Popcorn Time: Speciale Oscar

Popcorn Time: Speciale Oscar

Trascorsi cinque giorni dalla notte più attesa di Hollywood vincitori e vinti sono ormai noti: proprio per questo il mio articolo non sarà l’ennesima cronaca dell’evento – inutile – piuttosto un breve stream of consciousness basato su impressioni e opinioni personali.
Protagonisti di questo serpeggiante flusso di “istantanee” saranno i film (premiati e non) tralasciando la cerimonia in sé.

Come di consueto i titoli in gara coprivano un’ampia gamma di stili, generi e provenienze, non è mai semplice orientarsi tra i colori sgargianti del Cinema commerciale – o mainstream se preferite – perché è piuttosto facile perdersi nel clamore generale e trascurare dettagli importanti, “ubriacati” dal bombardamento mediatico o dall’hype che spesso si genera intorno a pellicole simili.


Partiamo dall’opera trionfatrice, che si porta a casa quattro statuette dorate con una facilità disarmante: sto ovviamente parlando di Birdman, gioiellino siglato Alejandro Gonzales Inarritu. Cast d’eccezione per una commedia inusuale che scivola liscia come l’olio sui binari di un’eccellente sceneggiatura, un viaggio che plana e decolla dolcemente senza abbandonare l’intelligenza che lo sostiene e senza inciampare in bassezze o banalità. Keaton voleva anche la statuetta come miglior attore protagonista ma l’eccesso di ubris è stato punito: discorso riposto in tasca e podio lasciato a Redmayne.

Passiamo proprio a quest’ultimo e al ruolo che gli ha permesso di stringere l’ambito trofeo: ho già recensito La Teoria del Tutto e non voglio ripetermi, sottolineo ancora una volta – però – come l’indubbio, lampante talento del giovane attore londinese mi abbia colpito fin dalle prime battute del biopic rendendo meno amara la delusione per un’occasione completamente sprecata – invece – a livello registico e di scrittura.
Un’occasione sfruttata a dovere è facilmente identificabile in Boyhood, film che questa rubrica consacra come vincitore assoluto (a mani basse) e che consiglio caldamente a tutti, indipendentemente da gusti e preferenze personali. Riprese durate dodici anni per dipingere la vita di Mason – il protagonista – dall’infanzia agli anni del college. Opera titanica come l’idea che la sostiene, una prosa infarcita di poesia (visiva e non) che si pone come instant cult e pietra miliare per le generazioni registiche a venire. Applauso.

Per il resto che dire, tra i consigliati dal sottoscritto vanno di sicuro Grand Budapest Hotel  – pittoresco affresco Wes Andersoniano – e Gone Girl, un thriller dalle linee narrative incalzanti e perfettamente annodate a tessere un’altra piccola perla made in Fincher.
Da segnalare l’esclusione di Mommy – splendida opera del venticinquenne canadese Xavier Dolan (Premio della Giura a Cannes) – dalla corsa alla statuetta per il miglior film straniero.

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Alla prossima con una nuova, classica recensione… Stay tuned!

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