The Dark Pictures Anthology: The Devil In Me – Recensione

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Benvenuti nell'hotel che nessuno vorrebbe visitare

The Dark Pictures Anthology: The Devil In Me – Recensione
The Devil In Me

Una troupe televisiva esperta di documentari che ricostruiscono il passato dei serial killer riceve una misteriosa chiamata che li invita a soggiornare in una replica del Murder Hotel di H.H. Holmes, il primo omicida seriale della storia degli Stati Uniti. In questa conclusione della prima stagione di The Dark Pictures Anthology accompagneremo Charlie, Kate, Mark, Erin e Jamie nella loro fuga dall’incubo, alle prese con uno spietato assassino pronto a rievocare gli eventi del passato.

Data di Uscita:Genere:PEGI:Sviluppatore:Editore:Versione Testata:

The Dark Pictures Anthology: The Devil In Me (che potete prenotare su GameStop.it con questo link) rappresenta un importante spiraglio nel mondo del videogioco, più di quanto si possa immaginare in questo periodo fatto di sensazionalismi quotidiani e venerazione dei titoli AAA. L’opera di Supermassive Games, che ha trovato la sua definitiva forma nel 2015 con Until Dawn, rappresenta infatti un punto di approdo per tanti giocatori poco inclini all’azione, ma desiderosi di vivere appassionanti avventure sui propri sistemi di gioco.

Il successo dell’esclusiva PlayStation 4 ha riportato in auge il genere delle storie interattive, stimolando la conversazione in merito all’introduzione di nuove meccaniche e interfacce per il gioco multiplayer. L’esperienza maturata ha portato il team a cercare nuove fortune all’esterno, siglando un accordo con Bandai Namco per realizzare una serie di titoli che potessero replicare il successo che Until Dawn riscosse in quella fetta di giocatori che prediligono le esperienze accessibili e orientate alla narrazione.

Dopo i primi tre capitoli di The Dark Pictures Anthology, che non hanno fatto particolarmente breccia nella critica ma hanno comunque riscosso un buon risultato tra i pubblico, è arrivato il momento per Supermassive Games di chiudere il cerchio con un esplosivo finale di stagione, provando a realizzare un prodotto che possa finalmente offrire un’esperienza soddisfacente sotto tutti i punti di vista.

The Devil In Me

Il fascino di questa serie è da ritrovare principalmente nella capacità del team di costruire storie basandosi su elementi della realtà, pescando tra fatti realmente accaduti per creare mondi credibili, in cui inserire influenze e citazioni dai grandi classici della narrativa e del cinema come Shining e Saw: L’enigmista. La fonte di ispirazione per The Devil In Me è la vita di Henry Howard Holmes, il primo serial killer della storia degli Stati Uniti che furoreggiò verso la fine del 1800. Egli fu capace di creare un vero e proprio Hotel degli orrori, in cui accoglieva i suoi ospiti con il volto di un rassicurante proprietario, per poi ucciderli grazie a dei complicati sistemi di mura semoventi e trappole. E ne scopriamo il potenziale omicida nell’affascinante prologo ambientato nel 1893, che funge anche da tutorial.

La fonte di ispirazione per The Devil In Me è la vita di Henry Howard Holmes, il primo serial killer della storia degli Stati Uniti.

In The Devil In Me seguiremo le vicende di una troupe televisiva impegnata nella realizzazione di un documentario incentrato proprio su H.H. Holmes, alle prese con le difficoltà di una produzione dal successo discutibile e in continua emorragia di spettatori e fondi. Con la telefonata di un misterioso milionario di nome Grantham Du’Met viene però fornita loro un’insperata ancora di salvezza: a quanto pare esiste una riproduzione fedele dell’hotel degli orrori, al cui interno è possibile perfino trovare reperti autentici dell’epoca. Un’occasione da non farsi scappare per rimettere in carreggiata lo show, che li porterà ad accettare il frettoloso e sospetto invito del filantropo.

The Devil In Me

Da qui in avanti si entra nel vivo del gioco, una vera e propria avventura in cui di volta in volta prenderemo il controllo di uno dei 5 protagonisti, in primo luogo per far conoscenza delle loro personalità ed eventuali skill specifiche e successivamente per portare avanti la narrazione nel tentativo di mantenere il gruppo integro fino alle fasi finali della storia. Gli appassionati della serie sanno bene cosa li attende, per tutti gli altri è sufficiente raccontare The Devil In Me come una sorta di “horror interattivo” in cui al giocatore viene richiesto di interagire effettuando delle scelte nei dialoghi a selezione multipla o rispondendo velocemente a dei quick time event, con l’aggiunta di fasi esplorative 3D dai controlli molto semplici in cui ci capiterà (un’aggiunta rispetto ai titoli precedenti) di eseguire azioni come l’arrampicata e il superamento degli ostacoli, così come la risoluzione di piccoli enigmi.

Ogni nostra scelta potrà influire in modo sottile o determinante sugli eventi.

