The Outlast Trials – Recensione

Il multiplayer non fa sempre bene

The Outlast Trials – Recensione
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Phasmophobia e Dead by Daylight hanno empiricamente dimostrato in tempi recenti come il genere dei survival horror si sposi piuttosto bene con esperienze totalmente incentrate sul multiplayer, cooperativo o competitivo che sia. Se in epoche passate, parliamo dei tempi dei primi Resident Evil e Silent Hill, la solitudine era un elemento cardine attorno cui far ruotare l’intera esperienza basata su tensione e jump scare, con l’esplosione delle produzioni online si è progressivamente adattato il genere anche per essere fruito, spesso con ottimi risultati, anche in compagnia di amici o utenti casuali pescati nella rete.

Visto il successo commerciale di alcuni esponenti, non possiamo biasimare più del dovuto Red Barrels per aver tentato con il qui preso in esame The Outlast Trials di (in)seguire questo trend, pur sacrificando parte delle caratteristiche e delle peculiarità che hanno fatto la fortuna dei primi due capitoli del loro brand.

Questo episodio, uno spin-off che tuttavia funge anche da prequel, è ambientato durante la Guerra Fredda. La Murkoff Corporation, che muove i fili anche nei capitoli regolari del brand, sta cercando alcuni pazienti da sottoporre a dei misteriosi esperimenti. Dopo aver creato l’aspirante cavia tramite un rudimentale e limitatissimo editor, verrete incarcerati nella prigione che funge anche da hub del gioco.

Qui potrete ulteriormente personalizzare l’avatar con i capi d’abbigliamento sbloccati utilizzando il credito virtuale accumulato superando le missioni; abbellire la cella in cui siete rinchiusi; sfidare a scacchi o a braccio di ferro gli altri utenti che si aggirano per la struttura; acquistare potenziamenti e gadget utili alla causa nei negozi preposti al compito.

Attualmente sono previsti ben cinquanta livelli d’esperienza, con tutta una serie di oggetti e sbloccabili, segno che sulla carta la produzione Red Barrels vuole proporre una longeva e costante progressione.

Questa più che discreta sovrastruttura, si inserisce alla perfezione in un sistema di missioni diviso per livelli di difficoltà, caratteristica che permette a chiunque di cercare il livello di sfida che più gli aggrada. Purtroppo, le problematiche di The Outlast Trials iniziano a evidenziarsi non appena si scalfisce la superficie dell’elenco degli incarichi a cui potrete prendere parte.

Nonostante una buona varietà di scenari messi in gioco, dalla stazione di polizia, all’ospedale, passando per il parco a tema e l’orfanotrofio, non si può dire altrettanto degli obiettivi e del bestiario di esseri umani deformi che vi attendono all’interno di queste ambientazioni.

Ogni livello vi richiederà, in buona sostanza, di aggirarvi per le varie stanze e corridoi a caccia di chiavi o altri dispositivi che vi consentiranno il raggiungimento della successiva area, pratica che dovrete mettere in atto più e più volte per completare la missione di turno.

Sul lungo periodo ci si ritrova incastrati in un loop di brevi inseguimenti e lente esplorazioni degli scenari che sfocia nella noia

Anche le creature che si contrapporranno non brillano per varietà. Alcuni intaccheranno la vostra sanità mentale, altri sono armati di bastone elettrificato, altri ancora vi soverchieranno con la loro stazza, ma mancano tutti di spirito tattico e ostentano una limitatissima intelligenza artificiale, fattore che, da solo, mortifica la produzione e vanifica il divertimento.

Sia in singolo, è possibile giocare anche in solitaria anche se ve lo sconsigliamo visto che un livello rischia di superare l’ora di durata, che in multiplayer, difatti, il tutto si risolve in brevi fughe e momenti in cui ci si muove con circospezione stando ben attenti ai pattugliamenti dei nemici.

Nonostante un level design che si sforza di sfidare il giocatore, con trappole di ogni tipo e una ramificazione labirintica delle strutture che dovrete esplorare; nonostante batterie per ricaricare il visore notturno, medikit e altri consumabili utili per seminare i nemici, tentino in qualche modo di inspessire il gameplay, il più delle volte si tratterà semplicemente di correre brevemente nella direzione opposta dell’inseguitore per disinnescare qualsiasi minaccia.

Ciò che è peggio, la collaborazione con gli altri prigionieri non va oltre ad una maggior velocità con cui vengono scovate le chiavi utili per proseguire nella missione. Certo, si può rimettere in piedi un alleato caduto in battaglia, sfondare una porta in due velocizza il processo, ma la collaborazione vera e propria è limitata, né è veicolata da meccaniche pensate appositamente.

Chiaramente, con l’aumentare della difficoltà la foga con cui verrete braccati aumenta, ma purtroppo sul lungo periodo ci si ritrova incastrati in un loop di brevi inseguimenti e lente esplorazioni degli scenari che sfocia nella noia, soprattutto se non siete appassionati al genere o non avete un gruppo affiatato di amici con cui giocare a cadenza regolare. Anche in termini di tensione, questo schema non fa altro che eliminare quasi del tutto il senso di impotenza e paura che ogni horror dovrebbe infondere nell’utente.

Divertirsi non è impossibile, sia chiaro. Sebbene da soli The Outlast Trials resti un gioco frustrante e davvero avaro di soddisfazioni, non mancheranno momenti emozionanti o dall’alto tasso comico, ma si tratta di brevi lampi. Soprattutto ripensando a cosa è stato il brand nei precedenti episodi c’è un po’ di rammarico nel vedere che il mood non è stato tradotto in un’esperienza multiplayer capace di ereditarlo in qualche modo. C’è il visore notturno, ci sono le macchinazioni della Murkoff Corporation, di cui se ne possono scoprire i retroscena recuperando i documenti sparsi nelle ambientazioni, ma c’è poco altro.

Tecnicamente bisogna sicuramente fare un plauso al gioco. Tanto per cominciare il netcode è solidissimo e lavora in combo con un matchmaking fulmineo. Graficamente non si notano rallentamenti, gli scenari sono zeppi di dettagli e gli effetti luce concorrono a dare profondità ad ogni scenario.

Conclusioni

L’esperimento di Red Barrels può dirsi riuscito solo a metà. Non siamo di fronte ad un pessimo survival horror in chiave multiplayer, sia chiaro. L’intelligenza artificiale fin troppo limitata e la scarsa collaborazione effettiva tra i partecipanti mortificano un gameplay che diventa ripetitivo già dopo un paio di partite.

Frustrante e noioso in singolo, solo con il giusto gruppo di amici saprà regalarvi divertimento, risate e momenti di puro terrore per lungo periodo. Il merito, in questo senso, va ricercato nell’ottima progressione veicolata da un gran numero di collezionabili e potenziamenti per il personaggio che otterrete incrementando il livello d’esperienza.

Tecnicamente, inoltre, è solidissimo. Non solo graficamente è stato svolto un ottimo lavoro, ma anche il netcode garantisce partite senza alcuna problematica o interruzione.

The Outlast Trials, in sostanza, è consigliato solo agli amanti del genere.

 

Good

  • Molti collezionabili da sbloccare
  • Level design ben realizzato
  • Tecnicamente solido

Bad

  • Intelligenza artificiale dei nemici fin troppo elementare
  • Cooperazione limitatissima
  • Ingiocabile in singolo
6.5

Discreto

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