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Digital Soul #4 – Party Hard, Spectra, Discstorm, Extreme Exorcism

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Tra crowdfunding, competizione sempre maggiore e un’utenza in aumento esponenziale, la scelta che ogni giocatore si trova davanti, in particolare durante i periodi “magri”, è ormai “imbarazzante”, nel senso buono del termine: che sia l’ennesimo tripla-A con più marketing che anima, un Early Access all’avanguardia o un moderno “arcade”, come li si chiamava agli albori dei marketplace dell’old-gen, quasi ogni giorno, da qualche parte del mondo, un singolo sviluppatore o un nutrito collettivo sta per premere “Invio”, dando così vita ad una nuova creatura digitale.

È però impossibile dar spazio a qualsiasi gioco, valido o meno, e al di là di qualche testata specializzata, riviste, siti e blog sono spesso costretti a dover sacrificare i pesci piccoli, in favore di ben più voraci squali. Ma non tutto è perduto: abbiamo infatti deciso di dare inizio ad una vera e propria rubrica, per ora a cadenza irregolare, grazie alla quale potremo parlarvi in maniera più sintetica (ma non per questo superficiale) di titoli meno conosciuti, analizzati, giudicati (tranne nel caso di titoli ancora in fase di sviluppo) e racchiusi in un unico articolo.

Nel box in basso potrete scegliere con quale gioco iniziare, oppure cliccare sulle pagine successive per proseguire la lettura.

Party Hard

  • Sviluppatore: Pinokl Games
  • Publisher: tinyBuild
  • Sito ufficiale: http://tinybuild.com/partyhard
  • Piattaforma: PC (Testato), Mac, SteamOS
  • Lingua: Completamente in inglese 

Prendete Hotline Miami e date al protagonista non qualche omicidio da eseguire su commissione, bensì un invito ad feste chiassose e ad alto tasso alcolico, delle vittime ignare e disarmate, e una personalità estremamente (e ulteriormente) disturbata, arricchita da un tocco di antisocialità, e dall’atavico desiderio, forse, di trovare la pace massacrando inermi sconosciuti. Con queste poche righe si rischia però di dare a Party Hard una certa profondità ed un’essenza ben più cupa di quel che gli sviluppatori avrebbero voluto raggiungere, e a dirla tutta, per quanto possa essere strano, aspettatevi un’esperienza ben più “scanzonata” rispetto al cruento capolavoro di Dennaton Games. Il primo lavoro “serio” del team, dopo cloni e clonetti per mobile e Facebook, vede infatti il giocatore impersonare un folle criminale, tristemente conosciuto come “Party Hard Killer”, che merita senza alcuna ombra di dubbio l’appellativo di “guastafeste”: lo scopo della sua apparentemente inutile esistenza è infatti quello di imbucarsi, alle 3 del mattino dell’ennesima notte insonne, nei party più in d’America, e ripulirli da ogni singolo invitato, DJ incluso.

Grafica volutamente retro con visuale dall’alto, (ottima) musica d’accompagnamento, martellante al punto giusto, e un gameplay semplice ed asciutto si lasciano apprezzare in un batter d’occhio: tutto verte attorno all’eliminazione di ogni NPC presente su schermo pugnalandolo o sfruttando in maniera creativa l’ambiente circostante, senza farsi beccare dalla polizia o dalla security, ma soprattutto, senza farsi cogliere in flagranza di reato dagli invitati. Le vittime noteranno infatti ogni cadavere abbandonato per strada e non fatto sparire in bidoni, tombini oppure nel vuoto cosmico, gettati dal tetto di un grattacielo, e tra gli gnorri e, ben più rari, quelli che proveranno a sbarazzarsi direttamente di voi, gran parte dei testimoni avviserà via telefono le forze dell’ordine, segnalando eventuali sospetti visti nei paraggi.

