Editoriale 17 Mar 2014

Tre tubi sopra il cielo… (la storia di Flappy Bird)

Non ci sono molti giochi come Flappy Bird. E non parlo di giochi brutti, giochi clonati o giochi che non ti fanno staccare il telefono di mano nemmeno quando stai seduto al cesso. Flappy Bird è uno dei pochi, pochissimi giochi in cui totalizzi più bestemmie che punti. Che detta così non pare nemmeno tanto sconvolgente, in verità: ma svegliarsi un giorno e scoprire che un punteggio pari a 4 rappresenta un risultato sufficiente a bullarsi con gran parte dei propri amici, credetemi, non accade così spesso.

Tuttavia mi sembra già di sentirvi: eeeeeeeh, io ho finito Dark Souls senza mai morire, gioco ad hard dalla mattina alla sera e ho finito questo e quell’altro con una benda sull’occhio e una mano legata dietro alla schiena: perché dovrei farmi mettere in ginocchio da un uccellino del piffero che non deve far altro che saltare? La risposta è di una semplicità disarmante: che ci crediate o no, Flappy Bird è difficile. Tremendamente difficile. Molto probabilmente è il giochino mobile più bastardo e punitivo che abbiate mai affrontato, mascherato da tenero pennuto che saltella tra tubi di Nintendiana memoria. Che poi, forse, non è nemmeno un concept così originale, ma non abbiate fretta che ci arriviamo subito.

Contestualizzato nell’ottica mobile, la creatura di Dong Nguyen è effettivamente una botta di genio (o di culo?) pazzesca: un titolo che non pesa nemmeno un mega, che potevate scaricare grattandovi una chiappa alla fermata del tram e disinstallare ancora più velocemente e, cosa più importante, che non porta via più di 10 secondi a partita. Forse addirittura meno, per i meno disposti al duro allenamento. Un’App fondamentalmente del cazzo, che però ben si adatta a quei rari momenti “liberi” che caratterizzano il nostro tram tram quotidiano quali la pausa cesso in ufficio o, per i più giovani, i 5 minuti di stacco tra una versione di latino e un capitolo di storia. Anche perché ammettiamolo, chiunque può giocare a Flappy Bird, basta toccare lo schermo. Saperci giocare davvero è tutta un’altra storia, of course.

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La foto che settimane addietro mi fece andar di traverso una birra…

Ma veniamo alle cose più interessanti. Come ha potuto una app misera misera come questa, con un bannerino pubblicitario tutto tranne che fastidioso e nessun’altra trovata commerciale, a portare nelle tasche del suo creatore qualcosa come 50000 dollari al giorno? 50-mila-dollari, ragazzi, un milione e mezzo di bigliettoni in un mese così, sull’unghia, per un giochino che chiunque capisca un minimo di programmazione riuscirebbe a fare in mezzo pomeriggio. “Perchè non ci hai pensato tu, cretino di un saputello?”. Non avreste nemmeno tutti i torti: peccato che, ad essere pignoli, prima di Dong “sticazzi ai tripla A” Nguyen qualcun altro ci aveva già pensato. E non solo, il giochino l’aveva pure pubblicato.

Il titolo a questo indirizzo si chiama Piou Piou, un’App francese pubblicata nello store di Google nel lontano 2011 il cui protagonista, un pennuto che definire osceno sarebbe riduttivo, doveva districarsi tra spinosi cactus raccogliendo di volta in volta qualche power up. Non saremo certo degli avvocati, ma le similitudini tra i due titoli un po’ si sprecano: quello di Nguyen offrirebbe addirittura meno contenuti dell’originale (della serie, ho pure poca voglia di copiarlo tutto, quindi pigliate questo e non me le sbomballate), surclassandolo però in quanto a incassi e notorietà.

E proprio quest’ultimo aspetto, manco a farlo apposta, rappresenta un altro dei misteri dell’uccello più famoso dei videogiochi (ehm). Flappy Bird nasce mesi e mesi fa, grossomodo intorno all’Aprile 2013 stando alle informazioni reperibili sino a qualche tempo addietro su App Store, prima che l’App venisse rimossa per volontà del proprio creatore. Non so a voi, ma a me risulta difficile capire come un titolo che nemmeno i familiari dello sviluppatore s’erano cagati di striscio per nove mesi, di colpo esploda, rendendo di fatto impossibile vivere senza bestemmiare contro un uccellino che necessita del nostro ditone per far balzelli. Il salto da “giochino del cazzo come milioni di simili” a “titolo imprescindibile che non può mancare nel tuo smartphone” è qualcosa di quasi inedito, tanto è stato fulmineo. Di colpo chiunque giocava con Flappy Bird, perculava sui social network i propri amici – battuti di un solo punto dopo aver consegnato la propria anima allo Dimonio Oscuro – e, vergognoso quanto vero, non c’era pub, birreria o bar malfamato nella periferie di Caracas senza un paio di disadattati chini sul tavolo, telefono in mano e bestemmia incollata alle labbra. Il mondo era caduto nelle mani di un uccellino con seri problemi di mobilità. E, salvo un miracolo, difficilmente ne sarebbe uscito indenne.

Flappy-Birds-MEMEIl miracolo però avvenne quasi ancor più inaspettatamente, quando lo stesso Nguyen decise di rimuovere il proprio capolavoro dall’App Store dichiarandosi incapace di gestire la notorietà e tutti gli stress ad essa annessi. Posto che, personalmente, se avessi un’App che mi frutta 50 mila dollari al giorno non me ne fotterebbe una beatissima mazza di quello che pensa la gente ma, al contrario, provvederei a nuotare nelle monetine ogni mattina e a schiaffeggiare il mio capo con mazzette da 100 dollari, evidentemente ritrovare il proprio nome su praticamente ogni sito specialistico del pianeta deve aver infastidito non poco lo schivo coreano, accusato (tra le varie cose) non solo di un plagio bello e buono (il “prestito” dei tubi di Super Mario non venne nemmeno preso in considerazione, sparare ad uno che caga a quanto pare è maleducazione anche fuori dai nostri confini) ma di aver pilotato le installazioni su smartphone con tonnellate di bot e recensioni false. Pur non essendoci prove concrete, una recensione che afferma (cito testualmente) “questo gioco è autentica merda” e gli sbatte sul grugno 5 stelline, secondo me, qualche dubbio te lo fa anche venire

Poi c’è chi a Flappy Bird ci gioca per farsi pagare da bere dall’amico di turno, sconfitto inaspettatamente e sonoramente quando questo pensava d’avere la vittoria in pugno. Magari questa è pure la storiella autobiografica di un pirla qualsiasi convinto di essere un mostro sacro per aver superato indenne 90 tubi e che una sera al bar scopre che uno della sua compagnia è arrivato addirittura a 197. E quest’ultimo è pure più incazzato di lui, perché ha appena ricevuto un’immagine su Whatsapp dove appare campale la scritta New Best: 244. Quindi sì, alla fine della fiera Flappy Bird mi ha insegnato un paio di cose: che le bestemmie aumentano in modo esponenziale al numero di tubi superati e che, al posto vostro, prima di lanciare scommesse a destra e a manca farei meglio a pensarci due volte.

Voi, al quarto tap...
Voi, al quarto tap…

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