InFamous: Second Son – Recensione

InFamous: Second Son – Recensione

InFamous, la personale reinterpretazione del concetto di supereroe di Sucker Punch torna con veemenza a galla, con sembianze differenti , una giovane console su cui far faville, e una freschezza tutta nuova in grado di far percorrere alla serie un’altra strada, ma con gli stessi mezzi del passato. Da sempre esclusiva di casa Sony, il team di (vicino) Seattle riesce in un sol colpo a dare un colpo di spugna e a tributare, in primis, la sua creatura, non senza qualche strizzatina d’occhio ai fan delle sue altre produzioni (anche quelle risalenti alla PS2), ma anche e soprattutto alla sua amata città, teatro di questo nuovo capitolo e involontariamente co-protagonista, in piccola parte dal punto di vista ludico e in misura nettamente maggiore da quello più estetico e artistico. Riuscirà Delsin Rowe a far sembrare il caro vecchio Cole un pezzo d’antiquariato del gaming?

Avete presente quando l’acquisto di un nuovo letto segna l’inevitabile fase di “assestamento”, per far sì che corpo, mente e schiena si abituino alla nuova piattaforma sulla quale far ricaricare le batterie dopo una faticosa giornata? Dopo qualche notte insonne e qualche brontolio, ci si ritrova, volenti o nolenti, a dormire come pargoli. E se il terzo giorno qualcuno vi costringesse a cambiare nuovamente materasso, non troppo dissimile dal precedente, ma con qualche strato di piume in più? Nel caso in cui vogliate concedermi l’opportunità di sfruttare questo lungo giro di parole per farvi capire com’è questo nuovo InFamous, sappiate che Second Son è il materasso del terzo giorno, ma tranquilli, è talmente comodo e soffice da non farvi rimpiangere neanche per un secondo quel vecchio ammasso di stoffa del giorno prima.

Del resto, le gesta di Delsin si inseriscono con prepotenza in un terreno già noto, quello battuto da Cole nei due precedenti atti apparsi su PS3, e ad esso collegato: sette anni dopo i “famosi” eventi dell’ultimo InFamous, gli Stati Uniti vivono un’era di controllo militare, terrore e di feroci sospetti contro i “Conduit“, individui dotati di speciali poteri troppo grandi da poter essere lasciati liberi, troppo preziosi per limitarsi ad uno sterminio della loro “razza”. Il D.U.P., la nemesi che il giocatore si troverà affrontare, ha tappezzato la città di checkpoint, mezzi blindati, ronde e propaganda, trasformando Seattle in una sorta di prigione a cielo aperto; ed è nel centro del mondo virtuale dipinto da Sucker Punch che questi “bioterroristi“, come li chiamano i media corrotti, vengono tenuti a bada, resi innocui e privati di ogni normalissimo diritto. Diritti di cui godeva anche Delsin Rowe, lo sbarbatello punk e graffitaro che impersoneremo, ma il destino è sempre pronto a metterci alla prova, e quando un incontro fortuito e un dono tanto speciale quanto “scottante” pongono in serio pericolo i membri della tribù degli Akomish, l’abbandono delle placide e noiose giornate di Salmon Bay County e la partenza per Seattle si trasforma in una potenziale missione kamikaze. Del resto, “da grandi poteri derivano grandi responsabilità”, e il viaggio del nostro eroe, sappiatelo, ne sarà costellato.

In molti hanno fallito, ma il cambio di protagonista escogitato da Sucker Punch può dirsi più che riuscito. Un po’ perché Cole si è perso per strada già nel secondo capitolo, un po’ per il lavoro sopraffino svolto in fase di caratterizzazione, difficilmente troverete un personaggio più simpatico e al contempo carismatico tra i tripla-A degli ultimi anni. E la stessa trama, fin troppo semplice e per nulla memorabile, scorrerà via con piacere tra esilaranti scambi di battute tra Delsin e Reggie (lo sbirro di famiglia), fratello e spalla comica ben inserita nel contesto, e ottime cutscenes, tanto quelle realizzate con grafica in-game (complici le migliori animazioni facciali sul mercato) quanto quelle in cui i conduit incontrati narreranno “telepaticamente” la loro triste storia al protagonista, con uno stile a fumetti davvero splendido.

