Persona Q: Shadow of the Labyrinth – Recensione

Persona Q: Shadow of the Labyrinth – Recensione

Negli ultimi anni la longeva software house giapponese Atlus ha trovato un certo equilibrio, con serie che hanno oramai raggiunto la “maturità” e che sono ben impresse nel cuore di migliaia di appassionati in tutto il mondo. Una di queste è senza dubbio quella di Persona, che negli anni è riuscita addirittura a scavalcare in quanto a rilevanza nel mercato e a popolarità la serie che gli ha dato i natali: Shin Megami Tensei.

Negli ultimi tempi abbiamo visto infatti tanti spin-off a tema, con il picchiaduro dedicato e al rhythm-game dedicati al 4° capitolo. Ma cosa accade, quando a scontrarsi sono due brand come Persona e Etrian Odissey, con due esperienze di gioco completamente agli antipodi? Semplice, nasce uno dei cross-over più bizzarri di sempre.

Il risultato, vi anticipo, ha tutto le carte in regola per stupire.

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Sviluppare un cross-over non deve essere compito facile, soprattutto quando a scontrarsi sono due esperienze di gioco che fanno leva su differenti generi ed esperienze. In questo senso gli sviluppatori hanno scelto di proporre un gameplay in tutto e per tutto fedele alla serie Etrian Odissey, rendendo Persona Q un dungeon-crawler con tutti i crismi, ma ricco di sfumature provenienti dai più recenti capitoli della serie Persona. Al di là del puro semplice gameplay, è proprio nell’approccio utilizzato che risiede la genialità di questo titolo: oltre ad unire due universi ludici differenti, le vicende faranno intrecciare i personaggi di due dei capitoli più famosi della serie Persona, ovvero il 3° e il 4° capitolo. Una volta avviata una nuova partita, bisognerà scegliere se giocare dal punto di vista dei personaggi di Persona 3 o Persona 4, questo cambierà il modo in cui si vivono gli eventi e il modo in cui potranno essere approcciati. Inutile dire che un escamotagé simile è ottimo per indirizzare il giocatore verso il gruppo a lui più caro o meglio conosciuto (oltre che per aumentare il fattore rigiocabilità, già piuttosto alto di suo), senza darlo in pasto a dei personaggi con cui non ha mai avuto a che fare.

Questo risulta estremamente importante nell’universo narrativo creato per Persona Q, che da per scontate le caratterizzazioni dei personaggi, con gaffe e scambi di battute che sono impossibili da cogliere se non si ha mai giocato uno dei due titoli originali. Insomma, poter leggere dialoghi in cui Yu Narukami (protagonista di Persona 4) lancia frecciatine a Kanjii Tatsumi è un’esperienza divertente per chi conosce i personaggi, ma potrebbe presto trasformarsi in frustrazione e disinteresse per tutti gli altri.

Gli eventi che danno il la alla vicenda, una torre dell’orologio che appare nel cortile della Yasogami High School e la misteriosa identità di due personaggi Rei (una vorace ragazzina) e Zei (un violento e freddo ragazzo), sono solo il pretesto per contestualizzare il tutto, e solo in pochissime occasioni offrono spunti narrativi avvincenti e interessanti. Persona Q è fan-service allo stato puro, e non ne fa un mistero, ma si spinge troppo oltre in più frangenti risultando a tratti pedissequo e ridondante. 

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Di tutt’altra pasta è il gameplay, che prende le collaudate basi di Etrian Odissey e le colora con alcuni elementi cardine della nuova generazione di Persona, tra demoni e la Velvet Room. Come nei titoli originali infatti, il combattimento viene affidato ai Persona propri di ogni personaggio, ognuno con caratteristiche e ruoli differenti. A differenza dei suddetti titoli però, non sarà possibile cambiare Persona, ma sarà possibile impostare per ogni personaggio un “sub-Persona” da affiancare al principale per ricevere svariati benefici in combattimento. Trovare la combinazione più efficace per ogni personaggio, e per il suo ruolo, sarà fondamentale per avere anche una minima possibilità di riuscita nei labirinti.

