sfornando strumenti da gioco che, fondamentalmente, svolgono lo stesso compito di periferiche simili, ma che costano un decimo.

È però sul contorno, sugli elementi accessori, sullo “status”, un po’ come accade con altri prodotti di vario genere (dalle auto ai telefoni) che l’azienda californiana ha basato il suo successo. Insomma, nel “lusso”, e il Razer Mamba 2015, rivisitazione dell’usatissimo ed apprezzato Mamba risalente all’ormai lontano 2009, è proprio il mouse per il giocatore che non bada a spese, che pretende il meglio, il vizio, il non-plus ultra, di sicuro non per tutti. Riuscirà a giustificare quei salatissimi 180 € richiesti?

La sensazione di trovarsi al cospetto di un prodotto con un target di utenza ben preciso in mente la si percepisce semplicemente rimuovendolo dalla confezione, uno scatolotto di metallo, un monolite nero che protegge con cura quasi materna la periferica. Un messaggio di congratulazioni da parte del CEO dell’azienda, che usa parole come “Cult of Razer” e “non si torna indietro”, fuga ogni dubbio: Razer è come una religione, e le religioni costano, ma soprattutto, è difficile scrollarsele di dosso. E una volta firmato “il patto col diavolo”, possiamo iniziare a scartare le varie componenti: c’è un lungo e resistente cavo da 2,1 metri, il dock di ricarica, vero e proprio altarino e ricevitore del Mamba, e una piccola brugola, di cui vi parleremo più in là. Il Mamba è già dannatamente sexy da spento: design sinuoso ed accattivante, con i due tasti, destro e sinistro, scanalati asimmetricamente, rivestimento ruvido e anti-sudore (bel passo avanti rispetto al “padre”), il logo Razer quasi invisibile (e non più illuminato, ma trovandosi nel punto in cui va posizionato il palmo, la scelta, anche in termini di risparmio della batteria, appare più che sensata), e la nuova disposizione dei tasti, con due posizionati ancora lateralmente, mentre i due che regolano i vari stage di DPI sono stati spostati immediatamente sotto la rotellina.

Un passo falso, senza dubbio, in quanto per premerli viene richiesto un movimento per nulla naturale, una nota che stona ancor di più se accostata alla invece comodissima posizione, merito dell’ergonomia stellare del Mamba, in cui si trova la mano, purtroppo rigorosamente destra (cari mancini, prendetevela con Razer!), accentuata peraltro dalla morbida gomma presente all’altezza dell’alloggio di pollice, anulare e mignolo. Sulla “pancia” sono invece presenti delle estremità pensate per renderlo più scivoloso ed efficiente, oltre a due meccanismi, uno per ogni tasto, che regolano l’Adjustable Click Force: tramite brugoletta inclusa, potrete regolare la forza attuata dai click, dai 45 ai 90 grammi. Sulla carta, la regolazione andrebbe eseguita in base alla tipologia di gioco al quale ci si approccia (ad esempio i MOBA, che richiedono click più frequenti), ma alla luce tanto del feeling di utilizzo, quanto di alcuni test “empirici” effettuati, la differenza non appare così “game changing”: se adattati alla forza del giocatore, si potrà certamente percepire una maggiore naturalezza nel click, ma dal punto di vista prestazionale, non abbiamo notato miglioramenti evidenti. È però una volta acceso che la magia ha luogo: un fascio di luce appare lungo i bordi della base di ricarica, del dorso, e della rotella, e il bello è che potrete regolare colore e tipo di animazione nel modo che più vi aggrada, da alternare a quelle classiche di ricarica e di batteria in rosso.


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È uno dei tanti extra, dei tanti elementi di contorno talmente inutili da fare il giro ed essere irresistibili, e nel buio della vostra camera o del vostro studio faranno sempre e comunque la loro porca figura, anche se potrete disattivare vortici di colore, colate di lava, pulsazioni gialle o verdi di un cuore meccanico e persino imitazioni riuscitissime delle sirene della polizia, giusto per prolungare ulteriormente la vita della batteria, ed allungare quelle 20 ore di media, ora in più ora in meno, già di per sé niente male. Altro elemento di contorno, ma assolutamente utile ed unico, è la rotellina, o meglio, la possibilità di poterla muovere e cliccare anche verso destra e sinistra, due tasti extra dei quali, una volta presa la mano, non riuscirete a fare a meno negli altri mouse presenti a casa o a lavoro. Con loro sono 10 i tasti (11 in totale, calcolando che il tasto sinistro deve, per ovvi motivi, restare immutato) liberamente programmabili tramite Razer Synapse, il discusso software/(semi-)condicio sine qua non che riceverete in bundle con i prodotti Razer, per certi versi una zavorra come la stessa base di ricarica, fondamentale per trasformarlo in un mouse wireless (con la stessa reattività della connessione via cavo, vero fiore all’occhiello della periferica in esame).

Se la poca praticità (soprattutto con un convertibile, o un laptop) viene però superata agilmente semplicemente collegando il mouse tramite il cavo incluso, e usarlo in modalità wired, aggirando al contempo anche la necessità di doverlo ricaricare, senza, di fatto, dover interrompere la propria sessione, per il software la questione è un po’ più complessa: dovrete infatti, volenti o nolenti, avere una connessione ad internet per poterlo installare, per sfruttare al massimo la periferica, ma soprattutto per poter utilizzare i vostri profili su tutti i PC nei quali lo intendete utilizzare, non potendo trasferirli manualmente ma solo via Cloud. Certo, è un dettaglio, ma è sicuramente da tenerne conto: per 180 €, una memoria interna on board ci pare il minimo.

