San Francisco – C’era una volta un gioco di nome RiME, annunciato nell’ormai lontano 2013 con un trailer che lasciava sì intravedere qualcosa di interessante, ma che allo stesso tempo ricordava troppo da vicino i titoli di Team ICO (ICO, Shadow of the Colossus, The Last Guardian), tanto da essere etichettato come un “clone” dei suddetti titoli. In effetti, dopo averci giocato per una mezz’oretta, possiamo confermare che RiME è la cosa più vicina alle opere di Fumito Ueda che abbiamo mai visto. Stiamo quindi parlando di un brutto anatroccolo? Assolutamente no, possiamo dirvi da subito che RiME è un gioco fresco e con la propria, spiccata identità; quella di una fiaba, tutta da vivere.
La storia di quella che gli stessi sviluppatori hanno voluto definire come “fiaba”, è quella di una ragazzino che si risveglia su una spiaggia dopo una tempesta, in un mondo che non conosce, senza saperne il perché. Il nostro scopo sarà dunque quello di accompagnarlo alla scoperta di questo mondo fantastico, con i suoi colori vivi, ma anche i suoi tanti misteri. Non saremo soli però, ad accompagnarci ci sarà una volpe, che comparirà solo quando ne avremo strettamente bisogno, quasi ad indicarci la via per procedere nel nostro cammino se ci vedrà in difficoltà. In questo mondo popolato anche da altre creature animali, una figura appare all’orizzonte, sembra osservarci, ma quando proviamo a seguirla scompare. Chi è? Cosa vuole da noi? Può aiutarci a capire cosa ci facciamo qui? Tutto questo lo scopriremo solo quando avremo finalmente il gioco completo, e vi assicuriamo che non vediamo l’ora; quello che invece abbiamo già compreso bene è il concept del gioco.
RiME è principalmente un gioco d’avventura, perché nonostante non ci siano dialoghi, quello che fa è raccontare una storia. Così come giochi del calibro di INSIDE o Journey (a cui somiglia moltissimo per alcuni aspetti grafici e per la palette di colori), i messaggi arrivano dritti al giocatore, senza che esso se ne possa rendere conto, ma allo stesso tempo emozionandolo. Per procedere nel nostro percorso dovremo però superare una serie di puzzle ambientali, e proprio come accadeva in ICO, sarà questo il cuore del gameplay.
Le uniche “armi” a disposizione del nostro giovane eroe saranno le sue capacità atletiche (può saltare, aggrapparsi, spostare oggetti, etc) la sua voce (può urlare, anche se quando lo fa, pare quasi stia cantando), ma soprattutto la sua intelligenza. In fondo si tratta di una fiaba, e benché possano esserci momenti in cui si ha paura, non c’è violenza e tanto meno la possibilità di morire, nemmeno se cadremo da punti piuttosto elevati. Abbiamo giocato quella che dovrebbe essere la prima parte, in cui dopo il risveglio ed i primi passi, dopo aver fatto conoscenza con la volpe e con la figura misteriosa che ci osservava, vediamo all’orizzonte una torre e capiamo in qualche modo che è lì che dobbiamo andare.
Raggiungerla non è stato facile, ma allo stesso tempo non è stato poi così difficile. Ci spieghiamo meglio: ci sono stati un paio di punti in cui eravamo bloccati, senza sapere bene cosa fare, ma soprattutto con l’ansia di non poterci impiegare troppo tempo, visto che non ne avevamo moltissimo a disposizione. In quei momenti, gli sviluppatori che hanno presentato il gioco, non hanno voluto suggerirci la soluzione al puzzle, ma ci hanno invitato ad esplorare, a guardarci attorno. E in effetti, studiando meglio l’ambiente con un po’ più di calma, ci siamo accorti che la soluzione era lì e nemmeno così difficile. Abbiamo dovuto attivare più interruttori contemporaneamente, sfruttando la nostra voce e le statue che ci circondavano, spostare delle sfere da un posto all’altro, in una sequenza ben precisa. Abbiamo dato da mangiare a dei cinghiali per farci liberare la strada con la loro irruenza, abbiamo fatto rotolare sfere che sancivano il passaggio dal giorno alla notte, ma abbiamo anche seguito suoni e luci fino a trovare la porta giusta. Seppur si trattasse di puzzle “già visti”, quello che ci ha colpito è che ognuno era diverso dall’altro, ogni volta c’era qualcosa di totalmente nuovo da fare, mantenendo solo alcuni elementi in comune con quelli già visti.
Avevamo il timore che RiME fosse un clone senz’anima dei giochi che tanto abbiamo amato, ma invece quello che abbiamo visto ci ha lasciato a bocca aperta. Quello che abbiamo di fronte è un gioco pieno di carattere, ma soprattutto di quella semplicità che rende uniche le cose. Un ragazzo innocente, un mondo fiabesco, dubbi, paure, misteri ed anche e sopratutto un gameplay che nella sua natura classica ci è sembrato fresco: questi sono gli elementi, il mix che già da ora ci ha fatto innamorare di RiME.
Impressioni dalla GDC 17
Ve lo diciamo in maniera molto diretta: RiME è uno dei giochi più belli visti durante questa GDC. Un’avventura in un mondo fantastico, sia nella natura che sotto l’aspetto visivo. Una fiaba come quelle che piacciono a noi, eterni bambini nell’anima, messa in piedi su un gameplay classico ma solido e che ci è sembrato vario, almeno per quanto giocato. Se amate le avventure uniche, quelle che vi lasciano qualcosa dentro, preparatevi perché in questo 2017 potreste aver bisogno di un po’ di spazio accanto alle varie “opere d’arte” come ICO, The Last Guardian, Journey o Inside, per metterci il gioco firmato Tequila Works.