Atomic Heart – Recensione

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Crostini e comunisti

Atomic Heart – Recensione
Atomic Heart – Recensione
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Atomic Heart, già disponibile all’acquisto sullo shop online di GameStop, ha fatto parlare di sé fin da subito, già da quando le prodezze del team Mundfish destavano perplessità nelle community. Un titolo che sembrava troppo bello per essere vero, con una direzione artistica pregevole e un impianto tecnico davvero notevole. Il fatto che il team fosse russo non ha aiutato, con una barriera linguistica e culturale importante, che facevano apparire Atomic Heart come il più classico dei vaporware videoludici. Nel tempo le cose sono cambiate, e l’evoluzione del progetto di Mundfish era sotto gli occhi di tutti. Anche del publisher francese Focus Entertainment, o di Microsoft, che ha scelto di inserire Atomic Heart nel suo Game Pass (qui gli abbonamenti!). Insomma, Atomic Heart esiste e anche il suo sviluppatore.

Mundfish aveva tanto da dimostrare, perché oltre ad essere il suo primo videogioco, Atomic Heart è un’opera profondamente influenzata dai suoi legami culturali e politici con la Russia. Una nazione che nell’ultimo anno ha fatto parlare di sé per il conflitto in Ucraina, generando inevitabili pregiudizi verso i prodotti culturali ad essa associati (o associabili). Atomic Heart ha subito lo stesso trattamento, e sebbene questo articolo non voglia approfondire tale aspetto, vi invitiamo alla riflessione critica ed informata, pur appurando che nel nostro viaggio nell’installazione 3826, Atomic Heart ci è sembrato tutt’altro che incline a glorificare una precisa frangia politica. Non più di un qualsiasi Call of Duty, serie che da anni romanticizza la guerra, spesso portatrice di un ideale pro-americano. Ai nostri occhi più digeribile perché parte di una narrazione, anche hollywoodiana, più vicina al nostro immaginario occidentale.

Atomic Heart è un racconto abbastanza surreale, per certi versi stupido, di una realtà in cui l’Unione Sovietica e il suo modello sociale hanno raggiunto vette inimmaginabili. Il progresso scientifico è incredibile, grazie all’invenzione dei Polimeri e alla polimerizzazione dei cittadini sovietici. I robot sono ovunque, di diversi tipi e ruoli, e caratterizzano la rinnovata visione dell’URSS per il futuro dell’umanità.

Atomic Heart recensione PS5

Siamo nel 1955 e lo scienziato Dmitry Sechenov è pronto a lanciare una rete neurale chiamata Kollectiv, che permetterà di controllare le macchine con il solo pensiero. Ovviamente qualcosa va storto, ed è qui che entriamo in gioco noi. Il maggiore P-3, un po’ burbero e con un evidente problema di gestione della rabbia, viene incaricato di porre fine alla disastrosa ribellione delle macchine.

Atomic Heart non è né un immersive sim, né un capolavoro. Ma nemmeno un brutto gioco

Nonostante delle premesse non particolarmente originali, l’introduzione di Atomic Heart è davvero ottima. I primi passi in questa realtà sovietica brillante e futuristica sono di grande impatto, dando al giocatore molteplici stimoli visivi da assorbire. L’approccio ricorda molto il primo Half Life, la cui introduzione mostrava al giocatore la totale rovina del complesso Black Mesa, senza farlo sparare per quasi un’ora.

L’installazione 3826 è gloriosa, una celebrazione bombastica della potenza sovietica. Confetti, parate di robot e gigantesche statue e complessi caratterizzano un’ucronia che vede l’URRS alla cima del mondo.

Atomic Heart recensione PS5

Il contraltare, spesso evidenziato dalla scrittura del team, è che dietro questo bellissimo scorcio, si nasconde un disastro dietro l’altro. Potremmo definire Atomic Heart satirico, verso l’ideale politico che mette in scena. Qui dà il meglio di sé, con dialoghi spesso assurdi e divertenti, che mettono in scena attraverso NPC e personaggi, le contraddizioni del regime comunista.

Atomic Heart però non riesce ad essere incisivo nel suo complesso, a causa di una scrittura spesso verbosa e che si affida fin troppo all’esposizione. I dialoghi tra il maggiore P-3 e il guanto Charles, fondamentale nel gameplay, sono i maggiori colpevoli di questo problema. Quest’ultimo è in costante dialogo con il giocatore, togliendo ogni sottigliezza all’immaginario messo in scena da Mundfish.

Atomic Heart punta in alto, con un level design ottimo e puzzle ingegnosi e appaganti

Abbastanza stranianti invece, i ricorrenti riferimenti sessuali che pervadono l’esperienza. Se in alcuni casi riescono ad essere divertenti nella loro assurdità, in altri sembra di avere a che fare con una persona che fa del sesso un fondamento della propria personalità. O, almeno, una che non ha mai visto Shame, il film di Steve McQueen con Michael Fassbender.

Questa alternanza di toni rende Atomic Heart non perfettamente a fuoco, minando i tentativi di dare all’opera un impatto emotivo più serio e drammatico, soprattutto nelle fasi finali. Difficile riuscire ad empatizzare con P-3, tra un “cazzo di crostini” e l’altro, ma ammettiamo serenamente che grazie all’ottimo doppiaggio italiano, qualche inattesa risata è arrivata. Non siamo sicuri fosse del tutto voluto, però. Di fatto, ad avventura conclusa non è che sia rimasto molto altro impresso della nostra avventura.

