Gauntlet – Recensione

Gauntlet – Recensione

Labirinti e mostri, ingredienti di fortissima fascinazione: ne erano già consci gli antichi greci, lo hanno riconosciuto e portato sui tavoli da gioco di milioni di giocatori di ruolo Gygax e Arneson, e non potevano ovviamente non farli propri, e sfruttarli come base per le proprie avventure, i  videogiochi.  Gauntlet fu il dungeon crawler ante litteram: invase le sale giochi in quel lontano 1985 con un gameplay dalla invincibile semplicità, dall’estetica elementare, ma al contempo esaltante, dal tasso di dipendenza alto come solo i vecchi capolavori in cabinato potevano raggiungere e da un comparto tecnico, per l’ epoca, di grande impatto.

Il compito di reinterpretare questo classico con un reboot che, nelle premesse, e per quanto lo consenta tanto la distanza temporale, quanto il mutare del gusto delle tecniche e dei generi, vuole essere dei più fedeli, va ad Arrowhead Game Studios; sviluppatori rinomati sopratutto per il notevole Magicka, che già di per sé rappresenta un curriculum notevole, considerando che anche qui abbiamo a che fare con fantasy eroica, dungeon, maghi, mostri e vagonate d’oro, con l’aggiunta di molti… tacchini.

Gauntlet si presenta come un hack&slash con un pizzico di ARPG, da cui si differenzia per un approccio molto più veloce e semplificato (non in senso negativo) che strizza l’occhio al dungeon crawler. Avremo una visuale molto, molto ampia, alta e distante dal personaggio controllato, diversamente dai classici ARPG, data la natura del gioco, che su due piani, sia di gameplay che di level design, focalizza la gran parte dell’attenzione e delle dinamiche, sulla gestione dei dungeon.

Questo reboot riprende alcuni punti fermi ed iconici dell’originale: abbiamo il cibo, la voce del narratore fuori campo che commenta le azioni dei prodi guerrieri, le pietre evocatorie (che sono dei generatori di mostri, almeno fino alla loro distruzione), tante stanze con molte chiavi per aprirle, e beh, anche il main theme originale!

Ma non siamo più in sala giochi, e quindi per fortuna alcuni cambiamenti irrobustiscono la sostanza di questo moderno Gauntlet. Benché non sia prevista alcuna progressione di livello, sono presenti una serie di competenze, abilità che si sbloccheranno automaticamente al raggiungimento di un determinato obiettivo. Le competenze sono relative alle abilità del personaggio, al cibo e al bottino e alle 3 sezioni del labirinto; ad esempio il guerriero Thor, dopo 50 cariche eseguite con successo, attiverà la competenza che gli permette di eseguire un attacco in salto durante la carica, oppure, morendo decine di volte, si sbloccheranno abilità come una temporanea forma eterea e via dicendo.

L’acquisizione delle competenze, lungi da poter essere ovviamente un modo per “costruire” un personaggio, è un rapido, efficace e naturale modo per associare, all’aumento della nostra confidenza con il gioco, anche nuove sfumature e abilità del nostro eroe, che se non ne ribaltano le abilità base, ne esaltano delle particolarità. Per il resto, il titolo non presenta pozioni curative (l’unico modo per curarsi è raccogliere cibo, stando attenti a non distruggerlo nella foga del combattimento), o di mana (non c’è mana o similare, tutte le abilità sono solo temporizzate), né scrolls, o equipaggiamento particolare, mentre i nostri soldi potranno essere spesi solamente in una serie di reliquie, le stesse per ogni classe: potranno essere equipaggiate solo due contemporaneamente, e potranno essere azionate, come da tradizione, usando delle pozioni azzurre, che è l’unico genere di pozione che si trova nei livelli.

A parte il gran numero di quarti di bue e tacchini (pure d’oro massiccio), due sono i principali cardini di Gauntlet,  uno dei quali è sicuramente il gruppo di eroi, composto da quattro protagonisti.
Certo, ora come allora essi incarnano gli stereotipi della fantasy classica: è infatti nei panni del rude guerriero Thor, dell’agile, furbo e antipatico elfo Questor, oppure nelle femminili ma marziali vesti della valchiria “legale buona” Thyra, o infine, nella larga toga del sapiente e sbruffone mago Merlino(sic!), che saremo chiamati a farci strada fra orde, e orde e orde di nemici, di varia fattura e potenza, alla ricerca dei frammenti di una tal spada, per poi sconfiggere un certo figuro di nome Morak (che poi sarebbe anche il narratore fuori campo che commenta le nostre gesta durante l’intera avventura).