È possibile ottenere dei Persona dopo ogni battaglia: maggiori saranno i personaggi in boost (uno stato particolare, attivabile sferrando attacchi che sfruttano le debolezze dei nemici) a scontro finito, più alte saranno le probabilità di ottenere un nuovo Persona. Un’altra caratteristica mutuata dai titoli originali è quella delle fusioni: i demoni non utilizzati potranno essere uniti tramite la Velvet Room per dare vita ad un nuovo Persona, di livello superiore e con caratteristiche ereditate dai due (o più) mostri sacrificati. Questi i  soli elementi che danno all’esperienza di gioco il tocco unico della serie di punta Atlus, che al di là di questo si pone come un Etrian Odissey a tutti gli effetti.

Si dovrà infatti disegnare tramite il touch screen inferiore la mappa del labirinto, che andrà arricchita di dettagli secondo le nostre esigenze: l’editor permette di inserire informazioni e di personalizzare ogni tassello per creare la proprie “legenda” secondo la quale designare pericoli e informazioni del labirinto.

Per fortuna, i tasselli si creeranno automaticamente nello schermo secondario una volta attraversato il labirinto, relegando il compito di cartografi solo a chi sente l’esigenza di conoscere al 100% ogni anfratto dello stesso o a chi non riesce a trovare l’orientamento giusto. In pieno stile Etrian Odissey infatti, il design dei dungeon risulta complesso su più livelli e spesso difficile da seguire per via della mancanza di veri e propri punti di riferimento, tranne che per le scorciatoie, presenti sotto forma di orologi da parete.

E se le difficoltà fino ad ora menzionate vi sembrano poche, vi farà piacere sapere che sono stati aggiunti i FOEs, nemici estremamente coriacei che appaiono fisicamente nel labirinto (e non quindi tramite scontri casuali), che andranno evitati memorizzando il pattern di movimento. Come è possibile evincere dalle mie parole, a fare la parte del leone in questo cross-over è Etrian Odissey, un elemento che potrebbe risultare poco digeribile ai soli fan della serie Persona, e che avrebbe meritato maggiore cura da parte degli sviluppatori. Nonostante l’eccezionale qualità di base infatti, le regole proprie del brand Persona risulta sfruttato solo in parte, rendendo il titolo di difficile collocazione tra il troppo fan-service e un gameplay fondamentalmente distante dalle esperienze originali.

Tutto considerato, l’amalgama convince e diverte, con una certa assuefazione di fondo. 

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Dove invece l’amalgama risulta efficace in ogni sua parte è nell’aspetto grafico e stilistico: pur adottando uno stile chibi e caricaturale, il titolo si fa carico dell’eredità stilistica propria della serie Persona e la adatta perfettamente al contesto. I labirinti, spesso ispirati ad una favola (Alice nel Paese delle Meraviglie ne è il perfetto esempio) sono colorati, sgargianti e originali, e l’ottima implementazione del 3D (purtroppo relegato sempre a mero orpello visivo) rendono le ambientazioni ed i personaggi una gioia per gli occhi, un tripudio (audio)visivo di notevole fattura. A rimarcare la qualità artistica del titolo ci pensa poi la colonna sonora, curata dal maestro Shoji Meguro, che tra melodie originali e remix di brani provenienti da Persona 3 e 4 regala ai propri fan uno degli accompagnamenti più esaltanti e riusciti che il genere dei dungeon-crawler abbia mai visto. Le cuffie, in particolari frangenti, sono d’obbligo.

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In conclusione…

L’esigenza di una software house di trovare il brand con il “fattore X” per poter assicurare ai propri fan una continuità di progetti interessanti è ormai nota, ma poche riescono a trarre da questa situazione delle idee e dei progetti così bizzarri e originali.

Atlus si conferma ancora una volta maestra, sia nel reinventarsi che nel mettersi in gioco, proponendo agli appassionati un titolo che unisce il mondo di Persona ai labirinti (e ai loro segreti) che abbiamo imparato a conoscere in Etrian Odissey in tutti questi anni. Il risultato convince e diverte, nonostante alcune scelte discutibili legate alla componente narrativa e ad alcuni elementi di gameplay.

Ciò detto, Persona Q si pone come un must per i fan di entrambe le serie, ma risulta difficile consigliarlo a chi non ha mai avuto modo di evocare Persona o di esplorare bucolici e letali labirinti. Se vi identificate nella prima categoria, sappiate che né la Dark Hour né il Midnight Channel ostacoleranno il vostro acquisto.

Voto: 8/10

Mi piacciono i videogiochi e mi piace scrivere, perché non unire le due cose? So anche imitare Topolino e Joe Bastianich, ma non mi pagano per farlo.

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