RiME (Switch) – Recensione

Una poetica delusione

RiME (Switch) – Recensione
RiME
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Chi si appresta a scrivere questa recensione è uno di quei giocatori che cerca sì il divertimento e l’intrattenimento in un videogioco, ma è anche uno di quelli che conserva nel suo cuore quei giochi capaci di colpirlo, quelle opere d’arte fatte videogioco. Shadow of the Colossus su tutti, ma anche titoli più recenti, come Inside, sono stati capaci di ritagliarsi un posto inamovibile nella personale lista dei migliori giochi di sempre, e RiME, quel gioco che tanto ricordava un certo ICO, sembrava candidato ad entrarci di diritto, soprattutto dopo averlo provato durante la GDC. Quando a maggio è uscito su PS4, Xbox One e PC la critica, tra cui noi, lo ha accolto molto positivamente, ma da allora purtroppo il sottoscritto non ha avuto modo di giocare quel gioco che tanto attendeva.

Il tempo passa ed arriva finalmente anche la versione per Nintendo Switch: quale occasione migliore quindi per giocare finalmente RiME, se non con la console più versatile di sempre (e quella con cui giochiamo di più ultimamente, ndr)? A questo punto è però doverosa una premessa: siamo i primi a dire che quando ci si trova davanti ad un gioco con una forte e profonda componente narrativa ed emozionale, soffermarsi sull’aspetto tecnico è segno di superficialità, ma quello a cui ci siamo trovati davanti con la versione Switch di RiME, è qualcosa su cui non potevamo chiudere un occhio.

Se ve lo state chiedendo, le immagini che vedete qui, sono state tutte catturate su Nintendo Switch

Facendo un brevissimo passo indietro, RiME è un’avventura basata principalmente sulla risoluzione di enigmi ambientali, ma che fa dell’aspetto narrativo e visivo il suo fulcro. Enu è un ragazzino che si sveglia sua una spiaggia sconosciuta senza saperne il perché e che non può far altro che seguire una figura misteriosa per scoprire dove sia e cosa sta succedendo. Rivelarvi qualsiasi cosa sulla trama che si nasconde dietro a tutto sarebbe ingiusto, RiME è fatto di sensazioni e di scoperta, di quel mistero che affascina e coinvolge, soprattutto quando ci ritroviamo nei panni di una figura innocente come il suo protagonista. Non ci soffermeremo nemmeno su altri aspetti che abbiamo già ampiamente descritto nella recensione originale, ma ahinoi, dedicheremo gran parte di questa recensione a raccontarvi quale è stata la nostra esperienza su Nintendo Switch.

Dopo averlo provato su PS4 Pro ed esserci lasciati catturare dai colori, dalle luci e da quella poesia visiva e sonora che pochi giochi riescono ad avere, sapevamo che questa versione non sarebbe mai potuta esserne all’altezza. Quello a cui però ci siamo trovati di fronte una volta avviato il gioco in modalità portatile è qualcosa a cui stentavamo a credere: una risoluzione bassissima, una grafica davvero poco definita, quasi sfocata, colori “scialbi” ed un frame rate davvero pericolante. Ad un certo punto ci siamo domandati se potevamo essere noi ad avere qualche problema, tanto ci sembrava strana la cosa, ma la differenza era palese quando mettendo in pausa, le varie scritte ed i loghi erano tutti ben definiti. Come detto, non ci aspettavamo lo spettacolo visivo dei 4K su PS4 Pro, ma dopo aver giocato The Legend of Zelda Breath of the Wild ed il più recente Super Mario Odyssey, nemmeno ci saremmo aspettati un tale scempio.

Così, dopo una mezz’ora di gioco in cui non vi nascondiamo che sentivamo affaticata la vista, ci siamo detti di provarlo in modalità TV. Se dal punto di vista della definizione in questo modo qualcosina migliora, il frame rate cala ancora di più, rendendolo davvero insopportabile. Non si tratta solo dell’andamento generale, ma ci sono parti (le scene d’intermezzo in particolare) in cui la schermata quasi si blocca, cose che nel 2017 non sono più accettabili, almeno per un prodotto come questo, rivolto alla grande massa. È così che all’incirca dopo un’ora di gioco non ce l’abbiamo fatta e abbiamo spento la console. Vedere il protagonista “pixelloso” in alcuni frangenti, effetti (o meglio difetti) di luce discutibili e una grafica che in generale ricorda un gioco per 3DS (ma di quelli fatti male) ci ha sconfortato, e la paura di rovinarci un’esperienza che aspettavamo di vivere da un po’ di tempo ha fatto il resto. Poi però è subentrato il senso del dovere, ci siamo detti che magari poteva essere la prima parte di gioco a soffrire particolarmente, e ci abbiamo provato nuovamente, decidendo di andare avanti. Purtroppo la situazione è rimasta immutata anche dopo, ci sono alcune zone con un minor numero di elementi che fanno pesare di meno questi problemi, ma a farci procedere è stato solo il gioco in sé che, tolto l’aspetto estetico, è identico a quello originale.

