Life is Strange: Episode 1 “Chrysalis” – Recensione

Life is Strange: Episode 1 “Chrysalis” – Recensione

La vita è strana, e questo i ragazzi di Dontnod Entertainment lo sanno bene. Dopo il parziale insuccesso diRemember Me, lo studio francese ha deciso di focalizzare le proprie forze su un progetto episodico, destinato al mercato digitale, insieme a Square Enix. La perfetta occasione per spogliarsi delle ambizioni di un titolo “tripla-A” e dedicarsi a qualcosa che potesse far trasparire, in modo meno rischioso, le qualità e il coraggio dei propri sviluppatori.

Life is Strange si pone quindi come un esperimento, un piccolo “capriccio” creativo che a conti fatti potrebbe davvero portare una ventata d’aria fresca nel panorama delle avventure grafiche, se così si possono ancora definire.

 Life is Strange: Episode 1 “Chrysalis”

Piattaforma: PS4, PS3, Xbox One, Xbox 360, PC

Genere: Avventura

Sviluppatore: Dontnod Entertainment

Publisher: Square Enix

Giocatori: 1

Online: Assente

Lingua: Completamente in inglese

Versione Testata: PS4

L’impostazione è infatti molto vicina ai titoli di Telltale Games e Quantic Dream, con vari elementi e personaggi con cui interagire ed una serie di azioni e dialoghi che possono ripercuotersi sul corso degli eventi. Tutto già visto, se non fosse che il comparto narrativo è di fatto estremamente distante dalle produzioni degli studi sopracitati: Max, una diciottenne appassionata di fotografia, vive la propria vita in una piccola ordinaria città, presa dal suo futuro e dalle cosiddette paure adolescenziali, che sono in realtà anche le paure che ogni giorno si insinuano in noi, adolescenti o meno, e attraverso cui gli sviluppatori cercano di fare leva sul giocatore.

A colpi di dialoghi, di osservazioni dell’ambiente circostante e grazie all’ascolto dei pensieri di Max, è possibile delineare intorno a noi un mondo vero, complesso, in cui è possibile riconoscersi e rispecchiarsi. Nessun trono di spade o zombie tra i piedi, solo la consapevolezza di avere su schermo qualcosa di verosimile e vivo.

È possibile delineare intorno a noi un mondo vero, complesso, in cui è possibile riconoscersi e rispecchiarsi. Nessun trono di spade o zombie tra i piedi, solo la consapevolezza di avere su schermo qualcosa di verosimile e vivo

L’adolescenza, l’insicurezza e la voglia di dire la propria sono gli elementi che fanno da collante a tutto l’impianto narrativo, costellato da personaggi stereotipati (in parte) che non rinunciano però ad essere interessanti: i dialoghi in tal senso fanno il loro sporco lavoro, e nonostante qualche ingenuità legata all’approccio alla scrittura, pretenziosa nella sua ricerca di rappresentare degli adolescenti, tutto appare perfettamente al suo posto, pronto a caratterizzare ogni singolo personaggio e a scaturire in noi le giuste reazioni emotive.

Le ispirazioni di Dontnod sono chiare, e si rifanno al panorama del cinema indie americano sia nei toni che nella forma: con una storia ordinaria con dei risvolti thriller, Life is Strange non ha timore di mostrare le sue ambizioni e di sicuro siamo usciti da questo primo episodio colpiti ed interessati, ma la strada è lunga e di certo bisognerà valutarne la riuscita con più episodi tra le mani. Di sicuro le premesse per qualcosa di memorabile ci sono tutte.

Ma cos’ha di speciale la nostra Max? A differenza di noi comuni mortali, ha la possibilità di riavvolgere il tempo.Intorno a questo espediente narrativo ruota tutto il fulcro ludico di Life is Strange. Tramite la pressione di un tasto potremo riavvolgere parte del tempo trascorso, sfruttandolo a nostro favore per risolvere quelli che potremmo considerare veri e propri micro-enigmi: se un dialogo non ha dato i risultati sperati o una scelta non ci convince, possiamo semplicemente riavvolgere il tempo e riprovare. Questo ci è possibile poiché il riavvolgimento non condiziona Max, che conserva con sé gli oggetti ottenuti e le informazioni raccolte.

Giocare con il rewind temporale si rivelerà utile a fornire alla protagonista (e a noi) quante più informazioni possibili, e ad effettuare le scelte cruciali con più pazienza e cognizione di causa. A differenza delle avventure Telltale, non c’è nessun timer che ci imponga di prendere una decisione, ma siamo liberi di sperimentare e di fare poi quello che riteniamo giusto. La meccanica di riavvolgimento è infatti relegata ad ogni area del gioco, che una volta abbandonata scolpirà sulla roccia ogni scelta da noi effettuata.

Nel complesso, questa particolare meccanica funziona, ma come abbiamo già detto si pone come più come espediente narrativo che come elemento rivoluzionario per il genere: riavvolgere il tempo permette di approcciarsi in modo differente al sistema di scelta/conseguenza che abbiamo imparato a conoscere in questi anni, ma non cambia quella che a conti fatti è un’avventura piuttosto lineare.

Riavvolgere il tempo permette di approcciarsi in modo differente al sistema di scelta/conseguenza che abbiamo imparato a conoscere in questi anni, ma non cambia quella che a conti fatti è un’avventura piuttosto lineare

Se prima avevamo parlato di quanto il cinema indipendente abbia dato a Life is Strange in termini narrativi, a confermare ulteriormente le ispirazioni dello studio francese ci pensano la componente grafica e sonora, che incorniciamo perfettamente la storia e il suo messaggio. Colori tenui e sfumati, uniti ad una direzione artistica solo in parte realistica, danno al titolo un aspetto estremamente particolare e ricercato, che ci sentiamo di accostare (magari non nella sua interezza) al piccolo capolavoro cinematografico che è Juno. L’intenzione di fare dell’ambientazione e dell’atmosfera uno dei veicoli narrativi del titolo è chiara se si pensa che quasi tutto il primo episodio si svolge prima del tramonto, nella “magic hour” tanto cara ai fotografi e ai cineasti.

Non è da meno la colonna sonora, che tra composizioni originali e due brani su licenza di Syd Matters accompagna la giornata di Max in un modo tutto nuovo. La musica non è più “esterna” alla scena (almeno non sempre), ma ne fa parte, e si pone quindi il compito di dare spessore ai personaggi e al tempo stesso di toccare le corde del giocatore in ascolto. La cura riposta è da elogiare: le scelte creative intraprese dal team funzionano e donano a Life is Strange una personalità ben precisa, che non fatica ad immergere il giocatore in una dimensione propria. Non è cosa da tutti, questo è certo.

In conclusione…

Life is Strange è strano: ma per quale motivo, esattamente? È strano perché con coraggio tenta di raccontare una storia differente, con una sensibilità e una profondità da sempre ricercata nel mondo dei videogiochi. L’adolescenza, le relazioni, la paura per un futuro che appare lontano ma che allo stesso tempo rende inquieto il presente.

E allora conta poco se la scrittura non è sempre all’altezza e se la componente ludica non rivoluziona il genere: l’opera di Dontnod, nonostante sia al primo episodio, stupisce ed emoziona in un modo tutto suo. Non ci sono (per ora) esplosioni o colpi di scena da togliere il fiato, ma solo un intreccio di storie che merita di essere raccontato e, nel vostro caso, giocato.

Voto: 8/10

Mi piacciono i videogiochi e mi piace scrivere, perché non unire le due cose? So anche imitare Topolino e Joe Bastianich, ma non mi pagano per farlo.

Lost Password