Divinity: Original Sin 2 – Definitive Edition – Recensione PS4

L’arrivo, quasi undici mesi addietro, di Divinity: Original Sin 2 sui lidi PC ha segnato, senza ombra di dubbio alcuno, l’ennesimo turning point del genere RPG. Mai come negli ultimi anni infatti, grazie al continuo rilascio di prodotti di elevatissima caratura quali Pillars of Eternity, Torment: Tides of Numenera e, guarda caso, il primo Divinity: Original Sin, diretto predecessore del gioco che oggi ci troviamo a recensire, gli utenti PC hanno avuto l’imbarazzo della scelta riguardo un genere che, fino a qualche lustro prima, veniva bistrattato dai più e relegato in una nicchia molto angusta nella quale solo i nerd più audaci osavano avventurarsi. Tanto e tale successo ha portato, anche e soprattutto per mere ragioni commerciali, le software house a pianificare il rilascio delle loro opere anche su console di ultima generazione che, forti di un parco macchine installato ben superiore a quello dei PC da gaming, avrebbe potuto decretare il definitivo successo (in termini di vendite) dei franchise che, volta dopo volta, ci venivano proposti. Ed è così che, fatta eccezione per Torment: Tides of Numenera (rilasciato contemporaneamente su PC, Xbox One e PlayStation 4), a distanza di svariati mesi dalla release originale, tanto Pillars of Eternity quanto il primo Divinity: Original Sin imboccarono, con discreto successo di vendite, la via delle console, spianando così la strada alla conversione degli episodi a venire.

E così, infatti, a debita distanza dal rilascio di Divinity: Original Sin 2 su PC, ambiente nativo per i ragazzi di Larian Studios, che la sapiente software house, sotto il patrocinio di Bandai Namco, ha deciso di portare su console di nuova generazione anche il secondo capitolo del suo franchise di punta, tenendo fede all’iter seguito anni fa per il rilascio della versione console del capostipite: non dunque una mera conversione dal già notevole capitolo padre ma una vera e propria ri-edizione, chiamata Definitive Edition, chiamata a correggere i bug presenti nella prima iterazione di questo secondo capitolo ed arricchire, per quanto possibile, un gameplay che già brillava, al momento del primo lancio, per duttilità e per possibilità di approccio alle situazioni di gioco. Pregni dunque di aspettative, andiamo a scartabellare virtualmente le centinaia di pagine di questo nuovo capitolo.

L’approdo su console ha dunque sancito, come nel caso della prima iterazione di questo franchise, la nascita di una edizione riveduta, arricchita e corretta che molto va ad aggiungere, tanto in single player quanto in multiplayer, alla già pingue esperienza derivante da un gioco di per sé quasi perfetto. E qui sta la grandezza dei Larian Studios: invece di sedersi sugli allori, forti di un successo planetario, hanno tenuto le orecchie tese verso la fanbase, raccogliendo feedback su feedback ed apportando, in virtù delle opinioni raccolte, ingenti modifiche a quasi ogni aspetto del gioco originale, badando a non snaturarlo ma, ovviamente, a porre rimedio a piccole/medie incertezze riscontrate nella prima iterazione di questo secondo capitolo. Forti infatti di una trama apprezzatissima, rimasta invariata rispetto alla edizione “non-definitive”, che vuole una strega farsi esiliare su Fort Joy, un’isola-prigione ove vengono e verranno segregati tutti i personaggi con poteri magici attinti dalla Source, una fonte di energia tanto misteriosa quanto pericolosa, ci troveremo ad incontrare sulla nave che ci conduce a Fort Joy detta strega ed un insieme di comprimari che si riveleranno essere i nostri compagni di avventura.

Il capitolo introduttivo, la sequenza sulla nave per intenderci, parimenti a quanto fatto nella edizione liscia, mette in condizione l’utente, grazie ad una struttura di gioco semplificata, di entrare in contatto con le dinamiche basilari del gioco Larian Studios, permettendo al contempo di saggiare la conversione di un sistema di comandi già di suo non elementare su PC, per via delle mille e più possibilità di approccio date da Divinity: Original Sin 2. I ragazzi di Larian, forti però dell’esperienza di conversione/ri-edizione messa in atto con il primo episodio del loro franchise di punta, non si smentiscono nemmeno questa volta: il primo contatto, eccezion fatta per qualche sballottolamento di troppo della telecamera di gioco, regolabile ma non in modo preciso quanto su PC, ci dona una esperienza di gioco fruibile ed immediata (seppure la curva di apprendimento sia tarata verso l’alto) anche su console, facendo rimpiangere solo minimamente, grazie ad un graduale processo di affinamento controlli, la mancanza del duo mouse-tastiera che, sottolineiamo però, rimane ancora la scelta principe per questa tipologia di giochi

Una edizione riveduta, arricchita e corretta

Mettendo per un attimo da parte la trama ci accorgiamo, sin dai primi scampoli di gioco, quanto sia stato aggiunto alla edizione originale. Pur permanendo la possibilità di scelta tra i sei personaggi preset, dotati ciascuno di una storia ben settata e profondamente radicata nella mitologia di gioco, o quella di creare da zero il proprio alter-ego digitale, è impossibile non notare l’arricchimento di questa fase iniziale, con una evidente, maggiore, importanza, data alla scelta dei talenti ed una palese maggiore duttilità nella personalizzazione tanto dei personaggi preset, quanto di quelli creati in autonomia, sia per dare maggiore spessore ai background dei PG che per semplificare, vista la conversione su console, l’accesso ad informazioni altrimenti difficilmente desumibili, come successo invece nell’edizione originaria. I Larian, consapevoli della difficoltà di lancio di un gioco hardcore oriented su un segmento difficile come quello console, hanno preso la strada della ipersemplificazione: per snellire ulteriormente l’accesso al gioco e soddisfare anche palati meno “avvezzi” a giochi di ruolo vecchio stampo, vediamo ora l’introduzione di un livello di difficoltà “Ultra-Eeasy” capace di far godere la trama di gioco senza troppi sbattimenti in combattimenti che potrebbero, altrimenti, risultare frustranti per un audience action-oriented quale quello del popolo console.