Uccidere qualcuno e restare lì imbambolati vi porterà una bella icona con delle manette sulla testa, ma col tempismo giusto, potrete persino scaricare la colpa su qualche povero passante che voleva solo andare a prendersi una birra in cucina. Al Game Over vi porteranno i buttafuori presenti praticamente ad ogni festa, che potranno però essere aggirati entrando da ingressi laterali, come scantinati o finestre dai vetri rotti, ma sarà ben più difficile sfuggire agli “sbirri”, dai semplici poliziotti di quartiere all’F.B.I., soprattutto per la randomicità del loro comportamento: ci saranno quelli che dopo avervi inseguito per un po’ molleranno la spugna, facendo però bloccare eventuali scorciatoie che vi han visto usare (apparirà un tuttofare che ricorda tremendamente un certo idraulico baffuto), ma di chiamata in chiamata diventeranno sempre più astuti ed imprevedibili. Avranno però vita molto facile: nonostante sia possibile correre per qualche secondo (peccato che la stamina finisca troppo in fretta), sarete sempre una preda più che abbordabile, e la lotta, in particolare dopo una vostra svista a due o tre NPC dalla conclusione, apparirà frustrante e noiosamente impari volta dopo volta (colpa anche di un fastidioso bug riscontrato, che riduce la finestra di gioco dopo ogni Game Over, ndr).

La casualità degli eventi e dei comportamenti riguarda però gli stessi NPC, e la generazione semi-procedurale di oggetti e persino delle stesse trappole utilizzabili dal giocatore renderà ogni partita lievemente differente (per quanto l’assenza degli strumenti di morte più efficaci, come veicoli o bestie, si faccia sentire). Le (future) vittime si addormenteranno nel bel mezzo del party senza seguire un particolare criterio, lasciandovi così la possibilità di spostarle senza destare troppi sospetti in una zona più appartata e di massacrarle indisturbati, oppure si apparteranno per una spomiciata, ma occhio a non lasciare uno dei due piccioncini in vita. Parte del divertimento sta nel concatenare uccisioni, magari eliminando anche possibili testimoni, privandoli del tempo materiale di allertare la polizia, ma nessuno vi impedirà di godere al massimo dell’essenza stealth del titolo, e aspettare pazientemente che il cameriere di turno cambi stanza, o che a qualcuno venga voglia di dormire.

Potrete fare davvero di tutto: avvelenare le bevande, dar fuoco alle cucine, far esplodere amplificatori, dare gas ad una macchina da esposizione e sbarazzarvi in un colpo solo di una ventina di ubriaconi in fila, e pur non brillando per varietà, con una staticità di situazioni che, a conti fatti, inizia a far sentire il suo peso dopo pochissime ore di gioco, il lieve rimescolare le carte in tavola renderà meno fastidioso l’ennesimo tentativo. Peccato per un’IA che a volte “s’impalla” e costringe, soprattutto quando mancano poche vittime e sono ormai esauriti diversivi, trappole e quant’altro, a rischiare di farsi beccare, esasperati, per via di NPC che restano immobili a portata di spifferoni, o che impiegano più del sopportabile per rendersi “disponibili”.

Il divertimento spensierato di Party Hard tende ad esaurirsi in breve (nonostante l’unlock di nuovi personaggi riesca un minimo a cambiare le carte in tavola), e manca di qualsiasi profondità, colpa anche di una narrazione solo abbozzata e azzoppata da un doppiaggio amatoriale che distrugge quel briciolo di atmosfera e suspance creato dal lento e prevedibile svolgersi degli eventi, ma vi basterà dare un’occhiata a qualsiasi video gameplay per apprezzarne l’essenza delirante e dissacrante (UFO e duelli tra cavalieri e poliziotti inclusi), perfetta per Twitch e YouTube.

Voto: 6,5/10

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Spectra

  • Sviluppatore: Gateway Interactive
  • Publisher: Mastertronic
  • Sito ufficiale: http://spectragame.info/
  • Piattaforma: PC (Testato), Xbox One, Windows Phone
  • Lingua: Completamente in inglese 

Non sono pochi i casi di sviluppatori indipendenti che, non potendo contare su comparti tecnici stellari o su compositori da Oscar, preferiscono investire qualcosina in più sulla colonna sonora dei propri titoli, magari scommettendo su un giovane ma promettente musicista, e valorizzare così al massimo uno stile artistico povero dal punto di vista tecnico, ma ricco in fatto di estro e fantasia, creando un mix audio/video memorabile. Quando però l’unica cosa che si salva di un gioco è il reparto sonoro, allora c’è qualcosa che non va, e purtroppo per Spectra, rientra in questa per nulla invidiabile categoria: stiamo parlando di un un racing game retro-futuristico caratterizzato da una grafica spartana e di ispirazione tron-iana, soprattutto per quanto concerne l’estetica della pista stessa, nel quale si deve arrivare alla finish line ancora in vita, evitando di cadere nello spazio profondo, cercando di recuperare quanti più punti sotto forma di cubetti dorati e schivando ostacoli posizionati in punti via via più insidiosi.

