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Hyper Light Breaker, la nostra prova dell’early access

Il cuore c’è, ma c’è anche da lavorare

Heart Machine con Hyper Light Drifter ci ha regalato un piccolo capolavoro ancora indimenticato da chi ebbe l’accortezza e la fortuna di giocarselo all’epoca del suo debutto, si parla del 2016, o di recuperalo in seguito tramite una delle tante trasposizioni di cui godette. Il metroidvania con visuale isometrica, seppe conquistare critica e pubblico con il suo stile artistico ispiratissimo, il gameplay solido, un livello di sfida lievemente tarato verso l’alto.  

Sul finire del 2021, la software house con base in California pubblicò Solar Ash, che a discapito del titolo era ambientato nello stesso universo finzionale, pur proponendo un gameplay completamente diverso e pur non riuscendo a ricreare la magia in termini qualitativi del prequel spirituale. A quanto pare, Heart Machine aveva ancora delle storie da raccontare di quel mondo digitale, altri scorci da mostrarci e personaggi da mandare in scena con cui arricchire una lore frastagliata, sfaccettata, estremamente criptica.

Hyper Light Breaker rappresenta l’ennesimo cambio di genere di quella che assume sempre più le forme di una serie antologica, tenuta insieme da deboli richiami, in cui ogni capitolo rappresenta una sorta di rinascita e la cui unica costante è rappresentata dalla riproposizione di alcuni elementi estetici come l’uso di colori acidi, spesso in forte contrasto tra loro.

In termini visivi, nonostante l’introduzione della terza dimensione e il cambio di prospettiva, il collegamento a Hyper Light Drifter è evidente

Questa volta, il modello di riferimento non sono i metroidvania, né gli action tridimensionali, quanto i roguelite, in stile Returnal o Hades per intenderci. Il gioco, disponibile da qualche giorno in early access, si apre un po’ bruscamente. Non ci sono video introduttivi, né didascalie generosi di dettagli o coordinate narrative con cui l’utente possa orientarsi un minimo. L’unica cosa certa è che l’Overgrowth, regno tra i regni, è un pericolo, minacciato da non meglio specificate forze ostili che il protagonista dovrà ovviamente eliminare. Per ristabilire la pace? Per riconquistare un dominio perduto? Per salvare qualcuno? Al momento non si sa nulla. Persino lo sparuto gruppo di NPC che potrete incontrare nell’hub è tutt’altro che incline alle chiacchiere.

Come in qualsiasi gioco del genere, ad ogni morte verrete catapultati in quest’area iniziale, dove potrete acquistare potenziamenti ed eventualmente riparare gli oggetti d’equipaggiamento recuperati sul campo tra un tentativo e l’altro. Quest’area, in questa versione del gioco, è davvero limitatissima. C’è uno shop dedicato alle armi, uno per i perk e basta. Letteralmente non c’è altro da fare.

Insomma, sia sul profilo della narrazione, che su quello contenutistico, Hyper Light Breaker è un vero e proprio cantiere a cielo aperto, quasi si trattasse più di una corposa demo, che di un vero e proprio early access.

Heart Machine è riuscita ad amalgamare un combat system davvero soddisfacente, fluido, dalle ottime potenzialità

Fortunatamente, la maggior parte delle titubanze si fermano qui, dal momento che il gioco è estremamente intrattenente e appagante, per quanto ovviamente impensierito da qualche ì problema di bilanciamento. Un po’ come fu per i prequel antologici, anche in questo caso l’asticella della difficoltà e lievemente tarato verso l’alto, ma le primissime partite potrebbero essere particolarmente traumatizzanti, soprattutto considerando gli obiettivi da raggiungere per avere la meglio nell’avventura.

Hyper Light Breaker è un roguelite tridimensionale votato all’azione e all’esplorazione di una mappa dalle dimensioni contenute, ma ricca di punti d’interesse. Basta inclinare la prima volta lo stick analogico per sorprendersi dell’ottima risposta ai comandi, per la precisione e reattività con cui ogni comando viene correttamente interpretato dal software. C’è qualche piccola incertezza quando si incontra un piccolo ostacolo lungo il percorso. Anche durante i salti, ogni tanto si ha la sensazione che le collisioni non siano perfettamente calibrate. Piccole storture che saranno sicuramente limate nei prossimi mesi.

