Popcorn Time: La Metamorfosi del Male

Popcorn Time: La Metamorfosi del Male

Dicembre, il mese in cui siamo tutti più buoni, quest’anno ci regala un horror davvero difficile da inquadrare in uno o più canoni ma di sicuro interessante.
Puntualmente massacrato dai titolisti italiani (nella madrepatria America è Wer) il film si pone il difficilissimo obiettivo di reinterpretare un mito assoluto della cinematografia dell’orrore fin dai suoi albori:il lupo mannaro, o werewolf, (da qui l’azzeccato titolo originale).
Il plot si riassume in poche righe che in questa sede si trasformeranno in poche parole per non creare il minimo spoiler. Abbiamo il brutale massacro di un’allegra famigliola che campeggiava in notturna chissà dove, quindi l’identificazione di un sospetto (grande, grosso e di conseguenza cattivo) e il successivo processo di indagini di un’avvocatessa che proprio non ne vuole sapere di credere alla colpevolezza del sospettato. Quest’ultimo, d’altra parte, ha qualcosa da nascondere e lo fa molto bene, complice anche la cocciuta poker face (da fare invidia ad un blocco di ghiaccio) che non smette mai di sfoggiare nemmeno per un istante.

L’analisi della pellicola è tutt’altro che facile per il semplice motivo che vi sono luci ed ombre in egual misura. La parola d’ordine che regge l’intero castello di carte è “realismo” – ad esempio – piuttosto inusuale dato il soggetto trattato… ma vi assicuro che in questo senso il regista fa pochi errori. E’ un realismo visivo, non concettuale. Avrete l’impressione di assistere a filmati nudi e crudi tratti da un telegiornale e non ad un horror fantasy.
Se questo può essere un punto a favore dell’opera di William Brent Bell non bisogna aspettare più di una ventina di minuti per individuarne uno a sfavore. Ogni personaggio viene presentato con un background (psicologico e non) preciso e di conseguenza vengono aperte molte strade, ma mai percorse completamente. Si abbozzano contenuti per poi abbandonarli in questo o quell’ angolo dei 90 minuti di cui si compone Wer generando quindi un sovraccarico di informazioni che disperde parzialmente il carico di tensione che il film si propone di offrire al pubblico.
Un esperimento a tutti gli effetti dunque, ma riuscito solo in parte e incapace di reggere il confronto con i grandi classici a ui inevitabilmente si fa riferimento ( Un Lupo Mannaro Americano a Londra di Landis e L’Ululato di Joe Dante per citarne alcuni), eppure degno di tutta la considerazione degli amanti del genere…e non solo.

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A noi ricorda…

 The Elder Scrolls – Skyrim: ad oggi la soluzione videoludica più valida se avete programmato di farvi contagiare dalla licantropia e scorrazzare liberamente per prati e boschi alla ricerca di carne fresca con cui placare la vostra fame. Degna di nota anche un’espansione ufficiale del terzo capitolo della pluripremiata saga fantasy – Bloodmoon – interamente dedicata ai nostri amici lupi mannari!

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Appuntamento alla prossima per una nuova recensione… Stay tuned!

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