La struttura dei circuiti è generata proceduralmente e segue ritmicamente la, come detto, splendida colonna sonora ad opera della bravissima Chipzel, artista chiptune londinese (qui potete ascoltare il suo fantastico lavoro), ma ci si chiede come sia venuto in mente al giovanissimo team Gateway Interactive, palesemente alle prime armi, di offrire un totale di soli 10 livelli, per altro tutti uguali tra loro dal punto di vista estetico e del gameplay, giocabili nelle sole modalità Normal e Hardcore, soprattutto alla luce della natura “procedurale” degli stessi? Il gioco funziona e diverte per i primi 10/15 minuti, ma poi ci si ritrova divorati dalla monocromia e -tonia, con piste che si limitano ad alternare in maniera differente curve, bivi e rettilinei, numero degli ostacoli che tende ad aumentare, senza però rappresentare mai un reale pericolo, senza mai offrire chissà quale brivido.

Ed è il tasso di sfida prossimo allo zero il problema principale: schiantarsi contro un ostacolo raramente porterà al Game Over, in quanto si limiterà a ridurre il punteggio, unica forma di “competitività” presente (l’immancabile sistema di classifiche che rappresenta sempre più spesso una pigra alternativa ad un vero multiplayer), mentre, fattore ancor più incomprensibile, basterà superare una soglia bassissima di punti per sbloccare il livello successivo, ed avanzare passivamente nel brevissimo e monotono viaggio della nostra navicella. Zero stimoli a cercare di perfezionare la propria partita, zero varianti, zero guizzi, nulla di nulla. E allora tanto vale comprarsi la colonna sonora e ringraziare i ragazzi di Gateway Interactive per averci fatto scoprire Chipzel, nella speranza che con il prossimo opus cambino decisamente marcia.

Voto: 4,5/10

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Discstorm

  • Sviluppatore: XMPT Games
  • Publisher: Mastertronic
  • Sito ufficiale: http://www.discstorm.co.uk/
  • Piattaforma: PC (Testato), Mac, SteamOS
  • Lingua: Testi in italiano 

Ad una rapida occhiata, i 10 euro richiesti dagli sviluppatori di Discstorm sembrano decisamente troppi. Art design del nutrito parco protagonisti (gettati nella mischia senza un criterio preciso, né una storia effettiva da seguire) di qualità infima, comparto tecnico “volutamente low-fi, perché non possiamo permetterci altro”, e frisbee che rimbalzano da un punto all’altro dei minuscoli livelli. Basta poco però per ambientarsi con i controlli, forse non così scattanti in un gioco in cui, teoricamente, sarebbero necessari riflessi e precisione chirurgica, e darsi ad una esilarante e coinvolgente “tempesta di dischi”. Il single player da usare come riscaldamento è d’obbligo: si sceglie uno dei personaggi, optando tra i vari costumi presenti, e si inizia ad affrontare orde di mob in mondi di gioco scanditi da turni che vedono alternarsi normali nemici e tre boss via via più ardui, da abbattere a suon di dischi che schizzano come schegge impazzite verso ogni direzione.

Il termine dell’orda in corso, così come la salute del protagonista (al termine della quale si tornerà al checkpoint, posizionato tra un turno e l’altro, così come scrigni contenenti cuori per ripristinare la vita ed altro ancora), verranno segnalati da apposite barre presenti nello scarno HUD, quasi per prepararsi psicologicamente all’arrivo del tremendo boss di turno che, alla luce della ripetitività del parco nemici, rimpinguato di tanto in tanto con qualche sporadica new entry (nonostante il diametrale cambio di atmosfere veda comunque un pigro e scriteriato riciclo degli stessi nemici), sarà di volta in volta una vera boccata d’aria, protagonisti come sono di scontri che si riveleranno essere le sfide più intriganti e stimolanti dell’intera esperienza, richiedendo di volta in volta strategie e “scenografie” belliche a tratti davvero intriganti.