 Come detto in precedenza, a differenza di un ARPG, i personaggi non saranno in alcun modo personalizzabili, ma conservano le loro peculiarità e le loro abilità base, che sono volontariamente poche, ma molto specifiche.
 Il guerriero, la classe più banale e onnipresente di tutti i tempi: le qualità del guerriero di ogni epoca e genere di gioco sono riassumibili in “entra e spacca!“; è il tank di professione, il cui primo scopo è quello di sfoltire e sfondare le difese, con la sua abilità di carica e colpo rotante. Via via giocando, però, Thor si presenterà in realtà godibilissimo da interpretare, non piatto e banale come può apparire ad un primo sguardo, e la sua presenza è essenziale, creando spazi a favore dei compagni e risolvendo molte intricate situazioni.
–  Il logorroico Questor, l’arciere del gruppo, rapido e velocissimo sia nei movimenti che nella schivata in rotolamento. Oltre ad essere in possesso di arsenale infinito di frecce e capace di generare un rateo di fuoco da far invidia a Legolas, è equipaggiato di una utilissima bomba, che detona dopo pochi secondi il suo piazzamento. Ammetto che è il personaggio con cui ho avuto più problemi a rapportarmi, causa una debole potenza di fuoco, ma con il suo colpo mirato abbatte al primo colpo quasi tutti i nemici, e  con la sua capriola riesce a scivolare fra le orde, a posizionare la sua bomba in luoghi critici e a fuggire con un’ottima fluidità. Queste abilità lo rendono, in mani capaci, sicuramente un membro utile della squadra.
 La valchiria, un personaggio che fa sua sia la distanza che l’attacco corpo a corpo. Dotata di una lancia con cui è in grado di effettuare potenti ma brevi cariche, una classica spada relativamente efficace, ma sopratutto di un enorme scudo dalla doppia funzione: oltre ad offrire una difesa particolarmente poderosa (deflette praticamente tutto e tutti! Beh, tutto tranne la Morte), questo può essere anche lanciato, portando distruzione e scompiglio fra le masse dei nemici.
– Il mago, il personaggio a spettro più ampio. Dotato forse di meno resistenza, ma con la padronanza di nove incantesimi con cui copre praticamente ogni situazione: distanza, corpo a corpo, difesa. Forse è l’unico personaggio che risulta sbilanciato rispetto al resto della combriccola, apparendo da subito il più potente; di magickiana derivazione, risulta divertentissimo da usare, visto che i detti nove incantesimi andranno selezionati incrociando 3 elementi: fuoco, ghiaccio ed elettricità, e sfogliare il nostro libro degli incantesimi (sì, lo sfoglia veramente, mentre corre e selezionando gli elementi!) quando si è incalzati da manipoli di nemici bramosi di sangue è decisamente adrenalinico.

Ma c’è un altro grande protagonista di Gauntlet, che riveste quantomeno lo stesso peso dei quattro eroi: il Labirinto. Prima di arrivare a sconfiggere il terribile e spocchioso villain Morak, infatti, dovremo affrontare una serie di dungeon selezionabili da una grande sala centrale. Ci sono tre sezioni principali, che si differenziano  per un “tema” di fondo, sia estetico, quindi  arredamenti e architettura delle stanze, (dal dungeon classico con pareti di pietra e suppellettili, agli abissi infernali ), sia  di mob. I nemici infatti sono una fauna specifica che popolerà le tre grandi sezioni, e se all’inizio avremo le classiche lente mummie (non tanto lente in modalità “Sleale”), man mano avremo nemici molto più veloci e letali.

Ogni labirinto principale ha quattro sezioni: le prime tre sono composte a loro volta da tre livelli, il primo dei quali è fisso e quindi il percorso, così come le stanze (comprese quelle segrete), sono invariabili. Il secondo è a costruzione casuale, ed offre sempre una “corsa” disperata verso l’uscita, senza pietre dell’evocazione né molte pause, e saranno presenti stanze chiuse, attraversando una minaccia ben definita  che si opporrà al nostro passaggio. Il terzo è una stanza finale in cui dovremo solo resistere ad ondate di nemici e a una serie di pietre evocatorie.

