Pokémon Conquest – La Recensione

Pokémon Conquest – La Recensione

Dal ’95 a oggi, di Pokèmon ne abbiamo visti veramente di tutti i colori. E non solo. Tralasciando per un attimo la serie principale di RPG, i mostri tascabili di Satoshi Tajiri si sono resi protagonisti negli anni dei più atipici spin-off videoludici. Giochi di carte, educativi, corse, puzzle, dungeon crawler e via discorrendo. Eppure, nonostante l’elevata quantità di episodi collaterali, nessuno di questi è mai riuscito a raggiungere gli standard qualitativi della serie regolare. Pensiamo solo al recente Super Pokémon Rumble o i vari Mystery Dungeon. Non sorprende quindi che in pochi attendessero questo nuovo Pokèmon Conquest, ibrido strategico con la misconosciuta (almeno qui in occidente) serie Nobunaga’s Ambition. Certe volte però, è bello esser presi in contropiede.

Lo Ameranno: I Pokéfanatici e i giovani strateghi in erba

Lo Odieranno: Chi non riesce a sopportare i ritmi lenti e riflessivi degli strategici

E’ Simile a: Fire Emblem, Final Fantasy Tactics

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Titolo: Pokémon Conquest
Piattaforma: DS
Sviluppatore: Tecmo-Koei
Publisher: Nintendo 
Giocatori: 1/2
Online: solo Download di dati
Lingua : completamente in inglese

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The legend of Ransei

Per un momento provate a dimenticare tutto ciò che imparato sul mondo dei Pokémon. Scordatevi le Pokéball, i centri medici, le medaglie e persino gli allenatori come li avete conosciuti sin’ora. Dato che ci siete, anche eventuali lezioni di storia giapponese che potete aver appreso, perchè nel Giappone feudale del 16esimo secolo che andremo ad esplorare, la diatriba fra Nobunaga e i signori della guerra si combatteva coi Pokémon. Un’insolita prospettiva che prende spunto da un interessante periodo storico del Giappone in cui la supremazia fra i vari regni veniva dettata dalla forza dei Signori Feudatari e dei loro eserciti. Lungi dal proporre una trama articolata come quella dei recenti Bianco e Nero, Pokémon Conquest pone il giocatore nei panni di un giovane Warlord in viaggio per cercare di unificare sotto il suo stendardo tutta la regione di Ransei e, contemporaneamente, cercare di porre un freno all’avanzata dello spietato Oda Nobunaga. Una trama banale scritta male e sviluppata peggio se proprio dobbiamo essere sinceri ma comunque in grado di passare totalmente in secondo piano rispetto al resto della produzione. D’altronde non è che la classica raccolta delle medaglie e la sconfitta dei cattivi avesse mai rappresentato chissà quale stimolo per i giocatori più navigati.

La storia viene portata avanti attraverso qualche illustrazione statica e dialoghi piuttosto banali. Per quanto cacofonica, la commistione Pokémon/Samurai sembra comunque avere il suo perché

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Lotta Pokémon, pronti…VIA!

Più simile a un episodio regolare della serie che non ai vari spin-off prettamente commerciali, l’ultimo nato in casa Tecmo-Koei si focalizza principalmente sulle battaglie e sulla costruzione del proprio personale “dream team” da battaglia. Strizzando l’occhio ai classici della strategia come Final Fantasy Tactics e Fire Emblem, i combattimenti in Pokémon Conquest avvengono su piccole arene a scacchiera all’interno delle quali muovere le proprie unità. Ogni Pokémon si muove di un numero prestabilito di spazi e attacca in maniera diversa (chi nel quadrato adiacente, chi a distanza, chi ad area e così via), il tutto rigorosamente a turni e sottostando alla classica tabella delle debolezze e resistenze che ormai qualunque appassionato di Pokémon ha imparato a conoscere. Ogni regno può ospitare sei guerrieri, i quali possono avere un numero variabile di Pokémon, ma devono schierarne in campo solo uno, per scontri fino a un massimo 6 Vs 6. Proprio come nei classici RPG dei mostri tascabili, i Pokémon crescono (all’aumentare del legame affettivo col proprio padrone) ed evolvono con l’unica differenza che questa volta possono ricorrere a un solo attacco, standard per unità. Eevee utilizzerà sempre “quick attack” e Charmanderember”, scelta che di fatto rende gli scontri di facile previsione ma non per questo meno profondi o divertenti.

