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Wild Hearts – Recensione

L’aprioristico ostracismo verso i così detti cloni è fortunatamente tramontato da tempo. Se una volta il definire prodotti simili come meri emuli significava attribuirgli preventivamente una connotazione piuttosto negativa, nel corso degli anni, sempre più spesso testimoni di allievi capaci di superare brillantemente le fonti d’ispirazione, complice il progressivo allargamento del mercato, tali pregiudizi si sono lentamente ammorbiditi. Ad oggi, il proporre sul mercato un clone non genera più alcuna spiacevole sensazione nell’utenza e l’utilizzo del termine è semplicemente un modo piuttosto comodo per spiegare in breve il tipo di esperienza offerto, richiamando un termine di paragone più noto.

Wild Hearts, ovviamente disponibile all’acquisto sullo shop online di GameStop, è un clone di Monster Hunter, un action-RPG in terza persona in cui si va a caccia di bestioni, dando vita a battaglie piuttosto prolungate e complesse, al fine di ottenere loot utile a creare equipaggiamento più efficiente e all’altezza della successiva e ancor più temibile creatura da abbattere. Per dirla in altri termini, tutto si basa su un loop che vi accompagnerà pedissequamente sino ai titoli di coda, un circolo virtuoso che facendo leva su istinti primordiali insiti in ognuno di noi, vi terrà incollati al pad, desiderosi di sentirvi più forti di prima, di confrontarvi con bestie sempre più grandi e minacciose.

Su questo semplicissimo mantra, caccia-potenzialmento-altra caccia, Monster Hunter ha basato la sua pluridecennale fortuna, trend che altri hanno tentato di cavalcare, senza mai incontrare fortuna simile.

Dopo numerose ore passate in sua compagnia, sia da soli che insieme ad altri due giocatori pescati dalla rete, possiamo concludere che, almeno sul fronte della pura qualità, la creatura figlia degli sforzi congiunti di Omega Force e Electronic Arts ha tutte le carte in regola per fare breccia nei cuori degli appassionati al genere e, soprattutto, in quelli di chi se ne è sempre tenuto alla larga, intimorito dalla difficile comprensione delle meccaniche che alimentano il gameplay del brand di Capcom.

Il primo tra i pregi di Wild Hearts è proprio questo: si tratta di un gioco che vuole farsi comprendere, che accompagna il videogiocatore pur non imboccandolo, che spiega pur lasciando al videogiocatore sufficiente libertà per sperimentare e magari scoprire qualcosa, una feature, comunque facoltativa e secondaria, capace di regalare ulteriore profondità all’esperienza.

Wild Hearts durata

Se il cacciatore forgiato da centinaia di battaglie con Monster Hunter impiegherà solo pochi secondi per muovere i primi passi nel mondo fantasy e dai tratti orientali disegnato dagli sviluppatori, i neofiti potranno contare su schermate esplicative e persino un paio di missioni introduttive che mostreranno empiricamente i precetti ludici su cui si basa l’intera avventura.

Wild Hearts propone lo stesso stile di combattimento e propone un ritmo d’azione assolutamente simile a quello sperimentato nei più moderni capitoli della saga di Capcom. Basta fronteggiare il primo Kemono per accorgersi che attaccare a testa bassa non serve praticamente a nulla. Bisogna attendere il momento giusto e prepararsi a schivare in ogni modo possibile le offensive nemiche per preservare la barra vitale e infliggere danni seri alla preda. Esiste sempre un punto debole e una strategia migliore per riuscire nel compito, ma anche in questo senso la produzione di Electronic Arts si dimostra più malleabile e accondiscendente verso il giocatore.

Tanto per cominciare, le animazioni dei mostri sono piuttosto facili da leggere e ciò vi darà modo di prepararvi con un pizzico di anticipo in più ad eludere le offensive. Inoltre, ci sono armi chiaramente indirizzate ai neofiti, più facili da utilizzare ed efficaci quando si decide di affidarsi a strategie più conservative e meno sfrontate. La katana, per esempio, infligge discreti danni grazie a velocissime combo, l’arco invece permette di colpire mantenendosi a distanza di sicurezza.

