Roguelike e Roguelite: cosa significano e qual è la differenza

L'importante è che sia difficile

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Negli ultimi anni si è parlato tantissimo di roguelike e roguelite, grazie a diversi titoli di che hanno mutuato le caratteristiche di questi generi ottenendo un ottimo riscontro di critica e pubblico. Hades, Deathloop e Returnal sono solo tre tra le tante produzioni che hanno permesso ai giocatori di prendere confidenza con le meccaniche esigenti e a tratti punitive di un genere tra i più apprezzati da chi è sempre alla ricerca di una nuova sfida.

E questo rinnovato interessamento forse lo dobbiamo anche al dirompente successo dei Soulslike, che hanno sdoganato il concetto di “gioco difficile” inteso come limite, trasformandolo in una visione autoriale, chiara e riconoscibile, che raduna il suo pubblico sotto lo stesso tetto. Allo stesso modo i nuovi roguelike/roguelite sono finalmente riusciti a trasporre in chiave moderna un design che ha origine con la storia stessa del videogioco.

L’origine del termine Roguelike (e Roguelite)

Ma qual è effettivamente il significato di Roguelike e Roguelite? In realtà, come spesso accade, la spiegazione è molto semplice: il genere prende il nome dal capostipite originale che ha dato forma a questa tipologia di videogioco, ovvero “Rogue”, avventura del 1980 che univa il concetto di dungeon generati casualmente al concetto di permadeath.

Si trattava di un videogioco molto basilare sia a livello tecnico che di gameplay, costruito interamente su una rappresentazione grafica a caratteri ASCII che lasciava buona parte dell’esperienza all’immaginazione del giocatore, che poteva basarsi principalmente sugli artwork dei manuali e sull’iconografia fantasy dell’epoca.

Muovendo il cursore che rappresentava il protagonista, il giocatore si spostava di stanza in stanza e interagiva con eventuali nemici (esempio, la lettera “S” era un serpente), ricreando uno scenario per cui l’eroe partiva dal piano più alto di un dungeon sconosciuto per arrivare al fondo, raccogliere l’amuleto di Yendor e risalire in superficie per reclamare la vittoria.

Si tratta di un gioco ormai molto datato per interfaccia e controlli, che è però riemerso nel 2020 per approdare su Steam in una versione quasi fedele all’originale, tratta dalla conversione per MS-DOS. Negli anni Rogue ha visto succedersi numerosi cloni e imitatori, ma rimane comunque il punto di riferimento indiscusso che ha portato alla genesi del genere roguelike.

I precetti del genere

Non è propriamente semplice definire uno schema rigido che possa determinare quale gioco sia un roguelike o meno, ma nel 2008 qualcuno ha provato a dettare delle linee guida per agevolare gli sviluppatori nella realizzazione dei loro titoli, definendo dei binari su cui costruire le proprie esperienze con la certezza di non andare troppo alla deriva.

Questo è avvenuto durante la prima International Roguelike Development Conference, tenutasi a Berlino, dove un gruppo di esperti ha identificato 9 fattori di alta priorità e 6 fattori a bassa priorità che possono determinare se un gioco sia effettivamente un Roguelike.

I 9 fattori di alta priorità sono:

  • Generazione casuale degli ambienti
  • Permadeath
  • Combattimento a turni
  • Movimento a griglia
  • Gioco “Non-modale” (tutte le abilità disponibili fin dall’inizio, ogni parte del gioco deve essere affrontabile in ogni momento)
  • Risoluzione di enigmi complessi
  • Gestione delle risorse
  • Combattimento hack’n’slash
  • Esplorazione e scoperta

I 6 fattoria bassa priorità sono:

  • Un singolo personaggio giocabile
  • Mostri simili al personaggio (si applicano le stesse regole utilizzate per il giocatore)
  • Sfida tattica
  • Grafica ASCII
  • Dungeons
  • Utilizzo dei numeri a indicare per attributi e HP.

L’insieme di queste “regole” è definito Berlin Interpretation e tende a considerare un gioco come Roguelike quando incorpora almeno 3 dei 9 fattori di alta priorità. Va considerato come riferimento “orientativo” e non vuole in alcun modo mettere rigidi paletti allo sviluppatore interessato a sperimentare con il genere.