Il tasso di difficoltà, non sempre bilanciato, rischia però di rovinare le sessioni di Discstorm, che stimola il giocatore a non sprecare i tiri (dato che può tirare tre fresbee per volta, e dovrà recuperarli sul campo o al volo – tramite il tasto X sul consigliatissimo pad 360 – , oppure avanzare a suon di colpi corpo a corpo una volta rimasto a mani vuote), ma al contempo gli pone davanti nemici troppo rapidi, troppo letali, e nessun modo per difendersi a dovere, al di là di un semplice e non sempre infallibile scatto. Fantasmi, sirene, golem, verranno preceduti da scheletri che tenderanno a tornare in vita, a velocissimi simil-ninja, a mob che ricordano la creatura di frankensteiniana memoria, o a topastri che potranno soltanto essere schivati ed indirizzati verso trappole piovute dal cielo, ma per quanto divertente, anche quando si riescono a massacrare gruppi di nemici con rimbalzi imprevisti (o calcolati, neanche fosse una partita di biliardo), il tutto tende ad appesantirsi ed appiattirsi nel giro di qualche livello.

Nel multiplayer, l’altra anima di Discstorm, dite pure addio a qualsiasi tipo di strategia escogitata nel single player: è il delirio cosmico, è il “chi tira prima, meglio alloggia”, in playlist dove sia in fatto di modalità che di livelli (dei quali apprezzerete sempre più il design, seppure molto scarno) la casualità regnerà sovrana, e il vincitore, che verrà decretato dopo 3 round conquistati, raramente si accorgerà di aver trionfato sugli altri. Le differenze tra una modalità e l’altra sono lievi, da quella in cui solo il possessore della corona può arrecare danni ai nemici, a quella in cui chi indosserà i panni del mietitore potrà uccidere in un solo colpo gli altri 3 giocatori, comandati dalla spietata CPU, o da amici in carne ed ossa. Tra bombe da passare come una patata bollente, punteggi da raggiungere, ed altro ancora, sulla carta è tutto molto bello, ma la rapidità con la quale si finisce sempre sulle stesse tipologie di match, unite ad una frenesia spesso pericolosamente tendente al caos, anche il multiplayer esaurisce troppo in fretta i suoi buoni propositi.

Il pescare a piene mani dalla vecchia scuola, tanto nell’estetica quanto nella semplicità ed immediatezza del gameplay, è sicuramente un punto a favore per Discstorm. Le buonissime idee ci sono, soprattutto per quanto riguarda le intriganti boss-fight, ma qualche incertezza qua e là, oltre ad una confusione generale, non permettono al gioco di XMPT Games di brillare. Dopo questa prova, però, terremo sicuramente d’occhio le loro produzioni future.

Voto: 6/10

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Extreme Exorcism

Di storie di fantasmi ne abbiamo sentite a bizeffe, ma raramente li abbiamo visti prendersi gioco in maniera così subdola e crudele dei propri cacciatori: le prede in questo interessantissimo Extreme Exorcism baseranno infatti la loro breve (non-)esistenza sull’imitare ogni nostra singola mossa compiuta per ucciderli, sfruttando persino la stessa arma e gli stessi proiettili, che scavalcheranno lo spazio-tempo pur di complicarci la vita. È una meccanica semplice, alla lunga un pizzico ripetitiva, ma perfettamente in grado di sprigionare tutta la sua genialità in men che non si dica. Nei panni di quattro cacciatori dovremo ripulire le 10 aree di una casa infestata (dal cimitero all’attico, passando per cucina, biblioteca e scantinato), divise in singoli livelli (cinque) a schermata fissa, dalle dimensioni contenute, ma ricchi di piattaforme e variabili.