La vera forza di Wild Hearts, tuttavia, consiste nella sua assoluta trasversalità

Anche al prezzo di qualche danno in più, pur con qualche KO di troppo che comunque influenza quantità e qualità del loot finale che potrete ottenere a fine caccia, in ogni caso impiegherete poco tempo prima di registrare le prime vittorie in battaglia, galvanizzati anche dalla buona progressione dell’incipit dell’avventura che inizialmente pone target assolutamente alla portata di chiunque.

Raggiunta Minato, gigantesca HUB del gioco, scoprirete che tutte le risorse ottenute abbattendo Kemono o raccolte nelle varie zone in cui è diviso il mondo di gioco, che non è open world ma si divide in aree piuttosto ampie, sono in qualche modo spendibili. Anche in questo, Wild Hearts segue un canovaccio piuttosto noto agli appassionati, ma si spende ottimamente per rendere il tutto più chiaro, anche al prezzo di una linearità maggiore rispetto al diretto concorrente.

Qualunque sia l’arma prescelta, sostituibile in qualsiasi momento beninteso, potrete potenziarla utilizzando i materiali recuperati. Stesso discorso per le armature. Non mancano inoltre preziosi manicaretti che vi doneranno bonus di ogni tipo, alcuni dei quali quasi imprescindibili per contare su power-up particolarmente efficaci contro determinati Kemono che, ad esempio, fanno affidamento su attacchi elementali di qualche genere.

Anche in questo ambito, insomma, nessuna sorpresa per il videogiocatore navigato. Il neofita, dal canto suo, verrà introdotto gradualmente ai numerosi personaggi con cui potrà interagire, comprendendo ogni meccanica progressivamente, sempre ben supportato da schermate di spiegazione piuttosto esplicative.

La vera forza di Wild Hearts, tuttavia, consiste nella sua assoluta trasversalità. Se il gioco fa molto per il potenziale nuovo pubblico, non trascura certamente i videogiocatori più smaliziati, a caccia di gameplay profondi e sfide degne di questo nome.

Per venire incontro a queste esigenze, Omega Force ha lavorato in due direzioni. Da una parte ha introdotto una lunga serie di sfide assolutamente facoltative e secondarie, ininfluenti al fine di completare la main quest, caratterizzate da un livello di difficoltà notevole, territorio di caccia esclusivo per i meglio equipaggiati e per chi, nel contempo, ha anche sviluppato ottimi riflessi e, soprattutto, una certa dimestichezza all’uso del Karakuri, l’altra feature che si è inventata Omega Force sia per distinguere la propria creatura da Monster Hunter, sia per dare ulteriore profondità al gameplay.

Il Karakuri non è altro che la quota Minecraft del gioco, per dirlo con una frase ad effetto. Raccogliendo legna e altri materiali nelle ambientazioni, risorse che crescono in gran quantità un po’ ovunque, potrete costruire piattaforme, trampolini, teleferiche e quant’altro, oggetti utilissimi sia per esplorare zone altrimenti irraggiungibili, sia per avere la meglio negli scontri più difficili.

Wild Hearts, un po’ come la famosa mano di Mario Brega, può essere piuma, certo, ma anche ferro. Quando decide di essere difficile, difatti, si fa quasi spietato, con Kemono in grado di colpire da grandissima distanza, che si espongono per pochi secondi alle offensive del cacciatore e palesano ancor meno punti deboli. La pratica aiuta, il giusto equipaggiamento pure, ma spesso e volentieri solo sfruttando al meglio il Karakuri otterrete risultati degni di questo nome.

Un trampolino al posto giusto può permettevi di menare fendenti dall’alto particolarmente efficaci. Erigere un muro difensivo al momento giusto è fondamentale per ripararsi da certi attacchi. Sebbene le strutture costruibili non siano moltissime, saperle combinare ed utilizzare nel momento più propizio vi regalerà tanta gioia e tante soddisfazioni.

