Redout 2 – Recensione

Più che un sequel, una vera rivoluzione

Redout 2 – Recensione
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Redout 2 è un sequel solo nel titolo. Condivide con il progenitore il genere d’appartenenza, certo, la direzione artistica, alcune intuizioni di gameplay e soprattutto le indiscutibili fonti d’ispirazione, F-Zero e WipEout ovviamente. Allo stesso tempo prende nettamente le distanze dall’originale (che potete recuperare a poco sullo shop online di GameStop), al punto da proporre un approccio completamente inedito alla guida e, indirettamente, all’esperienza in generale.

Per chi non lo sapesse, parliamo di un racing game futuristico sviluppato dall’italianissima 34BigThings. Qui le leggi della termodinamica smettono di dire la loro, tra bolidi che si inseguono a mille chilometri all’ora di media e affrontano giri della morte, avvitamenti, salti di centinaia di metri senza mai scomporsi. Ci vuole un po’ di stomaco, insomma, e riflessi prontissimi, perché il tracciato scorre sotto la vettura con una rapidità tale da costringere i perfezionisti ad imparare le piste a memoria.

Redout 2 prende questi concetti, validi per tutto un genere che ultimamente non sembra più avere molti estimatori tra gli sviluppatori, e li estremizza. Il risultato è un gioco di corse a tratti intransigente, certamente meno accondiscendente del prequel, volutamente punitivo, nonostante, come diremo meglio in seguito, non manchino alcuni aiuti alla guida che rendono la vita lievemente più semplice al videogiocatore di turno.

La scelta di design che segna la svolta più grande, in termini di gameplay, è la rinuncia alle armi con cui in passato era possibile eliminare gli avversari. Feature già cavalcata da WipEout, nell’originale era in grado di rimescolare un po’ le carte, ovviando persino a qualche errore di guida di troppo, permettendo di recuperare lo svantaggio accumulato tra boost supplementari, missili e quant’altro.

Nulla di tutto ciò vi sarà consentito in Redout 2 che concentra l’esperienza esclusivamente intorno alla precisione delle manovre, al controllo del veicolo in volo, al saggio utilizzo del boost che, come in F-Zero, metterà a repentaglio l’integrità del mezzo quando non dosato con raziocinio. In questo senso, la produzione 34BigThings è estremamente punitiva, perché basta andare a sbattere contro un muro, basta volare nel vuoto, aspettando passivamente il respawn, per essere certi di perdere qualche posizione. Il gioco non fa sconti, soprattutto quando si gioca contro l’implacabile CPU che non conosce incertezze.

Da questo punto di vista, Redout 2 è un titolo meno vario e stratificato del predecessore, ma non prendetelo come un difetto, quanto come una precisa scelta che rende la produzione più di nicchia e indirizzata ad un pubblico molto specifico. Ci si diverte solo a patto di accettare il grande compromesso di fondo della produzione, che ha a che vedere con quella tensione costante alla perfezione a cui deve aspirare di continuo il videogiocatore. Molto più che in F-Zero, dove anche in quel caso non c’erano armi e power-up a ridurre i gap, complice un numero di partecipanti massimo contenuto, solo dodici, bisogna trovare e mantenere la traiettoria ideale, tagliare le curve solo quando si può davvero farlo, stare bene attenti a non perdersi per strada neanche un acceleratore sulla pista.

I tracciati sono più di trenta, ognuno tra l’altro caratterizzato da una storia ben dettagliata

Le gare sono generalmente tiratissime, decise anche da un singolo errore, eventualità che farà impazzire i videogiocatori più smaliziati, ma che tenderà ad allontanare tutti coloro che speravano di godersi un racing anche solo vagamente arcade. Anche attivando tutti gli aiuti alla guida, anche abbassando il più possibile l’aggressività della CPU, resta praticamente imprescindibile il dover imparare a memoria le piste. Manca la mini-mappa, scelta che riteniamo fin troppo penalizzante, e gli indicatori a schermo che segnalano la severità di curve e salti non bastano a preparare a dovere il neofita al suo primo giro su pista.

