NBA 2K15 – Recensione

NBA 2K15 – Recensione

La sfida sul parquet, negli ultimi anni, è stata particolarmente blanda. Se da un lato la competizione è l’animo del mercato, dall’altro l’assenza evidente di un competitor robusto – tornato timidamente alla ribalta lo scorso anno dopo un lungo periodo sabbatico – non sembra aver particolarmente turbato i ragazzi di 2K e Visual Concepts. Iterazione dopo iterazione, la simulazione cestistica più celebre del pianeta ha superato se stessa, spremendo ogni registro dell’hardware di riferimento e siglando record sempre nuovi. Prendersi una piccola, comprensibile pausa dopo una lunga serie di successi non è dunque contemplato in casa 2K, che forte del proprio perfezionismo torna invece in campo ancora più agguerrita con un nuovo tassello del franchise progettato appositamente per stupire anche i palati next gen più esigenti. E sappiate sin da ora che, se già lo scorso anno la perfezione sembrava ad un passo, oggi quella distanza è stata sensibilmente accorciata.

I primi minuti di gioco di NBA 2K15 sono spiazzanti. Entusiasmanti a dir poco, ma spiazzanti. Piuttosto che “annoiare” il giocatore con un tradizionale tutorial step by step, in NBA 2K15 bisogna soltanto attendere l’immancabile caricamento iniziale per poi ritrovarsi nel cuore della tempesta, un match serratissimo tra le superpotenze dei Miami Heats e San Antonio Spurs. A detta degli sviluppatori, non esiste modo migliore di apprendere le basi del titolo che giocarlo immediatamente: e questo è quanto “tocca” al giocatore, chiamato a completare (in un modo o nell’altro) l’incontro per accedere al menu principale e alle altre numerose modalità di gioco. Particolarmente azzeccata, in questo frangente, è la scelta di zittire pubblico, spalti e campo di gioco lasciando in sottofondo la sola colonna sonora – firmata da quel figurino di Pharrel Williams. E ammettiamolo, scendere sul parquet con i Depeche Mode che cantano Personal Jesus dona una carica che mai avremmo pensato di provare in un videogioco.

Come dicevamo, si tratta di un’espediente quasi arrogante di NBA 2K15, che sottolinea l’elevata accessibilità del proprio schema di controllo e, indirettamente, pare affermare che chi provenga da un gioco di basket non necessiti di spiegazione alcuna, visto che quel gioco sarà sicuramente un capitolo precedente della serie. La situazione per i neofiti, tuttavia, è un po’ diversa: chiunque non sia perfettamente in linea con la filosofia 2K, ossia che per imparare sia meglio sporcarsi le mani da subito, rischierà di trovarsi inizialmente spiazzato e, cosa più fastidiosa, con un passivo di 40 punti al termine dei primi due quarti.

A mettere tutti d’accordo ci pensa il comparto tecnologico di NBA 2K15, che per quanto possa sembrare incredibile segna un miglioramento drammatico rispetto alla stagione appena conclusa. E questo ancor prima di scendere in campo: Ernie Johnson e Shaquille O’Neal, in veste di commentatori pre-partita, introducono ogni match con ispiratissime linee di dialogo, regalando agli appassionati una lunga serie di chicche sulle compagini in gara e sui relativi giocatori di punta. I più critici potrebbero far notare un lip-sync non sempre precisissimo, ma la quantità di informazioni fornite al giocatore (ovviamente in lingua inglese sottotitolata) è impagabile.

Premesso che da un punto di vista grafico già NBA 2K14 era strepitoso, la nuova declinazione offre un’immagine molto più nitida e dettagliata, eliminando ogni patina di “automatismo” presente nel capitolo precedente. L’enfasi viene posta ancora una volta sulle animazioni dei cestisti, ampliate ulteriormente con un nuovo set di movimenti rapidi e più brevi. Questo non solo permette di incatenare azioni strutturalmente più articolate, ma conferisce al giocatore un controllo quasi totale del proprio alter ego, che può aggiustare la propria posizione di tiro sfuggendo repentinamente al marcatore, muoversi sul pelo della linea dell’out o fare quel mezzo passo in più per posizionarsi dietro la linea dei tre e far partire la bomba.

Rinnovata anche la componente difensiva del titolo, con contatti estremamente realistici e un nuovo ventaglio di opzioni per rubare, marcare, tagliar fuori o stoppare l’avversario. Una difesa più variegata e poliedrica si traduce dunque in un gameplay generalmente ottimizzato, più profondo e veritiero seppur un pizzico più complicato da padroneggiare a difficoltà elevate per i meno esperti. Difendere come si deve richiede infatti pratica, visione e un pizzico di intuito: mantenere premuto il dorsale sinistro (per attivare la posizione di guardia) da una parte all’altra del campo non serve più a nulla, se non a farsi superare rapidamente dal play di turno (senza scomodare mostri sacri come Durant, Duncan o James) e a ritrovarsi con un canestro sulla coscienza. A proposito degli atleti più famosi, ciascuno di questi riproporrà in partita schemi e giocate che maggiormente lo contraddistinguono: ciò significa, ad esempio, che fareste bene a marcare da molto vicino quella saetta di Parker, o a non lasciare a Candyman (Ray Allen) troppo spazio sulla linea da tre punti viste le sue doti di implacabile cecchino.