Sembra infatti che il team abbia lasciato a casa idee e colpi di scena, affidando tutta la fatica ad un Troy Baker (doppiatore di Kanji di Persona 4! Ah, e anche Joel di T.L.o.U. e Booker DeWitt di Bioshock Infinite, tra i tanti) in gran spolvero, il quale, tra movenze, voce ed espressioni, è riuscito ad regalarci un protagonista dannatamente vivo, dall’attitudine “in your face” ma a tratti umano, e sempre ben consapevole del peso che le proprie azioni hanno sugli individui che ruotano intorno all’orbita di ognuno di noi, soprattutto se è il giocatore con il pad in mano a compierle. Ed una peculiarità della serie, qui riproposta con meno sfumature ma sempre in maniera evidente, sta proprio nel trovarsi a dei bivi karmici, in grado di cambiare il corso degli eventi e l’intero gameplay.

Tra le novità introdotte, quella che spicca su tutte risiede nella natura stessa di Delsin: il suo dono consiste infatti nella possibilità di assorbire i poteri degli odiatissimi conduit come una spugna, un esplosivo concentrato di rabbia, velocità e potenza. In tutto ne avrete quattro a disposizione, ma per evitare spoiler preferiamo soffermarci sugli unici due svelati sinora, il fumo e il neonDi sicuro, una preoccupazione che possiamo spazzarvi via è quella che concerne la varietà che una simile trovata offre: ogni “elemento” legato a tali poteri porta infatti con sé tipi di approccio ai combattimenti e all’esplorazione differenti ma anche vari attacchi, tra melee (una catena infusa di potere), sorta di proiettili (da sparare come in un TPS), e devastanti versioni potenziate degli stessi, dall’utilizzo limitato ma dannatamente letali. Al contrario di quel che spesso accade, non li avremo tutti pronti nella nostra cintola: grazie al touchpad del controller PS4, sfruttato intelligentemente in numerose azioni contestuali (come aprire delle porte, ad esempio), sarà possibile assorbire un determinato elemento presente nell’ambiente circostante, costringendovi, di fatto, ad alternare le vostre tattiche in base alla location dello scontro, anche per via della necessità di ricaricare la barra dell’energia: sui tetti sarà più probabile trovare qualche comignolo, mentre nei quartieri commerciali troverete un gran numero di insegne, pronte ad inondarvi di preziosissima luce.

L’alternanza tra i due (anzi, i quattro) poteri non sarà da sottovalutare, in quanto anche i movimenti di Delsin saranno influenzati dall’ultimo elemento assorbito, con il fumo che risulta più lento, in grado di offrire unicamente dei brevissimi scatti, ma che fornisce dei “missili” più potenti (utile quindi contro i nemici più coriacei), mentre il neon renderà più semplici le scalate sui palazzi (un po’ faticose per via di un’interazione col mondo circostante non sempre precisa e pulita, tra cornicioni, finestre e sporgenze sporadicamente difficili da afferrare) e gli scontri con i soldati semplici, grazie anche ad una delle abilità sbloccabili (tramite frammenti dell’esplosione sparsi ovunque in città) che permetterà di mandare KO o sottomettere gli avversari con un colpo preciso. Come in passato, queste due “opzioni”, relative anche all’approccio con il quale si conducono gli scontri, influenzeranno vari aspetti della vostra avventura, a partire dal susseguirsi degli eventi, scanditi da un numero di missioni per nulla elevato e non molto ispirate e da alcune scelte (da effettuare durante precise cutscenes e portando a termine le missioni “biforcute” che verranno attivate di conseguenza), ma anche le stesse abilità che potranno arricchire il nostro armamentario, con danni potenziati per i cattivi, e agilità per chi vorrà dedicarsi ad un playthrough interamente da bravo ragazzo. Per non parlare dell’accumulare azioni in battaglia dello stesso orientamento, cosa che vi permetterà di attivare delle super mosse speciali tanto devastanti quanto esaltanti, come lo Schianto Orbitale che sin dalle prime immagini e video rilasciati accompagna il titolo.

