Project Zero 2: Wii Edition – La Recensione

Project Zero 2: Wii Edition – La Recensione

All’alba della nuova incarnazione del survival horror per eccellenza, fatta di sparatorie furiose, coperture dinamiche, corridoi pregni di mostri e chi più ne ha più ne metta, c’è ancora qualche vecchio nostalgico che ricorda con una lacrimuccia il classico schema “chiave alfiere/porta alfiere”, i brividi di una creatura sbucata fuori da non si sa bene dove e perchè no, anche una certa legnosità nell’esplorare gli ambienti di gioco. Nessuno ci avrebbe scommesso un centesimo, eppure per lenire tale nostalgia l’unica cura sembra essere un’avventura tutta spiriti e sudori freddi niente meno che su Nintendo Wii.

Lo ameranno: I giocatori alla ricerca di un’esperienza da brividi e gli amanti dell’horror alla giapponese
Lo odieranno: Cacciatori di locuste e i giocatori dal grilletto facile
E’ simile a:  I primi capitoli di Resident Evil e Silent Hill

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Titolo: Project Zero 2: Wii edition
Piattaforma: Wii
Sviluppatore: Tecmo Koei
Publisher: Nintendo 
Giocatori: 1/2 offline
Lingua : Italiano (Testi)

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Terrore dall’oriente

“Come?” diranno alcuni, “stiamo parlando della stessa console che ha dato i natali a Wii Play, Wii Party e compagnia bella?” diranno altri. Si, stiamo parlando proprio di quella console che in questo ultimo anno ha fatto di tutto per riscattarsi davanti agli occhi dei giocatori più navigati. Xenoblade Chronicles, The Last Story, The Legend of Zelda: Skyward Sword, Pandora’s Tower e ora questo nuovo Project Zero 2: Wii Edition. Che poi nuovo si fa per dire visto che stiamo parlando della nuova incarnazione di quel Fatal Frame II Crimson Butterfly che tanto scosse gli animi ai giocatori Playstation nel lontano 2003. Tuttavia per coloro se lo fossero persi o volessero semplicemente rivivere in una maniera tutta nuova questo classico del survival horror nipponico, l’unica soluzione è quella di impugnare la torcia, la Camera Obscura e il WiiRemote.
Basato su tutta una serie di suggestioni e credenze tipicamente orientali, Project Zero 2 vede il giocatore vestire i panni della bella Mio Amakura e della gemella maggiore Mayu, alle prese con un misterioso paesino di montagna ancora pericolosamente legato ai culti più spaventosamente proibiti dello Shinto. Cerimonie religiose, sacrifici umani, anime tormentate e quant’altro. Un mix letale di credenze e suggestioni che potrebbero risultare indigeste alla maggior-parte dei giocatori occidentali ma comunque in grado di affascinare e convincere una volta entrati nell’ottica del gioco. Proponendo un canovaccio narrativo fatto di documenti, visioni e sequenze dal ritmo lento, Project Zero 2 riesce a riportare in auge tutta l’angoscia tipica dei vecchissimi survival horror e fonderla con il gusto tipico dei film sulla riga di “The Ring. Non senza aggiornare il tutto per venire incontro alle conquiste effettuate dai game designer del ventunesimo secolo.

Le farfalle cremisi sono alla base della storia del gioco. Si dice che il loro scopo sia quello di proteggere il villaggio dalle presenza oscure e che le loro origini siano legate a un’antica cerimonia fratricida tra gemelli…