RiME però racconta la sua storia anche (ma forse soprattutto) attraverso le immagini, ed è innegabile quanto una conversione talmente scialba, vada ad inficiare anche sull’esperienza emotiva del titolo. Ritrovarsi davanti ad uno di quegli scorci mozzafiato con il cielo stellato visti su PS4, o ad ammirare costruzioni che strizzano l’occhio ad ICO, immergersi nei colori sfavillanti che via via si fanno più tetri, è qualcosa che fa parte dell’esperienza, è qualcosa che coinvolge il giocatore e rende unica l’avventura. Ma se togliamo questi elementi, andiamo a togliere parte della magia e della poesia che RiME racchiude in sé.

Se volete giocare RiME, vi consigliamo vivamente di non farlo su Switch

Difficilmente gli sviluppatori riusciranno a migliorare la situazione via patch, visto che comunque questa versione (che pesa ben 7.5 GB) esce sei mesi dopo l’originale, e quindi se avessero potuto fare di più, probabilmente lo avrebbero già fatto. Una cosa che ci teniamo a sottolineare è il fatto che nell’eShop di Nintendo le immagini mostrate non siano quelle della versione Switch, bensì quelle delle “versioni maggiori”, una mossa del tutto ingannevole che speriamo venga rivista al più presto. Proprio per questo noi abbiamo ritenuto indispensabile mettere nella recensione gli screenshoot catturati direttamente con la console: di solito ci capita di farne continuamente per immortalare momenti particolarmente suggestivi, ma in questo caso ci è capitato il contrario, e a volte quello che vedevamo era così incredibilmente brutto, che meritava di essere documentato.

Conclusioni

Ci dispiace molto dover esprimere un giudizio così negativo su un gioco che non lo merita affatto: tanto per chiarire, non è RiME a meritarsi quel 4,5 che vedete qui sotto, ma è la conversione Switch del gioco. Immaginiamo che la struttura della console di Nintendo possa rappresentare un ostacolo per gli sviluppatori, ma con DOOM abbiamo visto che nonostante i suoi limiti tecnici, riesce comunque a difendersi. Per non parlare di Zelda e Mario Odyssey, che ci hanno fatto vedere quanto bene possa esprimersi questa piccola console.

Quello che ci offre RiME è invece un esempio che speriamo di non vedere più, un gioco rovinato da drastici cali di un frame rate già bassissimo, un livello di dettaglio che in alcuni frangenti ci ricorda un DS, ma in particolar modo una risoluzione che rende tutto sfocato, soprattutto in modalità portatile (che crediamo sia quella utilizzata nell’80% dei casi dai possessori di Switch). RiME è sì un’avventura che fa dell’aspetto emozionale il suo punto di forza, ma in questo caso le emozioni erano frutto anche di un mix tra più componenti, visiva, sonora e artistica, elementi che vengono quasi totalmente a mancare su Switch.

In definitiva, se volete giocare RiME, vi consigliamo vivamente di non farlo su Switch, ma di prendere una qualsiasi versione tra quelle PS4, Xbox One o PC, perché in quel caso non potrete far altro che rimanere affascinati da una di quelle poche avventure capaci di toccare delicatamente le corde del vostro cuore.

Good

  • Nella sostanza è pur sempre RiME

Bad

  • Grafica sfocata e poco definita
  • Frame rate disastroso in alcuni momenti
  • I limiti tecnici gli fanno perdere gran parte della magia
4.5

Brutto

E' passato troppo tempo per ricordare il mio primo approccio al mondo videoludico... Limpido è invece il ricordo della prima console, un Atari 2600, e dei giorni interi passati a giocarci. Da allora sono cambiate molte cose: i videogiochi sono diventati il mio lavoro, non ho più tutto quel tempo per giocarli ed ormai sono pochi quelli che mi lasciano a bocca aperta. Ma al di là di tutto, l'amore c’è ancora, così come la voglia di arrivare un giorno a crearne uno… Ecco, se non si fosse capito, sono un eterno “sognatore"!

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