La possibilità di alternare a proprio piacimento lo stile di combattimento è certamente un qualcosa di positivo, soprattutto in un genere come quello free roaming che, salvo rare eccezioni, sfocia troppo spesso nella noia e nella ripetizione. Second Son scorre via fluido, quello non c’è dubbio, ma siamo ben lontani dalla perfezione. In primis, gli scontri stessi sono minati da un problema costante, un errato bilanciamento che, anche a difficoltà Normale, porta il nostro eroe a tollerare pochissimi colpi, cosa che vi costringerà ad abusare dello scatto per schivarne quanti più possibili, per cercare una fonte di energia nei paraggi, o semplicemente per tenervi a debita distanza e recuperare salute dopo qualche secondo, rinunciando il più delle volte ai colpi all’arma bianca in favore di un costante approccio da third person shooter. Un vero peccato, quello di non poter riempire di sonori pugni gli avversari, i quali, inoltre, per colpa di un’IA non sempre performante si ritroveranno a girare su se stessi o ad ignorarvi, abilissimi in compenso a massacrarvi con poche e rapidissime scariche di proiettili, il tutto a discapito del ritmo frenetico che è lecito attendersi da un gioco con protagonista un supereroe, ma anche della sensazione di onnipotenza che si va inevitabilmente a far benedire.

E come se non bastasse, ci pensa un fattore distruttibilità altalenante a rendere più tiepide le vostre sessioni di gioco, che riesce ad essere in alcuni momenti pazzesco (al primo punto di controllo del D.U.P. ve ne accorgerete), in altri davvero ridicolo, in particolare al cospetto di pali della luce indistruttibili o coni stradali inamovibili,  o di auto impossibili da scalfire ma che esplodono dopo qualche colpo ben assestato. In compenso, nella maggior parte delle situazioni troverete degli agguerritissimi soldati (i principali nemici, e i meno afflitti da problemi), versioni mutate degli stessi e conduit di supporto, che come dei maghi in un GDR, supporteranno la loro squadra con protezioni, potenziamenti elementali, e stallatiti di cemento pronte ad ostruirci la strada o le vie di fuga (come i condotti, che potranno essere attraversati in forma “fumosa” per schizzare rapidamente sul tetto), tutti da riempire di cazzotti, esplosioni pirotecniche e agguati alle spalle, sfruttando la super agilità del nostro eroe. Un altro problema legato alla natura free roaming nel titolo è la poverà di side-quest, che sarebbe meglio chiamare “attività collaterali“: Seattle è infatti divisa in quartieri, in ognuno dei quali bisognerà distruggere un comando mobile del D.U.P. prima di poter proseguire nella main quest e ottenere nuove abilità. Una volta rimosso il punto nevralgico della nostra nemesi, appariranno sulla mappa un numero di compiti extra sempre uguali tramite i quali sarà possibile ridurre (e debellare del tutto) il suo dominio sulla zona, che andranno dallo scovare un agente sotto copertura, al ritrovare un messaggio audio, fino all’imbrattare i muri di graffiti grazie ad una brillante trovata basata sull’accelerometro del pad di PS4. Troppo brevi per annoiare, e la disposizione degli obiettivi vi sprona a portarne più di una a termine in maniera più che naturale, ma siamo bel lontani dallo standard che un titolo del genere dovrebbe offrire.

L’eccellenza, anche qui con qualche riserva, viene però raggiunta dal comparto grafico. La Seattle riproposta con tanto amore da Sucker Punch è dannatamente splendida, viva (con i suoi cittadini sempre pronti a fotografare i feriti, a protestare contro i conduit, o a incitare il buon Delsin), ricca di anfratti da esplorare e luoghi topici, dallo Space Needle interamente scalabile fino agli splendidi parchi e agli altissimi palazzi. Non bastano le parole per descrivere lo splendore delle foreste e delle coste di Salmon Bay County (dove è ambientato l’inizio dell’avventura), dei tramonti che donano al mare e alle montagne che circondano la città un’aura magica, della pioggia più realistica mai vista in un videogame, che lascia pozzanghere e lievi patine sulle strade e le auto. E poi ci sono i poteri stessi, tra le luci sfavillanti prodotte dal neon, o le infinite particelle sprigionate da un Delsin splendidamente realizzato, e come detto, interpretato (seppur virtualmente) in maniera impeccabile. Ottima anche la caratterizzazione dei co-protagonisti, dalla crudele Augustine, alla scapestrata Fetch, passando per Reggie, grillo parlante e fratello sin troppo premuroso, tutti resi vivissimi da splendide animazioni e, almeno in lingua originale, da voice-over intensi e ben realizzatidecisamente migliori delle controparti in lingua nostrana: apprezzabile lo sforzo di rendere più piacevole l’esperienza ai non-anglofoni, ma in più di un’occasione (Reggie su tutti), il  paragone è imbarazzante.

