Saints Row: Gat Out of Hell – Recensione

Saints Row: Gat Out of Hell – Recensione

Johnny Gat è innegabilmente il vero eroe dei Saints, una figura carismatica verso la quale ogni fan della serie ha sempre mostrato stima e rispetto. Dopo i rocamboleschi eventi che hanno portato alla sua dipartita, e in seguito, al suo ritorno sulle scene, al team è sembrato quindi d’obbligo invertire i ruoli e mettere da parte il solito e customizzatissimo protagonista in favore del magnetico e impomatato leader, impegnato, neanche a farlo apposta, a salvare il Presidente in un susseguirsi di eventi che solo la fervida mente di Volition poteva fissare su carta e pixel.

Peccato che l’highway to hell del prode eroe sia ben più tortuosa del previsto…

Ah… le feste di compleanno… il miglior momento per tirar fuori la propria tavola Ouija e divertirsi con qualche demone di chissà quale oblio. Il party di Kinzie, l’hacker della gang, sembra essere l’occasione perfetta per fare bisboccia, per abbracciare vecchi amici e perché no, invocare qualche spirito assopito da millenni. Peccato che dall’altra parte del condotto spazio-spirituale, Satana sia in cerca di uno sposo per Jezebel, demoniaca e ribelle teenager, e quale miglior partito del Presidente degli Stati Uniti, per giunta membro dei celeberrimi Saints, potrebbe mai trovare?

Rapito dall’Oscuro Sire, il nostro precedente alter ego potrà essere tratto in salvo solo da due eroi abbastanza coraggiosi da andare “To Hell and Back“: la festeggiata e nientepopodimenoche Johnny Gat in persona, protagonisti liberamente intercambiabili per l’intera durata della (breve) avventura.

Quel che li aspetta a New Hades però, non è poi così distante dal loro pianeta di origine: anime in pena, decerebrati alla guida di auto malandate, aziende che traggono profitto dalla dannazione umana e la solita Ultor, pronta a guadagnarsi da vivere (o da morire?) anche nei gironi infernali. La spietata compagnia si rivelerà però essere un’insospettabile alleata: del resto, Satana è un loro diretto concorrente, e collaborare con un Saints per avere la piazza libera potrà solo che far bene ai loro affari.

La solita critica sociale è impeccabile e puntuale in pieno stile Volition, ma ci aspettavamo un’Inferno un po’ più “personale”: la lava sparsa un po’ ovunque, la città disastrata ma familiare, le auto arrugginite e sprovviste di porte e vetri, così come l’intera popolazione composta unicamente da condannati in penitenza e controllata da diavoli di ogni rango hanno più le sembianze di un texture pack, che dell’ennesima trovata del folle team.

La città, decisamente ridimensionata rispetto alle Steelport del passato, svolge però egregiamente il suo ruolo di “parco di divertimenti“, in tutta la sua verticalità, le sue piattaforme, e l’enormi strutture da dribblare in volo o sulle quali atterrare. I due protagonisti, grazie all’aureola di Lucifero, potranno infatti sfoggiare un invidiabile paio di ali fiammanti (termine azzeccatissimo, fidatevi), nel caso in cui la super velocità e i super salti mutuati dal precedente episodio (giustificati sempre in maniera molto creativa) di crackdowniana memoria non vi dovessero bastare.

Ed è qui che Saints Row riesce a darsi un tono e a distinguersi dai soliti open-world, schivando accuratamente al contempo un titano come GTA V e facendosi perdonare una certa superficialità in ambito tecnologico: il gameplay esagerato e dannatamente divertente, grazie a superpoteri che, pur appiattendo l’esperienza per via della vostra inevitabile superiorità (in compenso il sistema di progressione a base di speciali sfere sparse ovunque nel mondo di gioco riesce comunque a donare un minimo di appagamento), sono troppo folli per non guadagnarsi l’amore incondizionato del giocatore.

Se però in Saints Row IV tali meccaniche venivano accompagnate da una trama anch’essa totalmente fuori dagli schemi, in Gat Out of Hell la breve durata e la struttura narrativa portata avanti più da brevi sequenze video che da missioni vere e proprie, non hanno permesso al team di sfoggiare la solita verve (sulla quale loro stessi fanno ironia in alcuni momenti): la forzata presenza di celebri personaggi (da Vlad Tepes a vecchie conoscenze della serie), sequenze stucchevoli (l’unico Satana canterino che ci piace è quello di Tenacious D, ndr) e l’assenza di un vero e proprio filo logico, lasciano infatti il tempo che trovano, con tanto di dialoghi che alcune volte sembrano essere stati chiusi in fretta e furia, ben lontano dai sagaci e spesso “cruenti” scambi di battute al vetriolo dei membri della gang.