Dove infatti Pokémon Conquest da il meglio di se è nella disposizione delle truppe e nello studio del campo, un fattore in grado di fare la differenza tra sconfitta e vittoria anche in caso di pokemon palesemente più deboli degli avversari. La scelta della squadra da portare in battaglia, attaccare alle spalle un Pokémon nemico o attirarlo in mondo da tale da poter ricorrere ai vari elementi ambientali sono solo alcune delle raffinatezze tattiche a cui è possibile ricorrere e che rendono le varie battaglie contro i Warlords piacevoli da programmare e giocare. Questo per quanto riguarda le battaglie. Quando invece non si combatte l’attenzione viene posta sull’amministrazione dei vari possedimenti. Attraverso la mappa principale di Ransei è possibile gestire i propri regni spostando truppe, facendo spese, cavando oro dalle miniere, allenando i singoli guerrieri o andando alla ricerca di nuovi Pokémon per trovare il partner ideale in base ad alcune semplici preferenze; il tutto in vista di rafforzare le proprie unità nel corso degli anni di gioco e dei futuri scontri con i nemici limitrofi. Di rado potrebbe capitare che siano proprio questi ultimi a lanciare il guanto della sfida, anche se bisogna sottolineare come la scarsa aggressività dell’IA renda quest’ultima più un’eventualità che non una regola.

Ogni Pokémon è unico per combinazione di attacco, abilità passive e movimento. Viene a mancare un po’ il fattore personalizzazione, ma l’elevata quantità di truppe (200) garantisce un’inedita profondità agli scontri

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Tante cose da fare, così pochi mesi per farle.

Pur risultando molto semplice nelle meccaniche di base, Pokémon Conquest riesce comunque ad essere un titolo dall’insolita profondità in grado di tenere i giocatori occupati a lungo. Una volta entrati nell’ordine di idee di come gestire al meglio i propri guerrieri e possedimenti, portare avanti in contemporanea varie squadre diventa un’operazione tanto semplice quanto assuefante. Reclutare nuovi condottieri, catturare il giusto Pokémon per il giusto guerriero, evolvere quelli già ottenuti; tutte attività dalla proverbiale “finisco questo mese di gioco e poi spengo” che rendono difficile staccarsi dal DS. Se a ciò si aggiunge poi la vastissima durata dell’avventura principale e la possibilità di intraprendere, a gioco finito, numerose campagne alternative nei panni dei Warlords precedentemente sconfitti, quello che otteniamo è un gioco in grado di appassionare per i mesi (questa volta reali) a venire. Un ottimo antipasto in attesa dei futuri Bianco e Nero 2, impreziosito dall’immancabile multiplayer solo in locale. Stranamente assente, purtroppo, il supporto online del gioco si limita soltanto all’insensato download di missioni secondarie, elementi che potevano essere sbloccati semplicemente a gioco finito. Un vero peccato se si pensa ai passi avanti compiuti dalla serie con il suo arrivo su DS. Ciò che non cambia, invece, è il comparto audio/video, come al solito molto minimale e poco più che funzionale. Gli sprite dei Pokémon fanno sempre la loro bella figura e questa volta sono impreziositi da nuovi artwork statici in grado di rendere perfettamente lo spirito di ogni singolo mostro ideato da GameFreak, peccato solo che le ambientazioni di gioco risultino veramente spoglie e le animazioni dei vari Pokèmon si contino sulle dita di una mano. Una sensazione di piattezza globale sottolineata ulteriormente da una colonna sonora dai toni epici/orientaleggianti poco convincente che fa veramente poco per farsi apprezzare dal giocatore.

Pur non essendo al top del genere, l’aspetto più squisitamente gestionale del gioco risulta un ottimo diversivo per organizzarsi tra una battaglia e l’altra. Occhio a non lasciare sguarniti i regni confinanti con gli avversari.

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 Piccoli cross-over crescono

Andando contro un trend negativo che da sempre affligge i progetti alternativi legati al poké-mondo, Pokémon Conquest si configura come una piacevole sorpresa e uno spin-off curato alla stregua degli episodi maggiori della serie. Profondo e longevo come solo i migliori giochi di Pokémon sanno essere, Pokémon Conquest, pur non brillando particolarmente, è in grado di offrire un’esperienza alternativa divertente ed appagante. Alcune scelte a livello di design impediscono al titolo in questione di spiccare come vorrebbe (il mancato supporto al multiplayer online e un’eccessiva facilità su tutti) ma la sensazione generale è quella di trovarsi davanti a un ottimo punto di partenza  per quello che potrebbe diventare molto più di un semplice cross-over sperimentale. Un  buon modo per ingannare l’attesa di un inverno i cui riflettori saranno tutti puntati sui nuovi Bianco e Nero 2.

Videogiocatore incallito, divoratore di film, seguace della via del Social: praticamente una vita passata a giocare, leggere e scrivere. A volte anche contemporaneamente.

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