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Split Fiction – Recensione

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Meglio di It Takes Two?

Non è facile analizzare Split Fiction senza entrare troppo nel merito e, per forza di cose, rovinare la sorpresa, anticipare qualcosa che andrebbe scoperto in prima persona, svelare un dettaglio che può smorzare un colpo di scena o un cambio, l’ennesimo, delle meccaniche ludiche in essere.

Split Fiction, per descriverlo in breve, è un action in terza persona fruibile esclusivamente giocando in due, sia in locale, che pescando il proprio compagno nella rete. Ancora prima che un gioco, è costante sorpresa, puntuale meraviglia, ciclica rivoluzione. Più nello specifico è l’ennesimo tassello nel curriculum di Hazelight Studios, più recente materializzazione di un manifesto artistico originatosi nel 2018 con A Way Out, perfezionatosi nel 2021 con lo strepitoso It Takes Two, confermatosi ulteriormente con il titolo qui preso in esame. A conti fatti, questa l’unica nota dolente di questa recensione, non possiamo propriamente parlare di un’ulteriore evoluzione del concept che ha reso tanto acclamate le creature del team svedese. Ci sono alcune sbavature, piccole imprecisioni che mortificano, pur superficialmente, quello che è un progetto sicuramente più ambizioso e dal respiro più ampio rispetto al predecessore spirituale.

La sensazione globale è quella di un gioco che fa meglio di It Takes Two in alcuni ambiti, ma mostra il fianco più facilmente in altri, con il risultato che Split Fiction, che potete acquistare a questo link, sa essere sicuramente più stupefacente e a tratti persino soverchiante per la quantità di idee messe in campo, ma al tempo stesso meno a fuoco, meno ispirato.

Un gioco nel gioco è anche quello di scovare le varie fonti d’ispirazione usate da Hazelight Studios per i livelli di Split Fiction

Laddove in A Way Out e in It Takes Two appassionarsi all’avventura era un processo veicolato anche dall’immedesimazione e nel provare empatia verso i personaggi, in Split Fiction la dinamica è inaspettatamente controversa. Mio e Zoe, difatti, non attivano un conflitto efficace quanto le precedenti coppie di protagonisti. Brothers: A Tale of Two Sons, per tirare in ballo anche l’altro gioco diretto da Josef Fares, capoccia di Hazelight Studios, inscenava una battaglia contro il tempo e la morte stessa. Vincent e Leo erano in lotta con il sistema. Cody e May accettavano progressivamente il loro rapporto simbiotico, riscoprendosi a poco a poco compagni, amici, amanti. La collaborazione, insomma, sottendeva qualcosa di grave, assoluto, per certi versi mortale.

Ecco perché le premesse che giustificano il legame tra Mio e Zoe appare sostanzialmente costruito, fortuito, pretestuoso. Non che le due giovani non rischino qualcosa, beninteso. Raggirate con la promessa di un contratto per pubblicare i loro libri, si ritroveranno prigioniere all’interno di un software che ricrea i loro mondi di fantasia, fusi insieme per un caso assolutamente imprevisto. Fuggire è l’unica via, sentiero percorribile solo inseguendo un glitch nei mondi virtuali generati dall’intelligenza artificiale, come fosse una scia di molliche di pane per uscire dal bosco.

Scorbutica e sospettosa la prima, ingenua e invadente l’altra, Mio e Zoe scopriranno strada facendo che sono molto più le cose che le uniscono, di quelle che le dividono, nonostante la prima scriva per lo più fantascienza e l’altra fantasy. Il rapporto tra le due si crea a poco a poco, eppure sembra quanto mai situazionale, costretto unicamente dagli eventi. Negli altri giochi di Fares c’era molta più coerenza, coinvolgimento, partecipazione dei diretti protagonisti. In Split Fiction si corre a perdifiato da un glitch all’altro, con momenti fin troppo telefonati in cui le due si aprono l’un l’altra per mostrare parti sempre più intime di loro stesse. Non che ci si annoi, beninteso, ma Mio e Zoe sono meno carismatiche e sfaccettate degli altri protagonisti di Hazelight Studios.

Split Fiction vi riempirà completamente il cervello, inondandolo con una serie sbalorditiva di piccole e grandi sessioni ognuna dotata di regole ben specifiche

Anche sul fronte prettamente artistico il gioco vive di qualche basso. Rispetto ai precedenti lavori del team, manca un po’ di caratterizzazione nello stile visivo, nel character design, in alcuni scorci che sanno di già visto. Non aiuta l’aspetto tecnico certo, che palesa il relativo investimento effettuato in questo senso, con animazioni non sempre convincenti e modelli poligonali lievemente arretrati. Piccolezze, tuttavia, perché quanto ad effettistica il gioco è una vera e propria esplosione di dettagli, mentre si sprecano gli scorci evocativi o talmente pieni di particolari che, concentrati come sarete sull’azione, vi lamenterete di non avere il tempo di ammirarli uno per uno. Del resto, rimandi e citazioni degli universi immaginifici da cui il gioco ha pescato, nel rispetto dei due generi tirati in ballo, fantascienza e fantasy, compongono ambientazioni visivamente vibranti e sempre interessanti, nonostante tutto. Ritrovarsi in una pesante rilettura di Dune, riconoscere il richiamo a Star Wars, oppure scoprirsi protagonisti di una versione pesantemente modificata di una fiaba di Andersen o di un racconto di Tolkien, per forza di cose manderà in brodo di giuggiole i fan dei rispettivi brand e scrittori.   