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I classici di oggi, i Roguelite puri

Nonostante la libertà concessa agli sviluppatori, al netto della Berlin Interpretation, tanti creatori si sono approcciati al genere con la volontà di preservarne al meglio le caratteristiche originali anche con il passare del tempo e l’evoluzione delle tecnologie, facendo arrivare fino ad oggi titoli che – con le giuste proporzioni – sembrano proprio venire fuori dagli anni ’80.

La piattaforma Steam sembra essere il luogo ideale dove queste produzioni possono sbocciare e trovare senza fatica il proprio pubblico, affezionato oltre ogni aspettativa a questo design così basilare, andando a pescare tra opere occidentali e orientali dallo stile spesso estremamente peculiare.

Tra i titoli più curiosi, che hanno riscosso buon riscontro di pubblico, troviamo ad esempio Tengledeep, che ricrea in stile 16 bit un’ambientazione classica a cavallo tra l’immaginario PC e quello console, e propone un’esperienza personalizzabile a seconda delle esigenze grazie a ben 10 modificatori di difficoltà.

Nota di rilievo per Tangledeep è la colonna sonora, frutto di un lavoro di squadra che coinvolge Andrew Aversa, Hiroki Kikuta (serie Mana), Grant Kirkhope (amatissimo compositore dell’era d’oro di Rare e recentemente impegnato sulla serie Mario + Rabbids) e Norihiko Hibino (serie Metal Gear Solid, serie Bayonetta).


Andiamo Poi in Giappone per scoprire Shiren The Warnderer, estremamente apprezzato in terra nipponica, che negli ultimi anni è apparso spesso su console Nintendo e PlayStation. L’episodio più accessibile oggi è Shiren the Wanderer: The Tower of Fortune and the Dice of Fate, disponibile su Nintendo Switch e su Steam.

Si tratta di una serie leggendaria in terra natia, nata dal team autore dei primi 5 episodi della serie Dragon Quest nel 1993 e capace poi di evolversi per abbracciare altri mondi, compreso quello dei Pokémon. Shiren The Wanderer è il brand “originale” di maggior successo di un franchise che è conosciuto nel mondo con il nome “Mystery Dungeon“.


Un taglio decisamente moderno e kawaii invece contraddistingue un titolo del 2017 disponibile in digitale su PC e tutte le console attualmente in commercio. DragonFangZ – The Rose & Dungeon of Time non fa nulla per nascondere la sua ispirazione alla serie Mystery Dungeon, più che all’originale Rogue, conquistando diversi fan tra le varie piattaforme.

Tra gli elementi divergenti dalla filosofia originale troviamo il sistema di acquisizione dei poteri, che vede rose (la protagonista) prendere possesso delle abilità dei mostri che sconfigge all’interno dei dungeon. Meno apprezzabile invece la presenza di DLC a pagamento, ricchi di contenuti aggiuntivi, che portano a raddoppiare il prezzo del gioco originale.


Un titolo più recente e anche particolarmente apprezzato è Jupiter Hell, progetto originale dei creatori di quel DoomRL che in tante controversie legali con Zenimax ha portato i suoi papà. Dopo cambi di nome e rivisitazioni varie, finalmente il team ha potuto dedicarsi a un vero e proprio sequel spirituale, lanciato prima su Kickstarter e arrivato su Steam nel 2021.

Pur rispettando molti dei precetti del genere, Jupiter Hell si differenzia dai normali roguelike per via di un gameplay incentrato principalmente sulle armi da fuoco, cosa che introduce nel sistema di gioco l’utilizzo delle coperture e del razionamento delle munizioni per ognuna delle tre armi che possono essere trasportate.

Gli eredi moderni del genere, i Roguelite

I roguelike però rappresentano anche un vero e proprio punto di partenza per tutta una serie di reinterpretazioni sul tema, derivative quanto si vuole sotto alcuni aspetti, ma spesso divergenti al punto da far domandare se la stessa etichetta “roguelite”, che definirebbe un prodotto meno restrittivo nella sua ideazione, possa essere sufficiente.