Basti pensare che è possibile raggiungere i credits (e uno dei finali disponibili) in poco più di tre ore, in quanto l’unico scopo del giocatore è confrontarsi con il Diavolo dopo aver attirato la sua attenzione a dovere rovinando le sue attività economiche e spargendo il caos in città tramite le numerose ed immancabili sidequest (con tanto di “Casin-o-Metro” a segnalare l’ira del Demonio), qui relegate ad un ruolo ben più importante (forse più per pigrizia del team che per reale merito): dalla solita frode assicurativa (legata agli sconti di secoli di penitenza, invece che ai soldi) alle missioni di puro macello a base di lanciarazzi (o lancia-rane, stiamo pur sempre parlando di Volition, ndr), passando per le torri sparse per la città, già ampiamente viste, o per le corse a checkpoint, qui rinvigorite dal volo, curato e complesso da padroneggiare, ma divertente una volta comprese pienamente le meccaniche (e sbloccate le abilità più potenti tramite valuta di gioco o le apprezzatissime sfere viste nel quarto capitolo).

Tutte varianti delle arcinote attività, insomma, rivisitate in chiave satanassa, ripetitive come sempre ma comunque divertenti. Peccato che non riescano a spezzare pienamente la monotonia delle poche quest “principali”, colpa del pattern/dogma “orda, spara, orda, spara, vai lì, spara“.

Non aspettatevi poi chissà quale upgrade grafico: l’espansione standalone, comunque inclusa nel remaster per le console di nuova generazione, non gode di particolari migliorie tecniche, per quanto la maggiore risoluzione e l’aumento dei FPS porti con sé fluidità e immagine più nitida e pulita. Le animazioni, complice anche un effetto ragdoll sempre più anacronistico, sono spesso impacciate e legnose, e soprattutto in volo vi capiterà di bisticciare con i comandi almeno nei primi momenti dell’avventura, mentre pop-up, problemi di compenetrazione, cali di frame rate e qualche scricchiolio nel sonoro (problemi riscontrati soprattutto nelle cutscenes) fanno il paio con un comparto che ha davvero poco di next-gen, ma che quantomeno si propone in maniera ben più dignitosa che in passato.

In compenso, la gran cura con cui sono stati confezionati i nemici, vari e demoniaci al punto giusto, così come il tocco desolato all’intera, monocromatica città di New Hades, ricca di cunicoli, gallerie scavate nella roccia e colate di lava in ogni dove, donano qualche punto extra ad una produzione sviluppata da un team “bravo, ma che non si applica“.

In conclusione…

L’occasione di impersonare il mitico Johnny Gat, per giunta all’Inferno e con in dosso un bel paio di ali con le quali scorrazzare per cieli rosso fuoco e massacrare dall’alto qualche diavolaccio poteva essere davvero ghiotta per Volition, ma la pigrizia sembra aver preso il sopravvento: se già il IV sembrava un Saints Row 3.5, con questo Gat Out of Hell siamo arrivati ad un 3.75. La sensazione di avere tra le mani più un texture pack che un’espansione vera e propria si respira in ben più di un frangente, e l’assenza di una trama sopra le righe come da tradizione rende ancor più evidente la poca varietà delle missioni.

I fan più sfegatati saranno comunque felicissimi di tornare a far casino, con i superpoteri o con le solite armi esagerate e politicamente scorrette, in attività secondarie altrettanto assurde, già viste (ed apprezzate) ma comunque folli e divertenti al punto giusto. Difficilmente però questa espansione (dalla durata di circa 8, 9 ore) riuscirà a lasciare un segno nella storia della serie.

Voto: 6/10

Traduttore e blogger freelance, adora (s)parlare di videogiochi e musica spaccatimpani tutto il dì. Quando può suona, gioca e legge, di tutto, anche le etichette degli shampoo. Terrore dei recensori e abbassatore di voti seriale, ha brillantemente sostituito le fatture ai suoi amati boss di Dark Souls, respingendo con caparbia ossessione e gioco di scudi qualsiasi backstab della vita sociale.

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