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The Village

Sfruttando gli accelerometri del WiiRemote (e non il puntatore come in Silent Hill: Shattered Memories) Project Zero 2 si avvale di un sistema di controllo ormai assodato che vede la gestione dei movimenti adibiti allo stick analogico del Nunchuck e la gestione della telecamera e dei tasti d’azione all’immancabile WiiRemote. Per offrire un gameplay più dinamico e moderno, il team di sviluppo ha ben pensato di spostare l’angolo di visuale dietro le spalle della protagonista (addio telecamere fisse quindi), garantendo al gioco quel pizzico di Resident Evil 4 che tanto fece scalpore all’epoca della sua prima release. Questo espediente, unito al redesign di alcuni luoghi, atto a sfruttare al massimo la potenza delle nuove inquadratura, fa di Project Zero 2 un’esperienza ghiotta anche per coloro avessero già avuto modo di divorare l’originale a suo tempo. Per tutto il resto, le meccaniche basilari del gameplay rimangono quasi totalmente inalterate. Meccaniche saggiamente divise fra l’esplorazione del villaggio, risoluzione di qualche astruso enigma e la sopravvivenza agli spiriti grazie alla Camera Obscura. Andando a scavare nelle origini di un genere che ormai pare morto e poco apprezzato dal grande pubblico, il gioco prevede numerosi pellegrinaggi all’insegna dell’esplorazione del villaggio e dei vari edifici che lo compongono, proponendo un ritmo lento (anche andando sempre di corsa) e pacato utile ad aumentare la tensione generale. Questo si traduce spesso in fasi di backtracking anche abbastanza lunghe, ma tutte sempre cariche di un’inquietudine mista ad eccitazione per il senso della scoperta. Ovviamente fin quando non salta fuori l’immancabile donna dai capelli sul volto pronta a farvi trasalire proprio mentre state attraversando una tenda. Una particolarità ereditata direttamente dal quarto capitolo (inedito al di fuori del Giappone) prevede infatti che ogni singola azione, sia essa aprire una porta o raccogliere un oggetto, avvenga in maniera estremamente lenta e angosciante, tale da permettere alle presenze oscure di sorprendervi improvvisamente e dare il via a qualche scontro casuale in pieno stile survival.

Fin tanto che si tiene premuto il tasto A, Mio prosegue con l’azione contestuale che sta eseguendo (sbirciare, raccogliere, aprire una porta), ma non sempre conviene spingersi sino in fondo. La curiosità non sempre ripaga, ma come resistere al fascino dell’ignoto e degli oggetti luccicanti?

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Esorcismi e camere oscure

Sempre per sovvertire la moderna tendenza a mettere nelle mani dei giocatori dei novelli Rambo armati fino ai denti, l’unica arma (se così si può definire) in possesso di Mio è la Camera Obscura che da sempre ha fatto capolinea in ogni episodio della serie. D’altronde cosa gli spari a fare a un fantasma? Una volta impugnata la suddetta, la visuale passa dalla terza alla prima persona e con un semplice click è possibile immortalare l’occulto e l’invisibile all’occhio umano. Ovviamente anche questo espediente è volto a ricreare la massima atmosfera possibile, con volti straziati che appaiono dove prima sembrava esserci solo il vuoto. Sebbene la prima reazione sia sempre quella di scappare vista la scarsità di pellicole a disposizione e la relativa forza degli spiriti (i quali hanno la brutta tendenza a sparire, attaccare in gruppo e sorprendervi nei peggiori dei casi) , la fuga non è un’opzione sempre contemplabile. Una volta ingaggiato uno scontro coi defunti è possibile continuare a muoversi mentre si accumula potere nell’obbiettivo e ricorrere a tutta una serie di scatti speciali utili a respingere il dannato o eseguire più scatti senza dover aspettare di ricaricare la macchina. Nonostante il pattern d’attacco dei fantasmi comuni sia comunque molto semplice e prevedibile, gli scontri con i fantasmi più particolari sono in grado di offrire veri e propri incontri ravvicinati del terzo tipo, con donne che emergono dal pavimento e fastidiosi bambini che non ne vogliono proprio sapere di farsi fotografare. Esorcizzare i fantasmi oltre che necessario al proseguimento in alcuni pezzi, porta con se anche a qualche soddisfazione mutuata direttamente dai JRPG: il level up. Nonostante Mio rimanga per tutto il corso dell’avventura una ragazzina piuttosto fragile (ve ne accorgerete sopratutto lungo le battute finali) la Camera Obscura può essere potenziata attraverso i classici parametri come danno, tempo carica e distanza di fuoco, equipaggiata con speciali lenti dagli effetti più disparati (rallentamento piuttosto che repulsione ecc) e pellicole dalle proprietà esorcizzanti sempre più accentuate. Il senso di inadeguatezza rimane sempre quello di lottare contro delle forze più forti di voi, ma per lo meno si avverte una certa evoluzione delle proprie capacità e del senso di sfida offerto dal gioco.

