Valkyria Revolution – Recensione

Valkyria Chronicles è la celebre serie di giochi di ruolo strategici targata SEGA. Dopo i tre capitoli principali della saga nati su console Sony, la serie è rimasta ferma dal 2011 non proponendo più dei nuovi titoli ma presentando solamente un buon remaster del primissimo Valkyria Chronicles, disponibile sia su PS4 che su Steam. Fra alti e bassi, la serie purtroppo non ha avuto molta fortuna sul suolo europeo, incassando un clamoroso flop di vendite con Valkyria Chronicles I e II e, al contrario, un buon successo con il remaster di Valkyria Chronicles. Senza dimenticare la cocente delusione della mancata pubblicazione dell’ottimo Valkyria Chronicles III che ha provocato un grande dispiacere ai fan più accaniti che lo attendevano. Dopo tanto silenzio, Valkyria Chronicles torna oggi sotto forma di spin off, una nuova avventura intitolata Valkyria Revolution sbarca in occidente cercando di risollevare le sorti del brand reinventandolo in una nuova formula tutta da scoprire.

Nei panni del silenzioso e misterioso eroe Amleth inizia la nostra avventura nel piccolo regno di Jutland situato in un’immaginaria Europa dominata dal temibile impero Ruzi. In un universo alternativo e quindi slegato da quello di Valkyria Chronicles, Amleth scatena una guerra contro il Ruzi con lo scopo principale di ritrovare la madre adottiva Maria misteriosamente rapita anni prima da tale impero. Questi fatti del passato ci vengono narrati da Richelle, una professoressa di storia che racconta al suo alunno di Amleth e dei suoi compagni che vennero additati come i cinque traditori della patria, ovvero, come coloro che provocarono volontariamente una sanguinosa guerra.

Amleth è il capitano di una squadra anti-Valkyria denominata Vanargand, un gruppo di militari appositamente addestrati per fronteggiare le Valkyrie attraverso l’uso della ragnite, un minerale speciale usato nell’industria bellica e non. La Valkyria è un’arma umana posseduta dall’impero Ruzi e con cui Amleth si ritrova a combattere più volte contro, una delle situazioni che vedremo ripetute più volte diventando presto noiosa.

Valkyria Revolution è ambientato in un universo alternativo: Selvaria e gli altri personaggi di Valkyria Chronicles non sono quindi mai esistiti

Abbandonata la componente strategica dei capitoli principali di Valkyria Chronicles, questo spin off adotta delle meccaniche tipiche del genere musou condite da qualche elemento che ricorda i giochi di ruolo. Amleth si ritrova ad affrontare in arene aperte tantissimi nemici e macchinari tutti uguali, nel mentre, i compagni di gruppo gli offrono supporto con cure o attaccando a loro volta gli avversari. L’intelligenza artificiale degli alleati e non è però scadente, rendendo così l’esperienza di gioco frustrante e ripetitiva nel giro di poco, non offrendo alcun tipo di sfida. Ogni livello è infatti facilmente superabile agitando la propria spada qua e là, e le truppe nemiche vengono massacrate senza che esse oppongano resistenza. Inoltre, la frenesia dei combattimenti è interrotta continuamente dal menù delle mosse speciali, per far eseguire degli attacchi un po’ più potenti o far usare il fucile ai propri guerrieri bisogna infatti aprire un’apposita finestra e selezionare ciò che si vuole fare, un’idea veramente pessima.

Tipicamente, una missione richiede di conquistare delle basi nemiche uccidendo chiunque si trovi sul proprio cammino. L’azione è in terza persona e si può interagire con l’ambiente 3D circostante nascondendosi tra l’erba o dietro a una barricata, azioni semplicissime che però servono a ben poco, in quanto attaccare a testa bassa è sempre e comunque la strategia vincente e veloce per concludere ogni mappa. Tenendo conto che una volta eliminate metà delle truppe presenti sulla mappa, l’altra metà viene automaticamente afflitta da un malus chiamato “paura” rimanendo paralizzati e inermi nel bel mezzo del campo di battaglia, vincere è sempre molto facile. Per avere un po’ più di varietà durante le lotte è possibile cambiare personaggio in qualsiasi momento ma la scelta è molto limitata, essendoci solamente quattro tipi di unità, alcune delle quali sono così simili alle altre da appiattire ulteriormente l’esperienza di gioco. Abbiamo quindi ad esempio i sapper che si occupano delle cure, i shieldbearer altamente difensivi, gli agili scout da ricognizione e, infine, i shocktrooper che hanno statistiche bilanciate di attacco e difesa. Le classi sono estremamente classiche e mancano di varietà.

Il problema della caratterizzazione delle truppe non riguarda però solo la sfera strategica ma anche quella del character design. I personaggi seguono tutti degli stereotipi già visti: l’eroe bello e tenebroso, la principessa ingenua ma coraggiosa, la sexy spia, il nobile snob e così via. Durante il corso della trama non esiste neanche un’evoluzione delle loro personalità, le quali rimangono statiche e prive di originalità.

Le ambientazioni di Valkyria Revolution sono gradevoli ma non graficamente all’altezza delle console di nuova generazione

Anche graficamente il cast è rappresentato in maniera blanda. Media Vision ha creato appositamente per Valkyria Revolution il GOUACHE graphic engine per far sembrare i paesaggi del gioco come dei dipinti: l’effetto finale è ben riuscito nelle ambientazioni ma non sui personaggi che, al contrario, appaiono come se fossero dei bambolotti inespressivi. Nelle scene più intense è così difficile leggere sui volti la rabbia o la gioia, un problema dovuto anche alla povertà delle animazioni del gioco. Fortunatamente, almeno il comparto sonoro riesce a far emozionare grazie al sapiente lavoro di Yasunori Mitsuda il famoso compositore delle leggendarie OST di Chrono Cross e Xenogears solo per citare alcuni dei suoi lavori più di spicco. Pregevole anche il doppiaggio, disponibile sia in lingua giapponese che inglese, e la canzone Eternal Rest cantata da Sarah Àlainn.

Conclusioni

Rispetto alla serie principale, Valkyria: Revolution è purtroppo un’occasione sprecata in tutto e per tutto.

Partendo dal cast, Amleth e i suoi compagni di squadra ricalcano stereotipi fin troppo visti cadendo presto nel banale, ma la delusione più grande è data dal sistema di combattimento, rimasto orfano del fattore strategico caratteristico dei titoli firmati Valkyria Chronicles, ora rimpiazzato da delle ripetitive battaglie in stile musou gestite da un’intelligenza artificiale pessima.Al contrario, in mezzo a tanta mediocrità, la componente sonora e quella narrativa risultano ottime. L’idea di scoprire la storia attraverso un racconto della professoressa Richelle è originale e ogni situazione è musicalmente resa bene grazie al sapiente lavoro di Yasunori Mitsuda. Tra alti e (tanti) bassi, il lavoro del team di sviluppo Media Vision risulta così poco riuscito e consigliabile solo ai fan sfegatati della serie che sappiano accettare Valkyria: Revolution e i suoi tanti difetti.

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