WorldEnd Syndrome – Recensione

Tra misteri, orrori e romanticismo a Mihate Town

WorldEnd Syndrome – Recensione
Worldend syndrome
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Avete presente quelle storie belle, coinvolgenti, che trattano temi profondi e riescono a portarvi in un altro mondo? Ecco, WorldEnd Syndrome è proprio uno di quei titoli in grado di trascinarvi via per un po’ di tempo, in una cittadina marittima giapponese che prende il nome di Mihate Town. Mi sono innamorato di questo gioco, e devo dire che Toybox ha fatto un lavoro eccelso nel coinvolgermi nelle vicende del Mystery Research Club. Ma non voglio confondervi troppo, quindi andiamo con ordine.

WorldEnd Syndrome è una visual novel, ovvero una sorta di storia interattiva dove interpreterete un ragazzo trasferitosi a Mihate Town dopo un evento difficile e traumatico che ha cambiato per sempre la sua esistenza. Lo sconvolto protagonista andrà così a vivere nella villa di un lontano zio, il quale oramai si è trasferito all’estero e ha lasciato la casa alla nipote Maimi. Il nostro ragazzo avrà il nome che decideremo noi, ma il suo carattere rimarrà schivo, malinconico e spesso triste, al limite della depressione.

Ma sarà così per sempre? Mihate Town è una cittadina piena di mistero, folklore e sinistre leggende. Ma ci sarà anche modo per il protagonista di trovare la felicità e l’amore.

worldend syndrome
Mihate Town, al tramonto. Un bellissimo spettacolo

E così il nostro uomo viene accolto nel Mystery Research Club, una sorta di attività extrascolastica gestita dalla professoressa Kaori Yamashiro, scrittrice di successo. È suo il libro che parla di una leggenda, tramandata di generazione in generazione da un secolo a questa parte: esattamente 100 anni fa uno spirito vendicativo, che prende il nome di Yomibito, tornò sulla terra come non-morto e portò morte e distruzione nella piccola cittadina. Si dice che il non morto sia destinato a tornare ogni 100 anni: e indovinate un po’? Il momento è arrivato. E infatti WorldEnd Syndrome vi costringerà ad un prologo davvero strano, della durata di un paio d’ore, dove sarete costretti a vedere il peggiore dei finali possibili, quello più inquietante e oscuro che vi spingerà a ricominciare per riuscire a cambiare le cose.

Mi sono innamorato di questo gioco

WorldEnd Syndrome mi ha ricordato vagamente un’altra visual novel d’impatto: Doki Doki Literature Club, sia per la maturità dei temi affrontati che per gli avvenimenti piuttosto dark che ne permeano la sceneggiatura con avvincenti colpi di scena. Ma dove il lavoro di Dan Salvato figurava come indipendente e più “grezzo”, WorldEnd Syndrome è una gioia per gli occhi: tutti i disegni, dai fondali (animati!) alle cutscene sono curatissimi e realizzati con maestria, tanto da farmi perdere parecchio tempo nell’ammirare tutte le bellissime illustrazioni di Mihate Town e dei suoi abitanti.

WorldEnd Syndrome
Amane Miu è uno dei personaggi più enigmatici del gioco

WorldEnd Syndrome non è inoltre una visual novel “pura”: mescola elementi classici del genere con un pizzico di adventure game e una buona dose di dating sim. L’estate di Mihate Town è nostra, e avremo a disposizione tutti i giorni di agosto: ad ogni risveglio potremo decidere dove mandare il nostro protagonista. Ci sono tre finestre temporali: mattina, pomeriggio e sera; il gioco non vi guiderà praticamente mai, lasciandovi liberi di andare dove volete e di incontrare chi volete. I dialoghi sono intrecciati alla perfezione e avrete davvero l’impressione di cambiare il destino della piccola ma incantevole città.

WorldEnd Syndrome è una gioia per gli occhi

Ottimo anche il sistema di salvataggio, che vi permetterà di salvare singolarmente ogni giornata che passerete a Mihate: questo sistema di gestione dei progressi di gioco vi concederà di ricaricare abbondantemente quando una decisione presa non vi va giù o quando una missione cruciale fallisce. WorldEnd Syndrome è strutturato per farvi fare più playthrough, in modo da portare il giocatore a scoprire con calma tutti i segreti della cittadina e dei suoi strani abitanti. E fidatevi, ne vale davvero la pena. Menzione d’onore per il doppiaggio, interamente in lingua giapponese; purtroppo per i meno anglofoni, il gioco è sottotitolato esclusivamente in inglese, e non è prevista una localizzazione in italiano. Anche la colonna sonora non è male, e vi accompagnerà per tutto il fittizio mese di agosto.

https://www.youtube.com/watch?v=ABClf8Repxg

Conclusioni

WorldEnd Syndrome è una visual novel atipica e bellissima. Davvero, è un peccato che non tutti possano goderne per via della localizzazione solamente in lingua inglese: la storia di Mihate Town è ricca di mistero e orrore, ma anche di romanticismo e di quei cliché tanto amati nei racconti giapponesi. Spero che giocherete a questo gioco e che vi farete rapire dalle storie di Maimi, Yukino, Miu, Rei e Saya, dai loro problemi e dalle loro vite complicate. Ne vale davvero la pena, fidatevi di me.

Dopo qualche ora passata a giocare a WorldEnd Syndrome, vorrete saperne di più, vorrete passare più tempo con questi personaggi per capirne il background e cambiare la triste storia di questa cittadina. E d’altronde avrete il potere di farlo, anche se richiederà molto tempo e molto impegno.

 

Good

  • Una visual novel intrigante e ben realizzata
  • La cittadina di Mihate vi rapirà
  • Tanto mistero, orrore, ma anche romanticismo

Bad

  • Non è localizzato in lingua italiana
8.5

Imperdibile

Nato nel medioevo videoludico, i fantastici anni ’80, Amedeo è cresciuto con i grandi classici del gaming, passando per tutte le console sulle quali riuscisse a mettere le mani. Appassionato fino alla morte di Star Wars e The Witcher, vive fra mondi fatti di LEGO e GDR cartacei. Nel tempo libero gli piace dare legnate in palestra e leggere libri.

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