Sword of the Necromancer – Recensione

Questione di feeling

Sword of the Necromancer – Recensione
Sword of the Necromancer – Recensione
Data di Uscita:Genere:PEGI:Sviluppatore:Versione Testata:

Kickstarter ormai è un nome che non suggerisce nulla di nuovo. La piattaforma di crowdfunding è attiva da parecchi anni ed ha ormai permesso a tanti progetti, videoludici e non, di prendere vita. Il tutto grazie al supporto di fiduciosi appassionati, che con le loro donazioni di fatto scommettono su un’idea, o su un progetto già avviato. Grimorio of Games, un piccolo team di sviluppo spagnolo, ha trovato in Kickstarter la piattaforma perfetta per scommettere su un’idea.

Un piccolo dungeon crawler con elementi roguelike, focalizzato però su un’esperienza narrativa. Sword of the Necromancer nasce quindi da umili ambizioni, in un genere che soprattutto nel panorama indie ha regalato notevoli perle e ottimi prodotti. Ho giocato Sword of the Necromancer su Switch, una console perfetta per questo genere di giochi vista la sua natura, ma nonostante la cura riposta da Grimorio of Games, qualcosa non ha “cliccato” a sufficienza.

Come vi dicevo, Sword of the Necromancer pone fin da subito molta enfasi sulla sua narrazione. Una giovane guerriera si ritrova in fuga con la principessa Koko, accusata di aver commesso un furto sacrilego. Qualcosa però va storto, e nel delicato cammino dei due personaggio si consuma una tragedia. La giovane Koko viene uccisa, portando la disperata Tama ad offrire il corpo esanime di Koko ad un altare.

Sword of the Necromancer pone fin da subito molta enfasi sulla sua narrazione

L’obiettivo? Usare la spada del necromante per riportare in vita la giovane. Nella fuga di Tama e Koko, raccontata attraverso flashback durante l’avventura, c’è tutto il necessario per una facile e spontanea dinamica amorosa. Le due protagoniste sono molto affiatate, e ciò si percepisce fin dalle prime linee di dialogo. Gli ispiratissimi artwork, che fanno da sfondo al testo a schermo, riescono a porre la giusta atmosfera al racconto pur essendo privi di animazioni.

Peccato per dei dialoghi davvero stereotipati e innaturali, che ricalcano un po’ troppo il trope dei personaggi “tsundere” giapponesi. Per capirci, un personaggio dai tratti caratteriali scontrosi e freddi che usa per mascherare un grande affetto e amore. Insomma, tra Tama e Koko c’è un legame profondo ma la scrittura non riesce ad andare molto oltre le apparenze. Il risultato è che Sword of the Necromancer risulta non proprio soddisfacente in una delle sue parti fondanti, vista l’enfasi posta sul racconto e vista anche la sua brevità. Il gioco di Grimorio of Games non eccelle nemmeno da un punto di vista meccanico, con alcuni evidenti problemi di design. Uno su tutti, il sistema di gestione dell’inventario.

Prendete una bella idea. In questo caso potrebbe essere quella della spada del necromante, che dà anche nome al gioco: la spada permette di resuscitare i morti. In termini di gameplay, ciò si traduce con la possibilità di riutilizzare i mostri sconfitti come nostri alleati. Un’idea fantastica e anche piuttosto divertente da mettere in pratica. Del resto Sword of the Necromancer è un dungeon crawler roguelike: se morite, dovete ricominciare da zero, perdendo tutto tranne l’esperienza ottenuta. L’idea di avanzare sfruttando i mostri a proprio vantaggio è sulla carta vincente.

Sword of the Necromancer poggia su gran belle idee, limitate però da scelte di design che ne limitano il potenziale

Peccato cozzi con la scelte di design imposte dal team, quale un inventario limitato a 4 slot condivisi. Questo significa che tutto ciò che abbiamo e che vogliamo utilizzare dovrà occupare uno dei 4 slot disponibili. Ciò limita fortemente le nostre scelte e il nostro approccio al gioco. A che pro utilizzare i mostri se per farlo devo rinunciare ad altri oggetti importanti? Non c’è nessuna logica di rischio/ricompensa qui, è una scelta pessima e che mina il divertimento del gioco.

Sword of the Necromancer mostra tutti i suoi limiti qui, confermati poi da un gameplay di per sé appena sufficiente. I dungeon da esplorare sono di un solo piano, con una chiave da trovare per affrontare il boss del piano. L’esplorazione è fine a se stessa, e gli scontri con i nemici sono limitati a un schiva/attacca piuttosto metodico e banale. Anche i boss non si presentano al meglio, con pattern scarni e lo stesso modus operandi dei nemici minori per essere vinti. Insomma, per la sua durata di un paio di ore abbondanti, non è che si presenti proprio al meglio.

Conclusioni

Sword of the Necromancer è un titolo appena sufficiente che non riesce a dire la sua in un genere ormai ricco di grandi esperienze. La sua narrazione è forse lo stimolo più grande a portare a termine l’avventura, con il rapporto tra Tama e Koko che scava nei buoni sentimenti e nei sacrifici che siamo disposti a fare per amore. Nulla di nuovo insomma, soprattutto quando tanti altri titoli lo hanno raccontato meglio. Senza dialoghi stereotipati e una caratterizzazione da manuale, per giunta.

Non si salva nemmeno il gameplay, che pur con qualche bella idea viene minato da scelte di design discutibili e insensate. Sword of the Necromancer è un titolo artisticamente valido e piacevole, ma nulla di più.

Good

  • Artisticamente piacevole
  • L'idea di utilizzare i mostri è buona...

Bad

  • ... ma limitata da scelte di design pessime
  • Scrittura banale e caratterizzazione stereotipata
  • Combat system mediocre
  • Durata e rigiocabilità limitata
6

Discreto

Mi piacciono i videogiochi e mi piace scrivere, perché non unire le due cose? So anche imitare Topolino e Joe Bastianich, ma non mi pagano per farlo.

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