Yomawari: Night Alone – Recensione

Chi ha paura del buio?

Yomawari: Night Alone – Recensione
Yomawari: Night Alone – Recensione
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Camminare da soli in piena notte è un’esperienza che incute timore a tutte le età. Accompagnati solo dal rumore dei propri passi, un fruscio o un’ombra mettono subito sull’attenti, mentre un brivido percorre la schiena all’idea che, nascoste nell’oscurità, possano esserci orde di potenziali pericoli, pronte ad assalirci da un momento all’altro.

Su questa paura assai comune e provata da tutti, l’abile sviluppatrice Yu Mizokami ha ideato Yomawari: Night Alone, un atipico survival horror che nasconde fra le sue tenebre un mare di mostruosità rappresentate sullo schermo, inaspettatamente, utilizzando una grafica dai tratti dolci e infantili, come la protagonista della storia.

L’apparenza inganna e Yomawari: Night Alone è l’ennesimo esempio di questo famoso detto: avrete il coraggio di addentrarvi nell’oscurità affrontando le vostre paure più segrete?

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Durante la notte una bambina cammina per strada con il suo cagnolino. Qualcosa sembra nascondersi e seguirli fra i cespugli, per poi scomparire nel nulla. In questa circostanza spettrale, dove il silenzio è interrotto solo dal canto dei grilli, Yomawari: Night Alone svela fin da subito la sua natura crudele e spietata, facendoci assistere a una spirale di eventi drammatici che portano alla scomparsa sia del fidato amico a quattro zampe Poro che della sorella maggiore della bimba.

Nei panni di una piccola protagonista senza nome, inizia così il nostro viaggio nelle tenebre di una misteriosa città infestata da spettri e demoni, con lo scopo di ritrovare i due affetti scomparsi. Nella nostra ricerca saremo accompagnati solo da una torcia per rischiarare il cammino. Ma in realtà saremo totalmente indifesi dagli orrori che si nascondono nel buio, talmente assetati di sangue, che basta un loro semplice tocco per ritrovarsi una macabra schermata con su impresso un “game over” tinto di rosso.

Basta solamente essere sfiorati da un mostro per morire. Yomawari: Night Alone non fa sconti a nessuno, neanche alle bambine indifese

In questa spaventosa situazione e nel ruolo della bambina possiamo fare ben poco. Una delle alternative è, ad esempio, seminare il mostro che ci insegue correndo a perdifiato finché la breve barra stamina non si svuota del tutto. In un altro scenario invece, possiamo solamente nasconderci dietro a un cespuglio e attendere l’allontanamento della minaccia, sempre che non si accorga della nostra presenza e ci uccida.

L’impresa di passare inosservati però non è affatto semplice come si può pensare, poiché tutta l’avventura diventa spesso frustrante a causa dei numerosi tentativi che si è costretti a ripetere per capire come muoversi e uscirne indenni dalle grinfie dei nemici. Ad esempio, puntare erroneamente la torcia verso uno spettro, allertandolo della nostra presenza, rappresenta potenzialmente un errore fatale che può farci perdere i progressi fatti un quarto d’ora prima. Ad aumentare la frustrazione, durante l’esplorazione, il giocatore è dotato di una mappa, ma non è mai certo di proseguire nella direzione giusta, non essendo presenti indicazioni chiare su cosa fare e dove recarsi.

Ripetendo numerose volte alcuni segmenti e perdendosi per la città senza una meta, la longevità dell’intera avventura è comunque di poche ore: basta infatti un solo pomeriggio per concluderla.

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Per quanto le meccaniche di gioco siano tremolanti e scarne, fortunatamente Yomawari: Night Alone ha comunque qualche asso nella manica da sfoderare per stupire e spaventare come ci si aspetta da ogni survival horror che si rispetti. Fra i suoi punti di forza c’è senza alcun dubbio lo stile grafico che lo contraddistingue da tanti altri giochi del genere. Tutti i personaggi presenti, mostri compresi, sono rappresentati in un bambinesco stile super deformed in 3D, che li rende disturbanti e unici allo stesso tempo. Vedere ragni giganti con dei teneri occhioni o spiriti che assomigliano a scarabocchi intenti ad inseguirci per ucciderci, è qualcosa che lascia a bocca aperta. Grazie a questo stile e ai tanti giochi di luce e ombre, l’atmosfera che pervade l’intera città trasmette un perenne senso di ansia e inquietudine.

Una mano spunta dal tombino afferrandoci la caviglia, un gatto demoniaco e una bambola assassina decidono di inseguirci…dove sono gli acchiappa fantasmi quando servono?

Oltre a questa peculiarità, Yomawari si contraddistingue anche per l’ambientazione tutta nipponica. Esplorando la città è infatti possibile trovare le tradizionali statue Jizo a cui offrire una monetina per salvare i progressi di gioco, ma anche elementi puramente decorativi come i tipici distributori automatici di bibite e i vari altari usati per le preghiere buddhiste.

La direzione artistica è quindi originale e di tutto rispetto, a cui si accompagna anche un comparto sonoro di buona fattura, composto da bisbigli, battiti cardiaci e fruscii da brividi.

Per quanto riguarda invece il doppiaggio, è assente sia nella versione giapponese che in quella nostrana, ma considerando i pochissimi dialoghi presenti non se ne sente la mancanza. Tale caratteristica viene incontro anche verso chi non ama leggere o ascoltare lunghe sequenze di testo e in favore di chi mastica poco l’inglese, essendo il gioco stato tradotto solo in questa lingua.

Conclusioni

Con l’avvicinarsi di Halloween, Yomawari: Night Alone poteva essere un buon compagno per una serata da brivido ma purtroppo, a conti fatti, è un survival horror riuscito solo a metà.

Grazie a una trama semplice ma inquietante il giusto e alle sue atmosfere, non fallisce nello spaventare, d’altra parte però, risulta estremamente frustrante da giocare, principalmente a causa di un gameplay poco vario, minato da una fastidiosa meccanica “trial and error” fin troppo punitiva.

In conclusione, consigliamo Yomawari: Night Alone unicamente agli appassionati sfegatati del genere horror muniti di una grande pazienza: tutti gli altri se ne tengano lontani, onde evitare di rimanerne delusi.

Good

  • Una storia interessante e da brividi...
  • Lo stile grafico adottato è grazioso quanto spaventoso

Bad

  • ... ma troppo breve
  • Alcuni passaggi del gioco sono molto frustranti
6.5

Discreto

Insistere per avere un Game Boy nel lontano 1998 è stata una delle migliori idee che abbia mai avuto, da allora non si è più allontana dal mondo videoludico. Più allenatrice di Pokémon che studentessa, quando il dovere la chiama studia giapponese, in realtà il secondo fine è capire la trama dei suoi JRPG preferiti.

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