La quarta sezione di ogni dungeon è il Boss finale. Nel complesso i livelli non brillano per varietà, e pur essendo ben funzionali, rimane la sensazione che l’esperienza sia in qualche modo limitata, e quando verso la fine ci si avventura in dedali finalmente più ampi e impegnativi, il gioco arriva purtroppo al suo termine.

I controlli via pad sono da preferirsi, e lo dico da PC gamer: per quanto sia godibile con la tastiera, Gauntlet rimane un hack&slash che focalizza l’attenzione e l’azione sul personaggio più che sull’area, e tutti i poteri dei personaggi discendono da queste premesse, quindi anche gli incantesimi del mago non hanno necessità, né alcun tipo di vantaggio, ad essere manipolati con il mouse. Unico appunto, ho notato, sopratutto con i  con i personaggi a distanza, una certa fastidiosa imprecisione, come se intervenisse alle volte una mira automatica, ma nulla che pregiudichi la giocabilità.

Affrontare Gauntlet in solitaria è un’esperienza non particolarmente entusiasmante, appare più un mero allenamento. Completare i tre dungeon proposti e arrivare al centro del labirinto, nel covo del sociopatico Morak, porterà via forse 4 o 5 ore; ruotando tutti i personaggi, volendo fare una buona ripulita dei livelli, forse qualcosa in più. Essenzialmente il nostro compito sarà la gestione delle ondate dei nemici, schivare i proiettili a noi diretti, distruggere le pietre evocatorie e accumulare un sacco di oro.

Il vero divertimento arriva però nel multiplayer, che è il vero cuore del gioco: la sincronia del gruppo e la maestria tempistica ed armonica delle basilari capacità dei singoli personaggi, faranno sì che si possa uscire vivi anche dalle situazioni più intricate, viceversa un cattivo affiatamento, la tendenza a non considerare il movimento dei nostri compagni e in generale a condurre un gioco “solitario” porterà ad infilare lunghe serie di decessi. Ho particolarmente apprezzato la totale impossibilità di comunicare con i compagni di battaglia, anche nella lobby precedente all’entrata in gioco. Durante il gioco, con la pressione del Dpad, si potranno usare delle frasi preconfezionate, che bastano e avanzano a far comprendere nella bolgia del combattimento se ci sia bisogno di supporto, se vogliamo essere seguiti ecc, pochi fronzoli e nessuna distrazione, insomma.

Lo schema dei dungeon, che sotto l’apparenza di dedali non è che una serie di arene chiuse, visto che quasi ad ogni scontro le stanze si sigilleranno e non si riapriranno (almeno fino all’eliminazione dell’ultimo nemico), è propedeutico a questo approccio cooperativo, e quasi sempre l’azione, benché terribilmente caotica e concitata, rimane ben leggibile e comprensibile, anche con 4 giocatori a schermo.

In conclusione…

Arrowhead si conferma un team veramente in gamba: riprendere un brand che tutto sommato non gode di una popolarità universale, se non fra gli ex-nerd sociopatici da sale giochi (e quindi anche un po’ attempati, diciamolo) non è certo di per sé garanzia di successo. Gauntlet riprende, rivivifica e rielabora le sensazioni e il divertimento di un arcade, traslandole ai giorni nostri e svecchiandolo. Certo, il gioco non è esente da lati negativi: la durata in single è veramente risicata, non avremmo sicuramente disdegnato più livelli random, e dopo il primo boss abbastanza coinvolgente, dovremo aspettare Morak, per avere una sfida adeguata. Graficamente il gioco non brilla, (pessimi i livelli con la lava), e i controlli forse potevano essere lievemente limati.

Ma il divertimento c’è ed è quello che conta, il multiplayer locale può far riscoprire i bei tempi della socialità, o altrimenti se il nostro isolamento fisico è oramai patologico si può ripiegare sull’online, che dopo i primi problemi di net-code ora sembra andare speditissimo, e  senza alcun tipo di problema.

Gauntlet ha il sapore dell’indie game e lo stile del coin-op, e per il prezzo pieno molto basso a cui si propone (19.90€) offre un’esperienza solida e frenetica, che se si può affrontare con altri tre amici offrirà sicuramente ore e ore di svago.

Voto: 7/10

Lotta strenuamente contro i BSOD

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