Anche il sistema di tiro è stato profondamente revisionato. Posto che lo schema tradizionale delle precedenti incarnazioni è ancora disponibile nel menu opzioni (per la gioia degli aficionados al brand, magari non troppo inclini ad eccessive facilitazioni), durante la fase di tiro comparirà ai piedi del giocatore un indicatore a forma di semicerchio suddiviso in due metà. Il meccanismo sulla carta è estremamente semplice: basta tenere premuto il tasto quadrato sino a quando l’indicatore raggiunge la metà perfetta e il canestro, in linea teorica, è garantito. Peccato che nella realtà ci sono molte variabili che riducono sensibilmente la possibilità di fare canestro: le abilità del giocatore, tanto per iniziare, la sua posizione rispetto al canestro avversario e, cosa più importante, la risposta della difesa avversaria.

Ecco che dunque avremo una “regione di tiro” (il mezzo semicerchio da riempire, per intenderci) variabile a seconda delle situazioni: una porzione più ampia per i tiri più facili, una frazione piccolissima o quasi impercettibile per i tiri ai limiti dell’assurdo. Inutile dire che questo nuovo sistema permette ai giocatori meno esperti di entrare direttamente in partita, siglando qualche punto importante senza necessariamente limare il coefficiente di sfida che da sempre contraddistingue la saga. Ripetiamo ancora una volta che il vecchio schema di tiro rimane al proprio posto, ma quella dell’indicatore è senza dubbio una novità brillante che merita di essere provata.

Parlando di contenuti, iniziamo l’analisi dell’offerta di questo NBA 2K15 spendendo due parole sulla classica modalità MyPlayer. Se già in NBA 2K14 la modalità principale per giocatore singolo permetteva di vivere le tappe principali della carriera del nostro atleta, dalla sua convocazione al Draft delle Rookie sino all’ingresso nell’Olimpo dei giocatori migliori della lega, quest’anno Visual Concepts rimescola le carte narrative (e non solo) per catapultare il proprio pubblico in una storia più veritiera e “normale”, quella di un giovane giocatore sconosciuto, lontano dalle migliori scelte e scartato dai club più rinomati, alla ricerca dei tanto agognati tre minuti di partita nei quali mostrare al mondo la propria pasta.

Un pizzico di realismo in più dunque, che vuole quasi togliere la patina del “perfezionismo” dell’Association statunitense per raccontare una storia meno cinematografica con tutte le tutte le difficoltà che la costellano. Da un punto di vista più tecnico, salta subito all’occhio il gargantuesco editor del personaggio, che permette di customizzarne un numero elevatissimo di variabili (altezza, pelle, taglio degli occhi, forma delle orecchie, fronte, naso e molto altro ancora) sino a dargli le fattezze preferite. Sfruttando PS Camera o il nuovo Kinect sarà possibile “fotografare” il proprio volto e appiccicarlo sul modello, ottenendo in questo modo una nostra replica quanto più fedele possibile.

Avviata la carriera, le prime novità di rilievo investono l’evoluzione del nostro alter ego: il sistema basato sulla Virtual Currency ed utilizzato sino ad oggi per incrementare un nutrito set di statistiche viene sostituito da una versione apparentemente più “leggera”, che permette di perfezionare uno dei sei “macro-gruppi” di abilità (tra cui rimbalzo, difesa, tiro dall’area) disponibili. Se all’apparenza una tale scelta sembra di fatto vincolare la libera espressione di ogni giocatore, obbligandolo a percorrere un determinato percorso piuttosto che una specializzazione settoriale, dall’altro è altresì evidente come questo skill tree a “zone” contribuisca a creare giocatori dalle abilità più verosimili ed equilibrate. Piccola nota a margine, le voci dei cestisti più famosi che incontreremo lungo la nostra ascesa alla gloria sono stare “rubate” alle rispettive controparti in carne ed ossa: certo, alcuni non sono proprio dei doppiatori professionisti, ma i fedelissimi dell’NBA gioiranno nel sentir parlare i propri beniamini.

