Nel 1818 la fervida mente di una giovane scrittrice londinese – Mary Shelley – partorì una delle figure mostruose e “mitologiche” più complesse ed affascinanti di sempre. Un abominio, ma allo stesso tempo un miracolo. Un cacciatore, ma destinato a diventare l’unica preda di un mostro ancora peggiore: l’uomo.
Dopo circa due secoli, assistere all’anteprima mondiale di un film ispirato a quella storia sotto l’ombra del Duomo (cattedrale gotica che ben si sposa alle atmosfere cupe e tenebrose della Londra vittoriana) è stata un’esperienza a dir poco particolare.
Partiamo dal fatto che, a presentare la pellicola, fosse presente in sala nientemeno che l’attore protagonista: Aaron Eckhart.
Quest’ultimo si è detto estremamente soddisfatto del lavoro svolto, nonché particolarmente legato alla fiaba oscura cui avremmo assistito di lì a
Gli illustri predecessori sono innumerevoli, da buon cinefilo ne citerei un paio tra i migliori in assoluto: il capolavoro di James Whale ( Frankenstein, 1931 ), classicone che regalò al mondo l’immortale interpretazione di Boris Karloff nei panni del mostro, e quel gioiello di comicità geniale/demenziale che è Frankenstein Junior di Mel Brooks. Confezionare un’opera originale e fresca cucita intorno alla storia di Shelley non era un’impresa tra le più semplici, è chiaro, ed il paragone con queste ed altre pietre miliari scatta inevitabilmente, ma andiamo con ordine.
Stuart Beattie, nel dirigere il film, opera una scelta intelligente e per nulla scontata: ispirandosi alla graphic novel di Kevin Grevioux crea una cornice totalmente diversa da quella classica. L’epoca in cui si svolgono gli eventi, infatti, è quella odierna (eccezion fatta per un breve e concitatissimo prologo), ed il mostro creato dal Dr. Frankenstein è l’unico personaggio già noto al grande pubblico. L’ambientazione urban/fatiscente riflette il cuore nero e marcio di una società che ha perso ogni valore, ogni fede, del mondo ostile in cui un cadavere ambulante e ricucito alla ben’e meglio pare un agnellino paragonato a chi realmente muove i fili,
A muovere un film imponente e fragoroso come questo c’è, dunque, un intento nobile e molto meno “arrabbiato” di quanto possa sembrare. Bene e male, l’eterna battaglia, ma con una veste rinnovata che – sono sicuro – saprà sedurre i palati più disparati.
Non ci troviamo di fronte ad una pellicola autoriale o ad una nuova pietra miliare dell’horror, ma sono dell’idea che la sperimentazione vada sempre promossa ed appoggiata, in ambito di genere o autoriale che sia, e proprio per questo mi sento di consigliare il film a chiunque voglia “avventurarsi” e dare un nuovo volto ad una delle leggende assolute della cinematografia (e della letteratura) mondiale.
[hr]
ARVE Error: id and provider shortcodes attributes are mandatory for old shortcodes. It is recommended to switch to new shortcodes that need only url
[hr]
A noi ricorda…
[hr]
Con il prossimo Popcorn Time arriva la recensione di un remake horror… i cultori del genere avranno intuito che si tratta di Carrie – Lo Sguardo di Satana , pellicola nata con il difficile (impossibile?) compito di migliorare o comunque re-interpretare il capolavoro di Brian De Palma… missione compiuta o imperdonabile azzardo?