Spirit Camera: le Memorie Maledette – La Recensione

Spirit Camera: le Memorie Maledette – La Recensione

Una delle caratteristiche più interessanti e che più ha colpito l’immaginario collettivo durante i primi mesi di vita del 3DS è stata senz’altro la sua possibilità di visualizzare immagini in realtà aumentata. Lungi da trasformarsi in un vero e proprio elemento di gioco, questa funzionalità è rimasta fin’ora ad appannaggio di qualche applicazione software minore come quelle dell’eShop o le battaglie fra carte vista in Kid icarus: Uprising. E’ quindi con un certo interesse che si attendeva l’arrivo del nuovo Spirit Camera di Tecmo-Koei, il primo gioco totalmente pensato per la realtà aumentata e il sovrannaturale.

Lo ameranno: Gli amanti degli esperimenti bizzarri e dell’horror all’orientale
Lo odieranno: Coloro i quali misurano in ore di gioco la spesa per un gioco
E’ simile a:  Project Zero, Hotel Dusk

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Titolo: Spirit Camera: le memorie maledette
Piattaforma: 3DS
Sviluppatore: Tecmo Koei
Publisher: Nintendo 
Giocatori: 1
Lingua : Italiano (Testi)

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Foto spiritate…

L’idea alla base di Spirit Camera è tanto semplice quanto intrigante. Sfruttando le similitudini fra la fotocamera del 3DS e la Camera Obscura di catturare immagini normalmente invisibili all’occhio umano, Tecmo ha sviluppato un vero e proprio episodio parallelo della storica saga Project Zero, intitolato per l’occasione “Il Diario Viola”. Lo stesso nome del minuscolo libercolo che viene venduto assieme al gioco, un diario sul quale si dice gravi un’antica maledizione che porta il lettore a perdere il volto una volta addentratosi nella lettura. Non sorprende quindi se una delle prime azioni richieste sia quella di scattarsi un bel primo piano con gli obiettivi interni della console, indovinate chi è la sfortunata vittima che ha appena ricevuto una misteriosa copia del suddetto diario?

Fondendo abilmente realtà e finzione, l’elemento narrativo di Spirit Camera rappresenta il punto più alto dell’intera offerta ludica, ancora una volta basata su spiriti, antiche superstizioni shinto, vecchi documenti polverosi e giovani ragazze spaventate a morte. L’idea di porre il giocatore al centro delle vicende e di utilizzare le mura domestiche come sfondo dell’avventura si rivela quindi convincente ma sopratutto unica, donando al gioco una sensazione di singolarità difficilmente rintracciabile in altri prodotto analoghi.

Maya assieme al giocatore rappresenta l’altro grande importante personaggio della trama. Lei pare essere l’unica sfuggita alla maledizione della donna in Nero, quale sarà il suo segreto?

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…e telecamere possedute

Ciò che però proprio non convince, a anzi affossa il valore di un gioco che altrimenti meriterebbe solo plausi, sono le svariate magagne di carattere tecnico che affliggono il gioco, a partire dagli scontri con gli spettri, elemento che dovrebbe essere la caratteristica più rodata in quanto presa di peso dagli altri capitoli della serie. L’idea di sfruttare i giroscopi per creare un’esperienza a 360° è un’idea infatti tanto geniale quanto scomoda al lato pratico. Voltarsi costantemente per scoprire quale empietà si nasconde nel buio alle nostre spalle è una trovata semplice ed intrigante, ma divertente soltanto sulle prime battute. Alla decima occasione non solo la tensione è completamente scemata, ma a risentirne è sopratutto la praticità vista l’impossibilità di poter giocare stando comodamente seduti in poltrona.

Discorso analogo per quanto riguarda l’interazione con il libretto RA. Nonostante siano solo 16 pagine, le idee alla base sono tutte molto interessanti e alcune anche di grande impatto (spiriti che escono dalla foto, pagine insanguinate, porte che si aprono e via discorrendo), ma purtroppo, per poter essere rilevato a dovere, il piccolo opuscolo necessità di una buona sorgente luminosa, espediente che di fatto smorza completamente l’atmosfera che il titolo garantirebbe se giocato al buio in compagnia di un paio di fidati auricolari. Un ostacolo che sarebbe possibile aggirare ricorrendo a una lampada da scrivania se non fosse per i continui riflessi prodotti sulla carta e la tendenza del libro a richiudersi. Piccolezze forse, ma fastidiose quanto basta per rovinare tanto l’esperienza di gioco quanto le buone trovate offerte dalla storia. Il che è veramente un peccato, perché le idee ci sono e con un pizzico di attenzione in più Spirit Camera sarebbe potuto essere davvero un “must have” per ogni possessore di un 3DS. Così invece rimane solo qualche bella trovata, utile magari per suscitare lo scalpore facile, ma privo di mordente sulla lunga distanza.

Gli scontri funzionano esattamente come su Wii. si inquadra il fantasma, si carica il potere spirituale sull’obbiettivo e si scatta al momento opportuno. Peccato che il tutto sia relegato al solo voltarsi e guardarsi attorno.

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Il gioco è bello quando dura poco

In quest’ottica, paradossalmente, la scarsa longevità del gioco risulta quasi un pregio. “Quasi” perchè a nessuno piace dilapidar via i propri risparmi per un’avventura di a malapena 3 ore, tuttavia, tenendo conto dei sopracitati difetti tecnici uniti a una certa verbosità dell’avventura principale (raccontata principalmente tramite dialoghi con la sola Maya e i documenti rinvenuti di volta in volta) , un’avventura più lunga avrebbe reso l’esperienza di gioco più pesante e meno sopportabile. Nonostante ciò, Spirit Camera risulta comunque un titolo curioso che qualsiasi possessore di un 3DS dovrebbe per lo meno provare, giusto per farsi un’idea sulla realtà aumentata e un’eventuale utilizzo in videogiochi futuri. L’aspetto tecnico, infatti, risulta decisamente gradevole e l’interazione tra elementi poligonali e i fondali più che riuscita.

Oltre agli spunti narrativi, il libretto RA consta anche di qualche enigma da risolvere intervenendo in prima persona sul Diario. Questo ragazzo ad esempio ha in serbo parecchi indovinelli e trucchetti per giocare con voi.

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Provaci ancora Tecmo

Concludendo, Spirit Camera risulta essere un esperimento interessante ma riuscito solamente in parte. Le idee ci sono e l’integrazione con il libretto RA risulta, sulla carta, veramente promettente se non fosse che spesso il gioco si perde spesso e volentieri nel proverbiale bicchier d’acqua. Nonostante ci sia ancora molto su cui lavorare, bisogna comunque ammettere che il titolo Tecmo ha dimostrato un coraggio e una vena creativa fuori dagli standard del mercato attuale. Non una bocciatura completa quindi, ma un rinvio a un prossimo titolo che possa in qualche modo correggerne il tiro e proporre un’esperienza di gioco più articolata e meglio strutturata.

Videogiocatore incallito, divoratore di film, seguace della via del Social: praticamente una vita passata a giocare, leggere e scrivere. A volte anche contemporaneamente.

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