Split Fiction, di fatti, per la maggior parte del tempo vi riempirà completamente il cervello, inondandolo con una serie sbalorditiva di piccole e grandi sessioni ognuna dotata di regole ben specifiche. Sebbene per lo più si resti sempre nell’ambito dell’avventura in terza persona, ma occhio perché in questo senso le sorprese non mancano, il duo di protagoniste verrà di volta in volta equipaggiato di gadget, poteri e abilità che cambieranno lievemente le regole del gioco. Solo per fare un piccolo esempio, come anticipato non vogliamo rovinarvi alcuna sorpresa, Mio e Zoe possono ora vestire i panni di cyber-ninja armate fino ai denti, con tanto di combattimenti corpo a corpo, ora tramutarsi in simpatici maialini che, sfruttando il potere delle proprie flatulenze, devono recuperare una manciata di mele nascoste in una fattoria.

Per arrivare ai titoli di coda saranno sufficienti una quindicina di ore massimo

Rispetto a It Takes Two, complici le ambientazioni molto più varie, c’è una spinta creativa ancora maggiore, a volte persino troppo vigorosa. Un paio di sessioni si prolungano fin troppo. In altri casi, invece, il passaggio è eccessivamente repentino e drastico. Anche in questi casi Split Fiction mostra qualche spigolo di troppo, ma si tratta del pelo nell’uovo, visto che l’avventura scorre alla grande e presenta dei picchi qualitativi assolutamente sconosciuti da It Takes Two.

Ciò lo si nota in primis nei boss di fine livello, quanto mai complessi e dove la cooperazione tra videogiocatori deve essere massima. Secondariamente, dove una volta c’erano piccoli minigiochi competitivi, in Split Fiction esplorando gli scenari vi imbatterete in veri e propri livelli secondari, particolarmente originali e generosi di dettagli secondari, ma ugualmente intriganti, relativi alla trama. Anche in termini di equilibrio tra cooperazione e azione solitaria, Split Fiction se la cava meglio. C’è maggior alternanza tra momenti in cui non si può prescindere dall’operato dell’amico con cui si sta condividendo l’avventura e momenti in cui il cordone si allenta e ci si può concedere un minimo di libertà personale.

Proprio a questo proposito, vale la pena sottolineare come il gioco dia la possibilità di giocare sia in locale, con il caro e vecchio split-screen sempre attivo, sia online. Grazie al Pass Amico, inoltre, potrete giocare insieme a chi più preferite con una sola copia del gioco, una concessione non da poco, vista la tipologia di gioco.

Conclusioni

Split Fiction è l’ennesima scommessa vinta da Hazelight Studios che continua, imperterrita, a esplorare la sua formula di game design con estrema fortuna ed efficienza.

Certo, non si può parlare di un netto superamento sul già bellissimo It Takes Two. L’avventura di Mio e Zoe è innegabilmente più ambiziosa e in termini prettamente ludici ostenta una maggior varietà e capacità di coinvolgere l’utente con un gameplay quantomai cangiante.

Al tempo stesso, tuttavia, manca un pizzico di personalità, sia nella trama, sia nella caratterizzazione delle protagoniste, sia nell’art design, che sorprende più grazie ad un citazionismo costante, che per meriti propri.

Nonostante qualche minuscola sbavatura, tuttavia, siamo di fronte all’ennesimo piccolo capolavoro di Hazelight Studios, un gioco quasi unico nel suo genere, da vivere fianco a fianco all’amico giusto.

Acquista Split Fiction sullo shop online di GameStop!

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  • Good
    +Una miniera di sorprese
    +Boss complessi al punto giusto
    +Livelli secondari davvero ben riusciti
  • Bad
    -Trama meno coinvolgente di quanto sperato
    -Ritmo non sempre perfetto
  • 8.5 Cangiante

Acquista ora su Gamestop.it

Conclusioni

Split Fiction è l’ennesima scommessa vinta da Hazelight Studios che continua, imperterrita, a esplorare la sua formula di game design con estrema fortuna ed efficienza.

Certo, non si può parlare di un netto superamento sul già bellissimo It Takes Two. L’avventura di Mio e Zoe è innegabilmente più ambiziosa e in termini prettamente ludici ostenta una maggior varietà e capacità di coinvolgere l’utente con un gameplay quantomai cangiante.

Al tempo stesso, tuttavia, manca un pizzico di personalità, sia nella trama, sia nella caratterizzazione delle protagoniste, sia nell’art design, che sorprende più grazie ad un citazionismo costante, che per meriti propri.

Nonostante qualche minuscola sbavatura, tuttavia, siamo di fronte all’ennesimo piccolo capolavoro di Hazelight Studios, un gioco quasi unico nel suo genere, da vivere fianco a fianco all’amico giusto.

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  • Good
    +Una miniera di sorprese
    +Boss complessi al punto giusto
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  • Bad
    -Trama meno coinvolgente di quanto sperato
    -Ritmo non sempre perfetto
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