Anche la narrazione è passata, nonostante un livello qualitativo elevatissimo della storia narrata nella edizione standard, attraverso una fase di revisione forzata, tanto per le lamentele mosse dalla fanbase a causa dell’eccessiva cripticità di alcune sezioni che, purtroppo, per un calo di ritmo (da me non avvertito, in onestà durante il primo playthrough su PC, ndr) nella parte centrale del gioco. Per via di ciò, migliaia di righe di dialogo sono state modificate e semplificate fino a giungere, addirittura, ad una completa riscrittura testuale del terzo atto, principale indiziato di cripticità dalla fanbase tutta. Unico elemento a rimanere invariato (e ci mancherebbe!) è stato il battle system: a turni e gestito mediante un numero di punti azione a disposizione, numero direttamente correlato alla classe, al livello del giocatore e alla tipologia di azione che si intende fare, se magica o “attacco di contatto/bruto”. Tutta questa fase di semplificazione, però, non ha contribuito a deviare minimamente l’esperienza di gioco da quella originariamente concepita dai ragazzi di Larian Studios. Divinity: Original Sin 2 Definitive Edition rappresenta infatti la sublimazione dell’esperienza di gioco iniziata, quasi un anno fa, dall’episodio “standard” con tutti i bonus ed i malus connessi all’essere un gioco di ruolo duro e puro che poco spazio lascia ad improvvisazione e ad utenti dell’ultima ora, nonostante un livello di difficoltà creato ad-hoc per questa versione console. Preparatevi dunque a lunghe sessioni di dialogo, interazioni con centinaia di NPC capaci di darci accesso ad altrettante missioni secondarie che andranno ad arricchire ulteriormente la nostra esperienza di gioco e munitevi di tanta, ma proprio tanta, pazienza.

Il miglior gioco di ruolo mai uscito su console

Sì, perché Divinity: Original Sin 2 sarà, con il suo sistema di gioco a turni/punti azione, un’esperienza lunga, a tratti snervante e, di sicuro, non adatta a giocatori abituati a dinamiche action. Il superamento di questo “limite”, evidentissimo per il mondo console, ci ripagherà, comunque, con la migliore esperienza ruolistica da anni a questa parte e da una profondità di gioco e di approccio tale da far impallidire altri esponenti del genere in questione. L’interazione ambientale, ad esempio, sarà fondamentale ai fini della risoluzione di enigmi o di combattimenti che ci vedono in netta situazione di svantaggio: elettrificare una pozza d’acqua, incendiare un pavimento ricoperto di olio, teletrasportare una cassa sul sistema di innesco di una trappola saranno solo alcune delle possibilità messe a nostra disposizione dai Larian per aver ragione delle sfide che, volta dopo volta, ci troveremo ad affrontare. La presenza, o meno, di uno specifico talento o abilità  (o la razza del nostro alter-ego virtuale) influenzerà notevolmente la reazione degli NPC alle nostre azioni e, di conseguenza, l’approccio da tenere per venire a capo dei rebus posti in essere dagli eventi di gioco.

Non solo aggiunte, però: se infatti ci troveremo a verificare una sovrabbondanza di modalità multiplayer, grazie alla presenza di una modalità Arena potenziata ed arricchita di molte mappe e con un PvP completamente ribilanciato, il passaggio su console ha significato anche, rispetto alla versione PC “non-definitive”, l’abbandono della modalità “Game Master”, grazie alla quale potevamo creare labirinti ed avventure nuove di pacca per mettere alla prova la bravura e la pazienza di nostri amici, anche loro possessori di Divinity: Original Sin 2.

Il comparto artistico di Divinity: Original Sin 2 Definitive Edition si assesta sui medesimi livelli di eccellenza attestati dal gioco in sé. Ad un tratto grafico ispiratissimo ed ottimizzato alla perfezione per console (non abbiamo notato alcun rallentamento durante la nostra prova su PlayStation 4) fa compagnia un accompagnamento sonoro ai limiti della perfezione: completamente calzante e di atmosfera riguardo le azioni che ci troveremo a compiere, ci accompagnerà piacevolmente durante il corso di tutta la nostra peregrinazione.

Conclusioni

Divinity: Original Sin 2 Definitive Edition rappresenta, senza se e senza ma, il miglior gioco di ruolo mai uscito su console.

Partendo dal successo del diretto progenitore, questa Definitive Edition rappresenta un raffinamento ed un adattamento, più che una conversione, della edizione liscia su console, implementando su un gameplay rock-solid e universalmente attestato come uno dei più profondi e duttili di sempre, un sistema di controllo pad-based che fa rimpiangere solo in poche situazioni, per ovvi limiti strutturali del dispositivo, l’accoppiata tastiera-mouse, comunque irrinunciabile per questo genere di giochi.

Il passaggio su console vede l’arricchimento della modalità PvP “Arena” e la contestuale scomparsa, spiacevole sorpresa, della modalità “Game Master”, eliminata probabilmente per limiti specifici dei sistemi di gioco su cui questa definitive edition è stata rilasciata.

Una direzione artistica ispiratissima, tanto graficamente quanto riguardo l’ambito sonoro, chiude il quadro di un gioco che, al netto di qualche difetto di conversione/adattamento, rappresenta un must-have per tutti gli appassionati di giochi di ruolo, elettronici e non.

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