Azione intensa in tempo reale, narrazione plateale se non addirittura continua, crescita delle abilità e preservazione nel tempo, scorciatoie: tanti elementi non proprio compatibili con i roguelike sono diventati il traino per tanti titolo di successo, ormai diventati un must anche per il giocatore occasionale che ama passare il tempo su console.

Difficile cominciare da un titolo diverso da Hades (acquistabile con questo link), il capolavoro di Supergiant Games che ha letteralmente aperto al genere tutta una nuova generazione di videogiocatori, i quali ora aspettano con grande impazienza di mettere le mani sull’early access del secondo capitolo, annunciato pochi giorni fa ai The Game Awards 2022.

Graziato da un’estetica semplicemente strepitosa, Hades ha saputo cogliere nel segno per via un gameplay che concede al giocatore di affrontare la sua fuga dagli inferi divenendo sempre un po’ più forte dopo ogni fallimento, potendo contare anche  sul supporto di un ricco e colorato cast di personaggi che ha memoria degli eventi, fallimenti e morti compresi.


Una interessante variazione sul tema la propone Deathloop (acquistabile con questo link) di Bethesda, un roguelite che abbandona l’idea della randomizzazione per spingere invece il giocatore a compiere la “run perfetta”, memorizzando i modi migliori per superare i propri nemici nel passaggio da un loop temporale all’altro – elemento centrale della storia.

Prima esclusiva PlayStation 5 e ora disponibile su Xbox e PC via Game Pass, il titolo creato da Arkane Studios ha raccolto una clamorosa serie di consensi al suo lancio originale, impegnando i giocatori nell’arduo compito di eliminare 8 temibili avversari in 24 ore, senza mai morire, acquisendo nel tempo poteri soprannaturali in grado di stravolgere gli equilibri in campo.


Decisamente meno colorato e scanzonato dei due titoli poco sopra è l’opprimente Returnal (acquistabile con questo link) di Housemarque, la software house finlandese che ha convinto Sony ad acquisirla a colpi di titoli di qualità sempre crescente quali Resogun, Nex Machina e – appunto – quest’ultima digressione roguelite, che ha rappresentato la prima vera esclusiva next-gen di PS5 nel 2021 ed è ormai pronta ad arrivare su PC nel 2023.

Strutturato come sparatutto in terza persona, Returnal si è imposto come una delle esperienze più complesse e punitive per il genere, intrigando e intrappolando i giocatori in un incubo Sci-Fi da cui si può emergere davvero solo riaffrontando il gioco una seconda volta, avanzando alla ricerca di una verità tanto necessaria quanto crudele.


La flessibilità con cui si esprime il genere roguliete ha portato nel tempo a esperimenti su franchise e titoli già esistenti, da cui è stata estratta una costola per dare vita a qualcosa di diverso. Ubisoft ad esempio, ha saputo cogliere la palla al balzo in più occasioni, proponendo con Assassin’s Creed Valhalla: The Forgotten Saga un inatteso cambio di registro per l’avventura di Eivor.

L’esperimento pare essere piaciuto (se non al pubblico, di sicuro ai team di sviluppo), perché anche con Far Cry 6 abbiamo assistito a una serie di DLC molto concisi e dal sentore roguelite, in particolare con l’ultimo contenuto “Naufragio tra i Mondi”, con cui ci si è potuti perdere tra bivi e scorciatoie, alla ricerca del percorso perfetto per raggiungere il finale (morti permettendo).


Nella speranza che questo breve articolo vi permetta da qui in avanti di riconoscere al volo un roguelike da un roguelite, va ricordato che ormai sono davvero tantissime le digressioni sul tema, anche e soprattutto a livello creativo, ed è diventato sempre più complicato categorizzare secondo dei termini chiari e precisi.

Se il roguelike risponde tutto sommato a delle regole, i roguelite si avvicinano più a un’idea di ispirazione o a un’influenza, cogliendo alcuni elementi caratteristici per costruire ed elaborare secondo piacere. Forse tutto sarebbe più chiaro se esistesse una Berlin Intepretation anche per i roguelite, che dite?

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