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Quantum Break – Anteprima gamescom 2015

Colonia – Prima l’annuncio in occasione dell’unveiling ufficiale di Xbox One nell’ormai lontano 2013, poi i piccoli sprazzi di info da dare in pasto a stampa e pubblico, per soffiare vita ed energia nella crudele ed insensibile macchina dell’hype. È così che Quantum Break, la nuova, attesissima IP di Remedy, si è inserita con prepotenza nelle menti degli utenti fedeli a Microsoft e negli eterni indecisi in quel della battaglia Xbox One Vs PS4, sicuramente mettendo la pulce nell’orecchio anche in qualche fedele di PlayStation. Era incredibile, promettente: il gioco definitivo.

Ma la fumosità delle poche informazioni rilasciate, i cambi di direzione, gli addii importanti nel quartier generale di Espoo, nella gelida Finlandia, e le dilatazioni temporali, anche nella realtà, che hanno visto i continui rinvii (era inizialmente previsto per la fine di quest’anno) e le misteriose assenze da alcuni cruciali eventi, avevano gettato non poche ombre sul progetto. Lo sappiamo come vanno a finire le storie di sviluppo complicate: progetti troppo ambiziosi che vedono le figure chiave abbandonare la barca prima che affondi, le deviazioni sul percorso che non portano a nulla di buono, le conclusioni dei lavori raggiunte per sfinimento. C’è voluta questa gamescom 2015 a concedere a Remedy un palco dal quale richiedere nuovamente e a gran voce la fiducia di giocatori e stampa, merito di un trailer dall’impatto devastante, pazzesco da vedere e stracarico di azione ed effetti speciali da Oscar, fatto detonare durante la conferenza di Microsoft.

Tutto rose e fiori, tutti amici come prima, e hype a scatola chiusa fino al 5 aprile 2016? Non proprio. Frenate gli animi, bloccate un attimo anche voi il tempo e leggete qui: cerchiamo di tirare le somme, e di dire cosa c’è piaciuto, e cosa ci lascia più di qualche ragionevole dubbio, nella speranza di restare folgorati come ai vecchi tempi, quelli di capolavori come Max Payne ed Alan Wake, picchi qualitativi dei 20 anni di onorata carriera di Remedy.

Partiamo dalla premessa narrativa, intrigante, ma che fa leva su presupposti non così innovativi o coraggiosi, come quelli da tradizione del team finnico. Tutto ha inizio con un esperimento scientifico legato ai viaggi temporali andato dannatamente male, un evento catastrofico in primis per i personaggi coinvolti, i protagonisti James Joyce e Beth Wilder (entrambi utilizzabili dal giocatore) e l’antagonista Paul Serene, ex-miglior amico che torna dal futuro invecchiato di 17 anni e più cattivo e bastardo che mai, a capo della spietata azienda Monarch Solutions. È però il normale scorrere del tempo la vittima principale di quel disastro: giorno e notte si alternano freneticamente al battere di una folle e marziale lancetta di un qualche diabolico orologio, lo spazio si distorce, plasmato da sbalzi innaturali e terrorizzanti, il presente delle cose diventa un qualcosa di relativo e perde ogni senso. I calendari? Carta straccia. Gli esiti devastanti non si fermano lì: i protagonisti acquisiscono infatti dei poteri che gli permettono di controllare in varie forme quel tempo, e il supercattivo di turno gli darà la caccia per impedirgli di ristabilire l’ordine naturale delle cose, in quanto il suo potere e la sua ricchezza derivano dalla facoltà di poter sbirciare il futuro e di compiere scelte a suo favore.

L’apparato narrativo si ripercuote in ogni sua forma nel gameplay, fortemente legato a quel Max Payne che stravolse i third-person shooter, dove l’arma principale è il tempo stesso, da sfruttare tanto nelle sparatorie, quanto nelle sequenze al limite del puzzle-platform, da superare contorcendo ulteriormente lo spazio-tempo. La demo a porte chiuse ci ha offerto un perfetto esempio delle due anime di Quantum Break: al fianco del cuore dell’azione, il protagonista si trova a dover superare delle sezioni nelle quali il mondo circostante impazzisce letteralmente, tra distruzioni, sparizioni e stravolgimenti che coinvolgono qualsiasi elemento dell’ambiente. Controllare lo scorrere del tempo come un videomaker e riavvolgerlo a proprio piacimento per poter creare un sentiero percorribile attraverso piattaforme e container (ed è inevitabile che il pensiero vada a Braid) promette di essere sicuramente un buon passatempo tra una sparatoria e l’altra, ma dal poco mostrato, non ci sono sembrati essere momenti particolarmente cervellotici o stimolanti (come quelli del capolavoro indie menzionato, per intenderci).

Al varco è però attesa anche la componente più adrenalinica e cinematografica, lo shooting puro che con Max Payne fece un salto in avanti mostruoso (il fascino del bullet-time rimane tuttora a livelli stellari), e che con Quantum Break si trova sul filo del rasoio, in bilico su una fune finissima sospesa su un baratro. I numerosi poteri di James, scanditi da un cooldown che vi costringerà ad un uso parsimonioso e strategico degli stessi, sono infatti splendidi da vedere e, apparentemente, anche da realizzare con il pad, scenografici quanto basta, ed enfatizzati da un comparto grafico che definire impressionante è un peccato mortale, vista la pazzesca realizzazione tecnica, un marchio di fabbrica di Remedy, che ha sempre offerto all’occhio non una semplice parte, ma un bottino tutto suo.