Per giocare a Redout 2 nella forma voluta e desiderata dagli sviluppatori, gestendo con lo stick destro derapata e la cabrata del mezzo, indispensabile per non perdere aderenza e spingere al massimo anche durante i giri della morte, serve un lungo apprendistato e molti potrebbero stancarsi in fretta, nonostante l’ottima quantità di contenuti messi a disposizione dell’utente.

I tracciati sono più di trenta, ognuno tra l’altro caratterizzato da una storia ben dettagliata, che dona un minimo di contesto e lore alla serie. I mezzi sono una dozzina, con parti estetiche e meccaniche sbloccabili. Diverse anche le modalità.

La carriera vi permetterà di prendere parte ad una lunga trafila di sfide e competizioni di difficoltà crescente, ideale per prendere dimestichezza con il gameplay, senza impazzire immediatamente. Il time attack non ha bisogno di presentazioni. Last Man Standing è una modalità in cui ad ogni giro, l’ultimo piazzato viene eliminato. Arena Race non concede margini d’errore, visto che basta il minimo impatto per far esplodere il veicolo. Boss, invece, collega tra loro tutti i tracciati del gioco, creando letteralmente un lunghissimo mostro da completare tenendo a bada i nervi, una maratona che solo pochi riusciranno a completare.

Non manca ovviamente il multiplayer online, modalità in cui, paradossalmente, si può fare pratica avendo a che fare con avversari che, al contrario della CPU, possono quanto meno contemplare la possibilità di commettere un errore, riaprendo virtualmente la gara. Se il netcode ci ha convinti, il matchmaking non lo abbiamo trovato così solido, dal momento che spesso e volentieri siamo stati scaraventati senza troppi problemi in gare già avviate, coinvolti in un inseguimento senza speranza. Nulla che non si possa risolvere con qualche patch futura, comunque.

Graficamente Redout 2 si è presentato ai nastri di partenza in gran forma. Effetti speciali, riflessi sulla carrozzeria, modelli poligonali e, soprattutto gli splendidi e fantasiosi scenari in cui gareggerete ci hanno estasiato. Manca un pizzico di dettaglio, per carità, ma correre a velocità mostruosa sul bordo di un minaccioso buco nero, o nella stratosfera di un pianeta gigantesco, il tutto a 60fps fissi, regala davvero ottime sensazioni.

Come se non bastasse, come da tradizione per il genere verrebbe da dire, anche la soundtrack è di tutto rispetto. Nella ricca playlist, sputano artisti sconosciuti, sì siamo ironici, come Giorgio Moroder e Zardonic, a comprovare la grande cura (e il grande investimento) riposto in questo aspetto dal team di sviluppo.

Conclusioni

Redout 2 è un titolo coerente con sé stesso, sprezzante del pericolo, deciso ad offrire la sua personalissima visione dei racing game futuristici, anche al costo di restringere il tuo potenziale pubblico. Rinuncia alle armi ed estremizza i canoni del genere. Il risultate è una produzione poco malleabile, che con gli aiuti alla guida attivabili rende i mezzi più padroneggiabili, sebbene le piste restino comunque quasi impossibili da domare.

Il principale scollamento del gioco di 34BigThings consiste proprio in questa inconciliabilità totale, estrema, forse persino esagerata. Solo gli esperti del genere e i videogiocatori più determinati avranno la pazienza di scoprire e gustare il vero sapore di Redout 2.

Alcune piste soffrono di un design davvero troppo schizofrenico, l’assenza della mini-mappa ci sembra una scelta fin troppo penalizzante, avremmo gradito gare con più avversari presenti sul tracciato, ma siamo innegabilmente di fronte ad un racing estremamente tecnico, velocissimo, divertente, soprattutto in multiplayer dove ci si può concedere qualche errore in più senza considerare già persa la gara.

Consigliatissimo, ma solo a patto di essere ben consapevoli che prima di trarne qualche soddisfazione, dovrete impratichirvi e non poco con Redout 2.

 

Good

  • Adrenalinico
  • Graficamente ottimo
  • Tanti contenuti

Bad

  • Manca la mini-mappa
  • Per nulla accondiscendente
  • Matchmaking al momento rivedibile
8

Imperdibile

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