Atomic Heart recensione PS5

A dare maggiore corpo all’esperienza ci pensa il gameplay. Atomic Heart è uno sparatutto atipico, che dalle sue diverse ispirazioni finisce per creare un ibrido interessante. Siamo più dalle parti del boomer shooter (a là Doom, per capirci) che dell’immersive sim (Dishonored, Prey), nonostante alcuni sistemi abbraccino quella filosofia di design. Nel gioco di Mundfish si spara tanto, e in moltissimi modi. La varietà di armi è pregevole, così come i diversi approcci che danno al giocatore.

La libertà di scelta data al giocatore brilla proprio in questo aspetto, con un loop di gameplay basato su bocche di fuoco tradizionali, armi a energia e fisiche. Alternare armi fisiche e ad energia è un aspetto fondamentale del combattimento, poiché i colpi inferti permettono di ricaricare l’energia del guanto. Nella nostra partita abbiamo sfruttato ampiamente le armi a energia, utilissime contro i robot e in grado di farci guadagnare del tempo per una fuga o un assalto aggressivo con il caro vecchio fucile automatico.

A impreziosire l’esperienza poi, c’è un sistema di abilità e miglioramento del personaggio. Non siamo di fronte a nulla di trascendentale, ma le possibilità offerte sono varie e interessanti. Gli attacchi elementali, come scossa o gelone, possono darci controllo nelle situazioni più concitate.

Oppure fornirci un vantaggio su alcuni tipi di nemici, magari deboli a quell’elemento. Il sistema di cartucce, che permette di infondere un attacco elementale alle armi, in questo senso dà ragion d’essere alle diverse tipologie di nemici e alle loro debolezze. Ma anche alle boss fight, scenografiche e impegnative, con diversi pattern e strategie attuabili.

Scansionare i nemici è fondamentale, soprattutto a difficoltà più alte, e poter agire sulla loro debolezza elementale vi salverà la vita. Anche perché le abilità equipaggiabili sono solo due, e non sempre avrete a disposizione un armadietto per poter adattare la vostra strategia. Interessante e profondo anche il sistema di crafting (con annessa gestione dell’inventario), con tutta una serie di potenziamenti ottenibili solo esplorando le zone opzionali dell’installazione 3826. Al di fuori degli scontri però, non c’è la libertà di azione propria degli immersive sim.

Non ci sono molteplici modi per risolvere un conflitto o l’esplorazione di un complesso, Atomic Heart è abbastanza lineare, ma nella sua linearità offre un’esperienza sicuramente più “alta” rispetto ad altri FPS. Il level design dei livelli principali, in questo senso, spicca per una complessità inaspettata. Gli ambienti invitano all’esplorazione, e lo fanno offrendo una verticalità e dei puzzle stimolanti.

Questo aspetto va un po’ a perdersi nella seconda metà dell’avventura, dove Mundfish perde il tiro e inizia a riempire gli ambienti di orde di nemici, enfatizzando la natura più boomer shooter del gioco. Un problema che affligge anche le mappe più aperte di Atomic Heart. Spostarsi per la superficie dell’installazione 3826 non è divertente, perché si è costantemente sotto gli occhi di telecamere, orde di nemici e robot riparatori che, in un certo senso, vanificano il nostro passaggio omicida.

un’opera prima di buon livello, con ampio margine per migliorare

Alla magnificenza visiva di Atomic Heart, che col suo gusto artistico riesce a restare impresso nella mente del giocatore, si alterna un ritmo esplorativo davvero frustrante e confusionario. Enfatizzato da una gestione della telecamera incerta, che in diverse occasioni rende difficoltoso seguire l’azione.

Conclusioni

Atomic Heart non è né un immersive sim, né un capolavoro. Il suo approccio allo sparatutto è più action, e in questo senso offre dell’azione piuttosto pregevole. La libertà d’azione negli scontri è sufficiente a differenziarlo da tutti gli altri sparatutto, con i suoi sistemi di abilità, le diverse tipologie di armi e la necessità di far fronte ai nemici più ostici sfruttando le loro debolezze.

Nell’esplorazione, pur non offrendo particolari libertà, Atomic Heart punta in alto, con un level design ottimo e puzzle ingegnosi e appaganti. Nella seconda metà di gioco perde un po’ la testa, proprio come le decine e decine di robot e telecamere che abbiamo fatto saltare durante l’esplorazione dell’installazione 3826.

Se nei “livelli” il gioco funziona, è nelle sezioni in superficie che esaurisce presto il suo fascino e divertimento. Telecamere ovunque, spawn continui e decine e decine di nemici rendono l’esperienza frustrante e tediosa. Un peccato, perché a livello artistico e tecnologico l’opera prima di Mundfish è davvero eccezionale.

Su PS5 il colpo d’occhio è notevole, impreziosito da un gusto estetico riconoscibile e coerente. Regala scorci impressionanti e un universo distopico affascinante e curioso, lontano da ciò che il genere ci ha mostrato finora.

Peccato che la storia narrata non sia dello stesso livello qualitativo, nonostante non tutto sia da gettare alle ortiche. Non un capolavoro, ma nemmeno un brutto gioco. È Atomic Heart, un’opera prima di buon livello, con ampio margine per migliorare.

Atomic Heart è anche acquistabile da GameStop!

Good

  • Shooting divertente e ricco di elementi
  • La direzione artistica è coerente e ricca di personalità
  • La scrittura sa divertire...
  • La colonna sonora firmata da Mick Gordon è esplosiva
  • Buon level design e enigmi, con meccaniche uniche...

Bad

  • L'esplorazione in superficie è frustrante e tediosa
  • ... ma non far riflettere
  • ... ma nella seconda metà di gioco si perde
  • Telecamera e movimenti inadatti agli scontri più complessi
  • Tutorial non sempre efficaci
7.8

Niente male

Mi piacciono i videogiochi e mi piace scrivere, perché non unire le due cose? So anche imitare Topolino e Joe Bastianich, ma non mi pagano per farlo.

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