Il tutto appare però un più che ripagato compromesso: Synapse offre infatti numerose funzioni, dalle più basilari a quelle da smanettoni. Macro, app (persino minigiochi!), statistiche (per studiare il proprio gioco e migliorare le proprie performance), gestione del polling rate (fino a 1000 Hz), fino alla customizzazione dura e pura dei singoli tasti: potrete creare profili per ogni occasione, e persino programmarne l’attivazione linkandoli all’avvio di un determinato software (avviando “Fallout 4”, ad esempio, il software assegnerà automaticamente il profilo apposito, senza doverlo selezionare manualmente, nonostante sia comunque un procedimento estremamente semplice ed intuitivo). Scorciatoie di Windows, funzioni esclusive di Windows 8, comandi della tastiera, persino lancio di interi programmi e applicazioni: ad ogni singolo tasto può essere assegnata qualsiasi funzione o combinazione. Qualche tasto in più l’avrebbe reso una macchina perfetta per l’editing video e non, ma resta comunque una manna dal cielo: copia, incolla, taglia, invio, cancella, ma soprattutto, granate, armi bianche e abilità speciali per i vostri giochi. MOBA in primis, ma anche classici FPS, GDR (con Fallout 4 abbiamo velocizzato tanti processi resi pesanti dalla macchinosità dell’interfaccia, ad esempio): il Razer Mamba 2015 non teme niente e nessuno.

Merito anche del numero di DPI totali, ben 16000 (chi vi scrive non riesce a mollare l’ottimo MMO 7 della Mad Catz, ma quei 6400 dpi massimi lo fanno sembrare un ferro vecchio…), che difficilmente un comune giocatore sfrutterà pienamente, data l’estrema sensibilità, ma che torneranno certamente utili ai pro gamer intenti ad allenarsi a livelli sopra la media, visti i riflessi ninja necessari per padroneggiarli al meglio. Potrete selezionare con un solo tasto i DPI più adatti alla situazione, badando bene di regolarli a vostro piacimento, e passare così da velocità più elevate nelle sequenze più “caciarone” in un FPS, alle fasi di sniping, dove un mouse più lento e “pesante” (no, tranquilli, i suoi 125 grammi li percepirete a stento) si rivelerà fondamentale. Reattivo, scattante, superbo da controllare e letale in ogni circostanza.

In conclusione…

Tanto una Panda del 97 quanto una Murciélago sono pensate per portarvi da un punto A a un punto B, ed entrambe lo fanno nella maniera più che egregia. La stessa cosa vale per un mouse da 15 e un sontuoso Razer Mamba: vi porteranno da pixel A a pixel B. In entrambi i casi, a differenziare i due contendenti è però il modo in cui, sia quelle auto così distanti che quelle periferiche divise da tanti, anche pesanti, dettagli, vi permetteranno di raggiungere la vostra destinazione o il vostro obiettivo: con l’aria condizionata, su comodi sedili, con la certezza di sfidare le leggi della fisica spingendo solo un po’ di più del solito quel dannato pedale dell’acceleratore. Il Razer Mamba è così: è un bolide, è una reliquia, con tanto di altare personale e accompagnato da un patto col diavolo da firmare a caro prezzo. È preciso, è veloce, è scattante, è comodo, ed è anche splendido da vedere, con le sue luci programmabili come una luminaria natalizia, e i suoi colori che renderanno la vostra scrivania un piccolo tempio del gaming. È anche un passo avanti rispetto al precedente modello, in una operazione di rinvigorimento e ringiovanimento sicuramente riuscita, un fattore non così scontato dati i rischi che è fin troppo semplice correre, grazie ad alcune intuizioni brillanti, mentre altre sono tuttora da capire pienamente (come la nuova posizione dei tasti che regolano i DPI, o alcune forzature legate al software obbligatorio).

Ma è innegabile che ci siano ottimi mouse più asciutti, privi di fronzoli, e che offrono simili prestazioni, il tutto a prezzi decisamente più contenuti ben lontani da quei 180 € richiesti che, nonostante la valutazione estremamente positiva, sembrano davvero troppi. I giocatori per nulla attenti al budget in cerca di un mouse versatile, efficiente, ma che ritengono che l’occhio debba avere la sua parte, non possono lasciarselo scappare: il Razer Mamba è un gioiello da sfoggiare anche al di fuori delle sessioni di gioco o di semplice utilizzo, grazie al suo abbagliante splendore, ma non tirerà fuori dal cilindro chissà quale incantesimo per trasformarvi in un qualche campione milionario di League of Legends o giù di lì.

Voto: 8/10

Traduttore e blogger freelance, adora (s)parlare di videogiochi e musica spaccatimpani tutto il dì. Quando può suona, gioca e legge, di tutto, anche le etichette degli shampoo. Terrore dei recensori e abbassatore di voti seriale, ha brillantemente sostituito le fatture ai suoi amati boss di Dark Souls, respingendo con caparbia ossessione e gioco di scudi qualsiasi backstab della vita sociale.

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