Il multiplayer è il vero focus di tutta l’esperienza

Da questo punto di vista, l’unico limite è la complessità del control scheme, davvero affollatissimo, che palesa dei limiti strutturali proprio nello sfruttamento del Karakuri, dove diventa difficile piazzare l’elemento desiderato nella posizione prescelta in pochi secondi. Ogni tanto si sbaglia, ogni tanto semplicemente non si fa in tempo per i molti comandi da impartire. Si tratta sicuramente di un difetto di Wild Hearts, ma con un po’ di pratica si riesce in parte a limitare i danni.

Sempre sul fronte di quello che non ci ha convinto del tutto, va anche annoverato il level design, non sempre all’altezza delle aspettative ed in alcuni casi persino controproducente. I Kemono, difatti, dopo aver subito diversi danni hanno la tendenza a scappare, cambiando di fatto il terreno di scontro. Complice l’affollamento di elementi dello scenario presenti in alcune arene e, soprattutto, una telecamera non sempre perfetta, ci è capitato a volte di ritrovarci a combattere senza avere chiara la situazione, subendo colpi per il semplice motivo che non vedevamo più dove fosse finito l’avatar o il nemico stesso. Fortunatamente si tratta comunque di un’eventualità piuttosto rara.

Inutile dilungarsi più del dovuto sul multiplayer, vero focus di tutta l’esperienza. Sebbene Wild Hearts sia completabile anche in solitaria, in compagnia di altri due utenti non solo vi renderete la vita più facile in certe situazioni, ma ne trarrete anche il maggior divertimento. Soprattutto con una squadra affiatata, soprattutto utilizzando il Karakuri con un minimo di strategia, darete vita a manovre offensive davvero esaltanti e coreografiche. Da questo punto di vista Wild Hearts ha completamente soddisfatto le nostre aspettative, tanto da farci venire voglia di riaffrontare missioni già completate, solo per il gusto di riviverle in compagnia di altri cacciatori (ottenendo magari al contempo ricco loot extra).

Ben poco da recriminare alla trama che, pur nella sua banalità, si sviluppa attraverso un manipolo di personaggi ben caratterizzati e persino globalmente ben doppiati in italiano. Anche in questo caso non si va molto oltre al sentiero scavato da Monster Hunter, ma la lontanissima influenza sci-fi del titolo, che si svela a poco a poco, dona un gusto lievemente atipico e piacevole all’avventura.

Discorso molto simile per il comparto grafico. Graziata da un art design in buona parte derivativo, ma non per questo meno piacevole e convincente, l’estetica di Wild Hearts brilla per merito di un motore grafico più che degno. Giocato a Ultra su PC abbiamo lamentato solo un vago aliasing verso l’orizzonte, qualche texture più sottotono di altre e la fin troppo arbitraria distruttibilità dell’ambiente, ma l’impatto generale è convincente grazie all’ottima fluidità, alla buona linea d’orizzonte e agli effetti speciali scaturiti da alcune mosse che impreziosiscono ulteriormente la scena.

Conclusioni

Wild Hearts è un’ottima alternativa a Monster Hunter, titolo persino ideale con cui iniziarsi al genere, vista la progressione ben più morbida e accondiscendente verso i neofiti. Menù e tutorial ben più chiari accompagnano l’utente passo dopo passo, spiegando ed introducendo come si deve ogni nuova feature introdotta nel gioco.

Ciò non significa, tuttavia, che la proposta di Electronic Arts sia facile da completare. La sua trasversalità, altro grande pregio del gioco, gli permette di essere abbordabile da quasi tutti nel corso della main quest, ma anche di proporre sfide estremamente impegnative per chi deciderà di completare il gioco al 100%.

In questo senso la novità introdotta dall’utilizzo del Karakuri, soprattutto in multiplayer, funziona alla grande, nonostante il sovraffollamento del control scheme causi qualche piccolo problema, esattamente come la non perfetta telecamera che in alcuni casi rende difficile proseguire nella battaglia.

In definitiva Wild Hearts è un ottimo action-RPG. Derivativo, certo, ma dotato anche di un carattere proprio che stregherà gli appassionati al genere e farà breccia anche nei cuori, e scusate il gioco di parole, di chi ad oggi si è sempre tenuto alla larga da Monster Hunter.

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