San Francisco – “Per godere al meglio di Stifled, ti consiglio un paio di buone cuffie con un microfono valido. Il gioco è compatibile con tutti gli headset, ma migliore è la qualità del tuo hardware, migliore è la tua esperienza“. Ha esordito così Justin NG, designer di GATTAI Games, introducendoci uno degli horror indipendenti più insoliti, curiosi e a tratti sorprendentemente agghiacciante di questa GDC 2017. Stifled, un titolo di cui sicuramente in pochissimi avranno sentito parlare, previsto auspicabilmente entro al fine dell’anno su PC, PS4 e Xbox One, con pieno supporto ai principali visori di realtà virtuale attualmente disponibili sul mercato (PS VR, Vive e Oculus).
La chiave di lettura di Stifled, ed è proprio qui che risiede la sua piccola ma geniale intuizione, è nell’utilizzo del microfono come parte attiva del gameplay: salvo alcune sezioni illuminate, dove il titolo mostra un comparto tecnologico interessante e una modellazione degli ambienti positiva, seppur con limitata interazione col giocatore, il titolo si svolge quasi totalmente al buio. Buio non significa oscurità: significa buio pesto, schermo nero. L’unica maniera che abbiamo per “identificare” la struttura del livello, e conseguentemente muoverci lungo il percorso corretto, è fare rumore: il rumore dei nostri passi, ad esempio, in base al materiale del pavimento produce un’eco più o meno marcata. Se camminiamo su una passerella metallica, ad esempio, l’onda sonora prodotta ci permetterà di delineare i contorni dell’intera scena in modo più evidente, per un periodo di tempo più lungo; camminando sull’acqua o sull’erba, invece, l’onda risulta più fievole e, proprio per questo, meno incisiva nel delineare i suddetti bordi. Dovessimo trovarci in quest’ultima situazione, di norma la più frequente, avremo altre possibilità di effettuare una scansione sonora della location: raccogliendo oggetti dal suolo e lanciarli avanti a noi, sperando producano sufficiente rumore e “illuminino” lo scenario per una manciata di secondi, o premere il trigger destro del pad per far emettere dei suoni al nostro alter ego: maggiore la durata della pressione, maggiore il “volume” del suono da noi prodotto. Beh, direte voi, tanto vale urlare come matti per avere una visione nitida dell’ambiente e via, verso la salvezza. Ebbene, non ci siamo proprio.
Nell’intensa demo che abbiamo provato durante la GDC 2017, presumibilmente l’incipit del gioco, abbiamo potuto tastare da vicino la bontà di questa idea, divertendoci (e pure facendocela sotto un paio di volte) con questa insolita variazione sul tema dell’esplorazione nell’oscurità e avendo modo di incontrare da vicino in un paio di occasioni la famigerata bambola assassina. Abbiamo imparato a muoverci accucciati e lentamente, minimizzando il rumore da noi prodotto quando quest’ultima era vicina, ma anche a distrarre la sua attenzione (scagliando un sasso in fondo ad un vicolo cieco) per aggirarla alla velocità della luce e chiuderci la porta alle spalle, rimaste attaccate al resto del corpo per questione di centimetri.
Impressioni dalla GDC 17
Stifled, nel corso della breve prova che ci ha visti protagonisti, ha assolto pienamente la propria missione: ci ha divertito, intrattenendoci per una ventina di minuti con il fiato sospeso e, in un paio di occasioni, facendoci gridare qualcosa che qui è meglio non trascrivere, ma che ci è costato parecchio caro in-game. L’idea di GATTAI Games di rendere preponderante la componente sonora rispetto a quella visiva è indubbiamente interessante e, pad alla mano, dannatamente accattivante. Ci si ritrova davvero dentro lo schermo (non osiamo immaginare cosa accada con un headset infilato sul cranio), col fiato sospeso e le labbra sigillate nel tentativo di non emettere il minimo suono. Gli amanti del terrore e del survival farebbero bene ad appuntarsi il nome di Stifled da qualche parte, nell’attesa della pubblicazione su PC e console. Ne vedrete, e sentirete, delle belle.