 Mai sconcertante, comunque, quanto l’assenza di ombre. O meglio, di un sistema illuminazione dinamico che dia sfoggio di ombre con naturalezza in ogni fase della giornata, e non solo quando la fonte di luce è il Sole. Se l’artificialità di un ciclo giorno-notte scandito dalle missioni della trama principale dà già di per sé un bel colpo alla verosimiglianza centrata in pieno con la riuscitissima e superba riproposizione di Seattle, la totale assenza di qualsivoglia ombra nelle fasi in notturna lascia davvero di stucco l’occhio più allenato: un dettaglio ludicamente sorvolabile, sia chiaro, pesante quanto un macigno ma comunque segnalato non senza imbarazzo e con molta onestà dallo stesso team ben prima del lancio, una scelta dettata da questioni di stabilità generale (così come il frame-rate a 30 fps), una scelta che permette al gioco di scorrere fluido, senza intoppi o rallentamenti (salvo qualche problemino con le collisioni, risolto in parte dalla D1 patch) e le meraviglie che verranno poste dinanzi ai vostri occhi vi faranno tranquillamente dimenticare il tutto, ma il sapore di questo tuffo nella next-gen, per quanto prelibato, risulta un po’ acerbo. A porre la ciliegina sulla torta ci pensa un’ottima colonna sonora, fatta di brani rocciosi a tratti, onirici in alcuni frangenti, o semplici linee di una chitarra triste quanto la stessa Seattle, resa divertente unicamente dai superpoteri (e dalle battute) di Delsin. E se le chicche sparse qua e là per i fan di lunga data delle serie di Sucker Punch saranno una piacevole presenza, l’ingiustificata assenza “sonora” dei tanti splendidi gruppi provenienti da Seattle (tranquilli, gli inflazionatissimi Nirvana li troverete anche qui) è un vero colpo al cuore.

In conclusione…

Il reboot targato Sucker Punch può dirsi certamente riuscito, ma non è la rivoluzione, né il clamoroso exploit che ci aspettavamo: il nuovo protagonista si rivela essere un ottimo punto di inizio per un nuovo corso, le meccaniche di gameplay rinnovato e meno macchinoso, legate all’alternanza dei superpoteri, si confermano una trovata brillante, e il sublime comparto grafico (seppur con le sue imperfezioni, anche notevoli) è un sonoro pugno allo stomaco di tutti i detrattori della nuova generazione di console (e in particolare di PS4). Ma per quanto il gioco scorra fluidamente lungo le sue 13/14 ore di durata (raddoppiate nel caso in cui vogliate esplorare entrambi i lati “karmici”), non riesce a lasciare il segno, complice una trama troppo semplice e priva di clamorosi colpi di scena, un combat system sbilanciato e l’assenza di qualsivoglia side-quest, sostituite da attività mordi e fuggi che alleggeriscono l’esperienza ma sguazzano in una ripetitiva ciclicità. Lo scorrazzare in una splendida Seattle nei panni di un carismatico e potente Delsin Rowe è stata comunque un’esperienza piacevole, nella quale l’occhio ha avuto la sua parte e dalla quale non riesce né vuole staccarsi.

Voto: 7,5/10

Traduttore e blogger freelance, adora (s)parlare di videogiochi e musica spaccatimpani tutto il dì. Quando può suona, gioca e legge, di tutto, anche le etichette degli shampoo. Terrore dei recensori e abbassatore di voti seriale, ha brillantemente sostituito le fatture ai suoi amati boss di Dark Souls, respingendo con caparbia ossessione e gioco di scudi qualsiasi backstab della vita sociale.

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