Popcorn Time: Il Viaggio di Arlo – Recensione

Popcorn Time: Il Viaggio di Arlo – Recensione

Se l’anno scorso non è uscito nessun film Pixar, quest’anno abbiamo la fortuna di vederne addirittura due: dopo il bellissimo Inside Out (uno dei film dell’anno e non solo nel genere dell’animazione), finalmente possiamo conoscere Arlo e la sua avventura. The Good Dinosaur, distribuito in Italia come Il Viaggio di Arlo, era infatti previsto proprio nel 2014, ma una genesi travagliata ha fatto sì che il film venisse continuamente rimandato, fino all’uscita prevista ora per novembre, in tempo per la stagione natalizia.

Ed in effetti Il Viaggio di Arlo, pur senza renne e Babbo Natale, è un perfetto esempio di film natalizio dal momento che fa in gran parte perno su un tema tanto caro a questo periodo, ovvero la famiglia.

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Nel mondo di Arlo i dinosauri non si sono estinti: l’asteroide che 65 milioni di anni fa ha effettivamente colpito la Terra e spazzato via la maggior parte delle creature in vita, in questo film devia la sua corsa, lasciando il pianeta e le creature che le abitano libere di proliferare. Così i dinosauri, proprio come hanno fatto gli umani, hanno sviluppato l’agricoltura e l’allevamento e Il Viaggio di Arlo ci cala proprio all’interno di una fattoria molto speciale. Arlo è infatti il terzogenito di una famiglia di Apatosauri (più noti come Brachiosauri) e tra i tre è il più piccolo, goffo e fifone. Ognuno in famiglia è riuscito a distinguersi per qualcosa, guadagnandosi il diritto di porre come trofeo la propria orma sul muro della fattoria, tutti tranne Arlo. Soltanto il più classico dei viaggi di formazione potrà fare di Arlo l’adulto che vorrebbe essere e per superare le prove avrà al suo fianco Spot, un cucciolo di umano.

Nel passato alternativo del film Pixar, Spot si comporta proprio come se fosse il cane di Arlo, aiutandolo e difendendolo. Come spesso accade in produzioni del genere, Arlo e Spot sono tanto opposti e complementari, quanto simili: hanno entrambi alle spalle dei lutti che li segnano, ma se il primo è atterrito dal mondo intero, il secondo ha imparato ad affrontarlo a testa alta, con un coraggio che Arlo non è in grado di concepire inizialmente. Soltanto il sopracitato viaggio di formazione farà in modo tale che entrambi prendano dal proprio compagno il meglio.

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La struttura del film è quindi molto semplice e vede i due in un cammino costellato di personaggi molto ben caratterizzati (una vera e propria specialità della Pixar che con una maestria ormai enciclopedica riesce a tratteggiare dei caratteri anche solo con poche battute) ed irto di pericoli da superare. Su questa struttura così lineare (ma comunque efficace), la Pixar ha inserito una simbologia molto esplicita, ma opportuna nell’ottica del pubblico più giovane rispetto a produzioni come Inside Out: ecco quindi che troviamo la tempesta come esplicito turbamento adolescenziale, la rete di liane in cui Arlo rimane impigliato come ostacolo al superamento delle sue paure e così via. Interessante infine la trasposizione di quel mondo bucolico e pastorizio americano (composto dai topoi della fattoria, il ranch, la conduzione familiare e il focolare notturno attorno al quale raccontarsi storie) che ritroviamo trasposti in un film con i dinosauri in un classico ribaltamento della realtà tipico di molti film Pixar.

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Bisogna infine spendere due parole sull’aspetto tecnico del film: ormai siamo abituati a produzioni di altissimo livello quando si parla di Pixar, ma con Il Viaggio di Arlo si sono superati. Se infatti i personaggi hanno un’aspetto cartoonoso, i fondali sono così dettagliati e realistici da sembrare materiale girato con cineprese e senza esagerazioni possiamo affermare che alcuni dettagli (come l’acqua) sono tra i migliori mai visti in un film d’animazione, se non addirittura proprio l’apice raggiunto al momento al cinema.

Il Viaggio di Arlo non è quindi quel colpo di genio che rimarrà nella storia della produzione Pixar come lo sono stati WALL•E o il recente Inside Out (due film con molteplici livelli di lettura e un pubblico molto variegato), ma rientra bensì nella produzione “minore” (doverose le virgolette) più rivolta ad un pubblico di piccoli spettatori. Ciò non toglie che nella sua semplicità Il Viaggio di Arlo sia un film tanto delicato quanto commovente e pertanto caldamente consigliato a tutti.

Da quando ho scoperto che i piaceri che i miei pollici opponibili potevano darmi con un joypad erano pressoché infiniti non ho mai smesso di videogiocare. Appassionato di cinema e musica, sempre e solo a livello maniacale.

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