Quando il reticolo di puntamento si fa rosso è possibile eseguire lo scatto fatale (Fatal Frame del titolo) che permette di respingere l’indemoniato ed infliggere qualche danno extra. In caso di mancato scatto o tempo di ricarica, saranno dolori…

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Comandi posseduti

In pieno stile Resident Evil:Rebirth su GameCube quindi, questo Project Zero 2 Wii edition si dimostra un azzeccatissimo modo di riproporre una vecchia gloria in salsa odierna e tirarla a lucido. Nonostante l’operazione possa dirsi più che riuscita, bisogna comunque dare una tirata d’orecchie a Tecmo Koei per alcune scelte legate alla mappatura dei comandi. L’idea di utilizzare i giroscopi anziché i puntatori è una trovata geniale che permette al giocatore di vivere in prima persona l’inadeguatezza di trovarsi davanti al sovrannaturale, semplicemente perchè il gioco è un continuo traballare della telecamera! Il che non è per forza un bene, anzi. Scendere a compromessi col sistema di controllo è un’operazione tutt’altro che naturale e se durante l’esplorazione non si fa caso più di tanto, una volta impugnata la camera inizia il calvario. La scellerata scelta di utilizzare i sensori per muoversi lungo l’asse verticale e lo stick per quello orizzontale fa si che ci si possa muovere anche durante la mira, ma rende il tutto estremamente macchinoso e a volte persino frustrante. Avere la meglio sui fantasmi, insomma, richiede più attenzione di quel che si possa pensare a primo achitto.
Nonostante un’idea di design da rivedere, Tecmo è riuscita a fruttarne le peculiarità per una modalità secondaria denominata “Casa degli Orrori” la quale permette di valutare la performance del giocatore in base alle reazioni rilevate dal WiiRemote durante l’esplorazione di stanze costruite ex novo per i vari livelli. Nulla di particolarmente eclatante ma comunque una simpatica aggiunta al solido pacchetto principale, che permette anche a un secondo giocatore di infastidire quello principale. Un ritmo lento e una durata poco più che standard (il primo playthrough non durerà poco più che una decina di ore) non sono comunque in grado di intaccare dall’inarrivabile valore ludico e narrativo, dotato comunque di ben tre finali diversi e svariati livelli di difficoltà per coloro volessero re-immergersi nel villaggio maledetto.

Anche se l’idea di monitorare i repentini cambi di direzione e la generale fermezza del polso è buona, spesso passeremo per dei conigli per il semplice fatto di esserci grattati o girati con troppa fretta.

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Spiriti tirati a lucido

Anche se si tratta pur sempre di un remake, l’aspetto tecnico di Project Zero 2 non tradisce tale natura e non sfigura affatto se paragonato ai top di gamma per la bianca console Nintendo. A brillare è sopratutto la direzione artistica, fatta di decadenti architetture folkloristiche  e suggestivi scorci di una cultura ricca di fascino e mistero. La nuova visuale ribassata, posta dietro la protagonista, poi, non fa altro che sottolineare con enfasi ogni minimo spostamento o particolare inusuale che circondano la bella Mio. Un’atmosfera da brividi unica, rafforzata dall’utilizzo di filtri visivi “sporchi” tipici delle vecchie macchine fotografiche e sottolineata con vigore da una colonna sonora pronta a incalzare il giocatore anche nei gesti più piccoli. Inutile dire come una cameretta buia e un paio di cuffie rendano Project zero 2 un’esperienza horror a 360° in grado di immergervi completamente all’interno di Minakami e della sua storia.

Rispetto ai tempi della PS2, i modelli di Mio e Mayu paiono radicalmente modificati. Le due gemelle non solo sfoggiano un guardaroba tutto nuovo e più elaborato ma sono anche visibilmente più mature di quanto non fossero nell’originale.

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In Conclusione…

Se già l’originale Project Zero 2 era considerata una delle migliori esperienze horror dei suoi tempi, questa riedizione per Wii può tranquillamente considerarsi l’analogo dei giorni nostri. Senza minimamente snaturare le meccaniche che hanno reso grandi i survival horror di un tempo, Project Zero 2 Wii Edition si limita a rielaborare le proprie origini con metodo senza per questo strafare o perdere la propria identità. I nostalgici quanto i neofiti troveranno quindi un’esperienza di gioco densa, terrificante e sopratutto sempre odierna , segno che non è  la quantità di sparatorie o le aberrazioni dei mostri a determinare o meno la buona riuscita di un gioco horror. Capcom stai osservando?

Videogiocatore incallito, divoratore di film, seguace della via del Social: praticamente una vita passata a giocare, leggere e scrivere. A volte anche contemporaneamente.

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