Questa progressione all’apparenza semplice è in realtà ricca di sfaccettature, in quanto ogni nostra scelta potrà influire in modo sottile o determinante sugli eventi, modificando le relazioni tra i personaggi o determinando in modo palese vita o morte dei protagonisti. Il ramificato sistema di gestione del gioco terrà traccia di ogni cambiamento e momento cruciale, segnalandoci le “sliding doors” più importanti con un effetto a schermo molto evidente, che ci permetterà di tenerne traccia e assumere posizioni differenti nelle partite successive.

The Devil In Me

Titoli come The Devil In Me non spingono troppo sul lato gameplay, decisamente minimale, perché puntano tutto sull’esperienza narrativa fatta di terrore e bivi, inscenando storie tipiche dei film che tengono col fiato sospeso dall’inizio alla fine, mantenendo lo spettatore incollato allo schermo grazie alle tante situazioni difficili in cui incorrono i protagonisti. A livello puramente scenografico, questa produzione di Supermassive Games coglie nel segno grazie a una riproduzione degli ambienti di livello eccezionale e un sapiente uso di luce e inquadrature, che contribuiscono a creare la giusta atmosfera e offrono un’adeguata dose di realismo. Ogni tanto le figure umane sfiorano l’effetto uncanny valley a causa dei loro occhi, quando troppo lucidi o quando un po’ privi di vita, e di alcune espressioni rigide, ma nel complesso il lavoro di attori e animatori è davvero di buon livello.

A livello puramente scenografico, questa produzione di Supermassive Games coglie nel segno.

Per quel che concerne storia e ritmo invece, si nota un po’ di diluizione, soprattutto nelle fasi iniziali, che porterà chi ha familiarità con il genere thriller/horror a vivere diversi momenti con poco trasporto. The Devil In Me infatti offre il suo meglio quando coinvolge tutto il cast nelle situazioni più critiche (gli attimi finali sono davvero emozionanti) e invece va a perdere un po’ quando segue i singoli personaggi, tra sprazzi di prevedibilità e conseguenze a breve termine non sempre così rilevanti. Anche per questo la perdita di uno o più protagonisti rischia di rendere meno interessante il prosieguo della partita in corso, quindi ogni mossa va pesata a dovere.

The Devil In Me

The Devil In Me trova la sua massima espressione nel gioco in compagnia: che si tratti di avere semplicemente a fianco uno spettatore al solo scopo di seguire insieme gli eventi della trama o si voglia sfruttare le modalità multiplayer offerte, la collaborazione e la partecipazione condivisa permettono di cogliere sfumature e dettagli sfuggenti, aggiungendo la tensione derivante dalla responsabilità delle proprie azioni. In generale è il sistema di scelte e ramificazioni a tenere in piedi la storia, non originalissima e ricca di situazioni in cui bisogna scendere a patti con la sospensione dell’incredulità perché la si possa apprezzare a dovere, trovandosi spesso a riflettere con maggiore trasporto sui “se” e sui “ma” in merito a quanto fatto in passato piuttosto che prestare attenzione agli eventi che ci attendono più avanti.

È il sistema di scelte e ramificazioni a tenere in piedi una storia non originalissima.

The Devil In Me non è un gioco che si possa definire difficile o complesso, specialmente per chi ha dimestichezza con i controller, ma può essere brutale quando meno ce lo si aspetta, eliminando uno o più componenti del cast senza che inizialmente ci sia chiaro quale sia il nostro errore o proponendo all’improvviso sfide di abilità in lunghe sequenze. Per fortuna ogni partita offre l’accesso a un selettore dei capitoli con cui rimediare ai propri errori, soluzione che può permetterci di cambiare, con una singola scelta, un finale triste in un lieto fine in cui tutto il cast riesce a sopravvivere.

Conclusioni

La chiusura della prima stagione di The Dark Pictures Anthology offre una visione completa ed esaustiva in merito al potenziale che la serie vuole e può esprimere. The Devil in Me non è un titolo in grado di brillare per un gameplay innovativo o capace di raccontare una storia sfaccettata ed entusiasmante, ma offre tutto quello che un appassionato del genere può cercare. I personaggi sono variegati, le interazioni tra loro interessanti e l’inarrestabile assassino offre dei momenti di tensione davvero palpabile.

Certo considerata la linearità con cui si dipanano gli eventi si poteva provare a inserire maggiore conflittualità nel cast, portando a divergenze più nette e un maggior numero di situazioni in cui percepire il peso delle scelte dei singoli, ma tutto sommato l’esperienza finale risulta apprezzabile. Ora però per Supermassive Games è arrivato il momento di mettersi in discussione e provare a evolvere il suo format, prima che anche i giocatori più fedeli possano iniziare a percepire una certa stanchezza di fondo.

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Good

  • Atmosfera affascinante
  • Buona interpretazione degli attori
  • Offre momenti di tensione palpabile

Bad

  • Storia un po' prevedibile
  • Svolgimento degli eventi lineare
  • Richiede di abbandonarsi alla sospensione dell'incredulità
7.5

Niente male

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