Particolarmente interessante è l’integrazione del nostro atleta virtuale con MyPark, modalità in cui i giocatori di tutto il pianeta possono incontrarsi e sfidarsi nella cornice del più classico campetto. Per ciascuna squadra sono disponibili un numero ragguardevole di “arene” (una decina circa per compagine) e, novità di quest’anno, sarà possibile disputare la proverbiale “bella” all’interno di un vero e proprio stadio NBA (il Jordan Center). In questo prestigioso teatro avranno lungo incontri 5 contro 5 con ricorso alle regole ufficiali dell’Association. L’unico neo di MyPark, al momento, è di natura tecnica: l’infrastruttura online soffre ancora di evidenti rallentamenti, che rendono il movimento e – soprattutto – il nuovo tiro alquanto difficoltosi da padroneggiare. Ci vuole un pizzico di tempismo ulteriore, insomma, anche se una patch in questa direzione non farebbe certo male.

La celebre modalità MyGM permette invece ai giocatori di dirigere ogni singolo aspetto di una squadra NBA. Il che, fidatevi, è un lavoraccio facile solo a parole. Dal draft delle migliori rookie alla scelta dei giocatori imprescindibili, gli aspiranti General Managers dovranno sobbarcarsi ogni decisione relativa alla squadra prescelta e, nel corso della tradizionale Season NBA, fare in modo che ogni meccanismo funzioni alla perfezione senza alcun imprevisto. Anche perchè, lo sapete benissimo, imprevisto è sinonimo di dollari persi. La gestione della squadra è davvero a 360 gradi: in veste di General Manager dovrete far sì che la squadra (e non solo) centri una lunga serie di specifici obiettivi, fattore che obbligherà a porgere orecchio non solo all’interno dello spogliatoio e a quel rompiscatole del coach, ma persino al padrone della baracca: il presidente.

Quella offerta da MyGM è una variante completa e profonda sul tema del basket manageriale, che abbraccia ogni aspetto legato al roboante universo dell’NBA – conferenze stampa incluse. Volendo essere pignoli, non siamo ancora ai livelli eccezionali raggiunti dalla Connected Career del franchise Madden, ma quanto proposto da NBA 2K15 è sicuramente degno di nota. Chiudiamo l’elenco delle modalità principali con MyTeam, analogo dell’Ultimate Team di casa Electronic Arts al cui interno saremo chiamati a comporre il dream team ideale estendendo la nostra ombra sui giocatori più quotati di tutto il mondo. Sarà possibile cercarli nelle bustine oppure, da quest’anno, accaparrarsi i giocatori più interessanti a prezzi stracciati sfruttando le nuove aste.

In Conclusione ….

L’evoluzione della specie: non c’è modo migliore per definire questo NBA 2K15, imperdibile tassello del franchise 2K che ogni amante del basket non dovrebbe lasciarsi scappare per nessuna ragione al mondo. L’ultimo nato dei ragazzi di Visual Concepts brilla di luce propria sotto una miriade di aspetti: una grafica al limite del fotorealismo, una giocabilità profonda e foriera di enormi soddisfazioni, un parco modalità ricco che terrà chiunque sul parquet per lungo tempo. L’ottimizzazione dei contrasti e un nuovo set di animazioni rappresentano soltanto alcune delle migliorie tecnologiche di questa nuova declinazione, capace di sfrecciare senza incertezze a 1080p e 60 frame al secondo costanti: tutto a vantaggio di un gameplay impeccabile, che conferma ancora una volta il ruolo di assoluto primato di 2K Sports e della serie NBA 2K nel panorama della simulazione cestistica.

Certo, non mancano alcuni difett: l’infrastruttura online, ad esempio, non è certo la cosa più stabile del titolo, e disconnessioni unite a lag frequenti rendono l’esperienza competitiva particolarmente difficoltosa. Anche i tempi di caricamento non brillano per velocità, e se nel corso della stagione l’attesa viene ripagata dall’interessante analisi pre-partita, lo stesso non si può dire per la carriera in MyPlayer -con caricamenti dai 30 secondi al minuto. Allo stesso modo, spiace di dover assistere anche quest’anno ad un trattamento non adeguato per la nostra Eurolega, evoluta rispetto alla passata stagione ma ancora lontana anni luce dagli sfarzi dedicati all’NBA. I miglioramenti ai volti e ai modelli degli atleti europei è evidente, ma gli stadi del vecchio continente appaiono troppo anonimi e le stesse squadre, in più di qualche occasione, non sono aggiornate.

Tuttavia, si tratta di difetti marginali se paragonati alla sostanza di questo NBA 2K15. Visual Concepts e 2K alzano nuovamente l’asticella, frantumando ogni record raggiunto nella precedente edizione e siglando un nuovo metro di paragone nel panorama del videogioco sportivo. E se questo è poco più dell’inizio della next-generation, non osiamo immaginare cosa aspettarci da qui negli anni a venire.

VOTO: 9/10

Bello, simpatico, intelligente e super esperto di videogiochi, ha sviluppato un'incredibile capacità nello scrivere cazzate.. Gioca ai giochini elettronici dall'86 e ci scrive a riguardo dal 2006 o giù di lì.. Ma non fateglielo notare, che poi si monta la testa..

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