Al loro interno, dovremo resistere il maggior numero di round, eliminando un numero crescente di nemici: ogni kill porterà infatti con sé un nuovo fantasma che replicherà gli stessi identici movimenti compiuti dal giocatore, incluso, come detto, l’attacco eseguito per polverizzare lo spirito precedente. La genialità sta nel dover quindi affrontare non una semplice I.A., ma una proiezione della propria intelligenza, in un paradosso tremendamente frenetico e divertente che ci vedrà schivare i nostri stessi colpi, memorizzare ogni singola mossa, e persino tentare di studiare a tavolino una strategia per semplificarsi la vita, in un progressivo ed organico aumento della difficoltà, ma anche della confusione. Basterà uccidere il “re fantasma”, contraddistinto da una corona, la cui morte decreterà la fine del round ed attribuirà un numero maggiore di punti, necessari per sbloccare aree e livelli successivi, ma i suoi “sottoposti” non saranno meno innocui.

Dal vasto arsenale a disposizione potremo equipaggiare ben tre armi per volta, le quali spareranno in simultanea, giusto per complicare le cose, sbloccandone di nuove e sempre più letali uccisione dopo uccisione: spade, proiettili che rimbalzano, fulmini, granate, asce, missili, e persino arpioni, utilissimi per arrampicarsi e muoversi nei livelli dal design sempre più complesso e arzigogolato. Superfici che rallentano il giocatore, altre che favoriscono invece il movimento, piattaforme in continuo movimento o persino cambiamento, ponendo barriere fisiche e compromettendo qualsivoglia strategia o memorizzazione. Il tutto, neanche a dirlo, diventa quindi una proverbiale arma a doppio taglio, e una precisa smitragliata in un round rischierà di rivelarsi letale tre o quattro round dopo, in un sadico meccanismo via via più schizzato e turbolento, e che paradossalmente inizierà a perdere colpi proprio nel momento in cui il giocatore, liberissimo di farlo, deciderà di piegarlo al proprio volere, così come quando deciderà di optare per approcci più scriteriati, in quanto sparare random sarà sempre e comunque controproducente.

Una volta ripulite le aree della magione, l’unico obiettivo e stimolo in un’esperienza fortemente votata all’arcade più puro e spensierato, ci sono ben 50 sfide ad attendere il giocatore, progressivamente più infingarde, le cui richieste saranno sempre più disparate e difficili da soddisfare, così da mettere ad ancor più dura prova i giocatori che tendono ad annoiarsi senza un vero obiettivo da seguire (per quanto le ragionevoli meccaniche di unlock propongano un grado di sfida ben bilanciato), chiedendogli di eliminare il solo re con questa o quell’arma, o con un solo colpo in canna, oppure di non farsi sfiorare dai nemici, con somma soddisfazione dell’animo più sadico dei talentuosi ragazzi di Golden Ruby Games. Ma non è finita qui! C’è anche una ricca modalità deathmatch, strapiena di tipologie di match nei quali sfidare 3 amici, ma solo ed esclusivamente in locale, una scelta di towerfall-iana e sempre più incomprensibile memoria, ma che volente o nolente, applica la tremenda meccanica della clonazione di fantasmi in un contesto ancor più denso: pensate a 4 schizzati che si riempiono di mazzate, e alle tonnellate di spiriti che sbucheranno fuori ad ogni (frequentissima) morte. La confusione regna sovrana, ma è quello il bello, no? Kudos anche per il comparto artistico niente male, tra lugubri brani dal sapore retro e una grafica spartana, arricchita però da tocchi artistici e malsani che donano atmosfera al tutto. Peccato per le bande nere ai lati, e per alcune ingenuità frutto dell’inesperienza, soprattutto in fatto di user experience, su tutti, la necessità di dover tornare al menù di selezione dei livelli dopo un Game Over (non esiste una semplicissima funzione “Riprova”!)

Una vera sorpresa questo Extreme Exorcism: meccaniche semplicemente geniali, ricchissimo di contenuti, e nonostante i pochi stimoli della campagna in singolo, ci pensano le sfide a continuare ad intrattenere i giocatori, che potranno trasformare i loro salotti, grazie al divertente multiplayer, in diabolici campi di battaglia a base di fantasmi.

Voto: 8/10

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