Tra quelli visti in azione, c’è il Time Rush, col quale squarciare il tessuto del tempo per correre da un punto all’altro dei livelli e schivare colpi e pericoli; il Time Shield, che copre il protagonista con una calotta temporale all’interno della quale potrà stare al sicuro; il Time Blast, esplosione devastante che contorce ii continuum e il Time Stop, che chiude nemici ed oggetti in una bolla di congelamento temporale, dando il tempo di sparargli con tutta calma. C’è però una particolare tipologia di soldato della Monarch, equipaggiato con un potente strumento che gli permette di manipolare a sua volta di controllare il tempo, e prima di poterlo attaccare con armi convenzionali, bisognerà sbarazzarsi del pericoloso generatore sulle sue spalle.

Poteri da alternare all’utilizzo di comuni armi per eliminare la minaccia nemica, coperture e distorsioni temporali (in maniera difensiva ed offensiva) da sfruttare, imprevedibilità (sulla carta) di eventi e sbalzi: elementi che promettono di dare pepe ad ogni scontro.

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Ma le “velleità cinematografiche” di Quantum Break non si fermano alla grafica fotorealistica, alla slow-motion pedissequa, o ai pazzeschi effetti speciali: all’interno del “pacchetto”, citando gli stessi sviluppatori, è infatti presente anche una mini-serie TV, un live action con protagonisti gli stellari attori che hanno prestato il loro volto ai personaggi virtuali (nel cast figurano artisti visti in Game of Thrones, X-Men e The Wire, tra i tanti) incentrato sulla figura di Serene, composto da 4 episodi della durata di circa 20 minuti l’uno, che presentano dei punti di contatto con il gioco, oltre a delle scelte multiple che plasmeranno la progressione narrativa di entrambe le produzioni. Scene e location “crossover”, e persino punti di vista differenti di uno stesso momento cruciale: ad esempio, due personaggi discutono animatamente davanti ad un van nel quale è tenuto in ostaggio il protagonista, una conversazione che si trasforma in una guerra di nervi con tanto di pistole impugnate. Svalvolata temporale e bam, le pistole spariscono, ed il van è completamente vuoto.


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Subito dopo ci è stata mostrata la stessa scena, ma vista dagli occhi del protagonista, in-game: è stato (ovviamente) lui a far sparire le armi, e lasciare i suoi nemici con in mano un pugno di mosche. Ma non aspettatevi di vedere le sequenze muoversi parallelamente, in quanto ci saranno di momenti chiave nei quali il gioco vi proporrà questi lunghi episodi: potrete skipparli tranquillamente, ma Remedy ci tiene a precisare che si perderanno elementi narrativi importanti.

In fatto di scelte, ci è stato invece mostrato un altro frammento: un interrogatorio ad opera di Hatch, braccio destro di Serene, ad un testimone oculare, una delle ribelli a capo della protesta contro la Monarch. La scelta del supercattivo di adottare un approccio “Hardline”, porta all’utilizzo di maniere forti, fortissime, come conseguenza della reticenza della ragazza, mentre uno più “PR”, lo porterà a ricattarla e a trarre in inganno i media. Scelte che porteranno a stravolgimenti anche del gioco, personalizzando così l’esperienza di ogni utente.

 Promosso, ma con riserva 

Insomma, la carne al fuoco è davvero tanta, come tanti sono i dubbi che aleggiano attorno a Quantum Break, che ha le potenzialità tanto di diventare un capolavoro in grado di spingere più in là il medium, trovando un inedito punto di contatto tra videogiochi e cinema e raggiungendo quell’interattività cinematografica che tanti game developer hanno strenuamente cercato con opere sperimentali, ma non sempre riuscite, e un fallimento, una sconfitta che rischia di macchiare il pregiato curriculum di Remedy. La caratura e il talento del team sono fuori discussione, ma non i problemi di sviluppo che lo hanno portato a rallentamenti, rinvii, addii importanti (anche se ci è stato assicurato che è interamente giocabile, e che da qui all’uscita lavoreranno sui dettagli con la cura maniacale che li contraddistingue), non possono che togliere tranquillità alla lunga attesa.

Quel che abbiamo visto ci ha comunque lasciato sbalorditi, per via della sua peculiarità, per l’impatto visivo pazzesco, per le premesse decisamente allettanti, ma nella sua grandezza, anche i dubbi finiscono con l’avere dimensioni spropositate: Quantum Break sarà bello solo da vedere? L’incrocio tra il gioco e il live action avrà davvero un impatto così significativo sulla trama vissuta dal giocatore? Gli sbalzi temporali “imprevedibili”, come recita il materiale promozionale, renderanno davvero unici i combattimenti, o si assisterà all’ennesima fiera dello script? Le sequenze “platform” saranno stimolanti e creative, o rappresenteranno un noioso passatempo tra uno spara spara e l’altro?

Speriamo e vogliamo che Quantum Break sia un capolavoro, ma “cautela” è la parola d’ordine. L’hype lo teniamo in caldo per la prossima occasione… magari per la Gamesweek?

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