Tuttavia, un sistema di controllo globalmente affidabile è un fattore imprescindibile, vista la relativa velocità d’azione e l’alto numero di nemici che dovrete fronteggiare, a fronte di una barra della vita sulle prime contenutissima e limitatissima. Non passa molto tempo prima di essere soverchiati in tutte le direzioni. Soprattutto giocando da soli, per quanto sia possibile creare team di massimo tre giocatori, inizialmente è davvero difficile badare ai quadrupedi che vi corrono incontro effettuando attacchi ad area, mentre si cerca di schivare i proiettili esplosi da cecchini appostati a distanza.

Scivolare con l’overboard sull’acqua è davvero divertente

L’avatar può fare affidamento su armi bianche, su una pistola dotata di poche munizioni, della schivata e persino della parata, sebbene sia una tecnica davvero difficile da padroneggiare dal momento che si viene attaccati su più fronti contemporaneamente. Quando le combo vanno a segno e si disperde il gruppo di avversari, sfoltendoli progressivamente, riuscendo con tempismo ad eludere le offensive, magari piazzando qualche colpo alla testa per eliminare gli avversari più distanti, si ha la netta sensazione che Heart Machine sia riuscita ad amalgamare un combat system davvero soddisfacente, fluido, dalle ottime potenzialità, soprattutto considerando i perk e i bonus garantiti da ogni arma. Va da sé che in certi casi la magia si infrange. Spesso i nemici sono davvero troppi, arrivano rinforzi con eccessiva frequenza, si lamenta la sleale apparizione di un mini-boss nel momento peggiore. Anche le vie di fuga in certe circostanze sono limitate, visto che alcune zone sono inizialmente tossiche e, quindi, non attraversabili in libertà.

In breve, non è poi così difficile morire, eventualità che mette in mostra un’altra caratteristica interessante di Hyper Light Breaker. Avrete infatti sino a tre tentativi per abbattere il boss di turno, prima che la mappa venga completamente azzerata e ricreata casualmente. Allo stesso tempo, oggetti, armi e perk recuperati sul campo ad ogni ritorno all’hub perderanno parte della loro integrità, rompendosi irrimediabilmente quando l’indicatore raggiungerà lo zero. Andranno quindi fatte delle valutazioni in fase di preparazione, considerando rischi e opportunità di portare con sé alcuni oggetti, lasciandone al sicuro altri.

Laddove Hades permetteva la creazione di build con quello che veniva recuperato lungo la run in corso, Hyper Light Breaker apre a soluzioni più strategiche, tattiche, persino attendiste, in cui alcune partite possono esclusivamente concentrarsi sull’accumulo di equipaggiamento, in vista del tentativo in cui invece puntare con decisione al boss da sconfiggere. Da questo punto di vista, armi e bonus spaziano davvero molto in termini di effetti, danni, vantaggi offerti, un dettaglio che farà la gioia di chi ama districarsi tra statistiche ed equipaggiamenti perfetti da imbastire.

Sconfiggendo boss e progredendo nell’avventura si sbloccheranno nuovi NPC, ma al momento il gioco è limitato anche in questo senso

Promettete anche la fase esplorativa. Come dicevamo poco sopra, le mappe non sono particolarmente ampie, ma contando sul paracadute e, soprattutto, sull’overboard, capace anche di planare sull’acqua, in pochi secondi si raggiunge facilmente un luogo d’interesse dopo l’altro. Tra rovine abbandonate, strutture più spiccatamente tecnologiche e basi sotterranee nascoste, anche il semplice girovagare per lo scenario è un’attività gustosa, ricca di soddisfazioni, priva di momenti morti.

Heart Machine si è concentrata molto sulla progressione e sul ritmo, insomma, andando a comporre un’esperienza che punta a mettere quasi costantemente sotto pressione il giocatore. Al momento, tuttavia, manca la sovrastruttura. Se il combat system è già in grado di elargire gioie, se il bestiario ci è parso piuttosto vario, se l’algoritmo che crea le mappe è ben calibrato nel creare ambienti densi di punti d’interesse, se persino graficamente il gioco si lascia guardare, principalmente grazie ad un art design ispirato, manca ancora tutto il resto. Un contesto narrativo degno di questo nome innanzitutto. Un hub che possa consentire una profonda gestione del personaggio. Un lavoro di rifinitura su alcuni dettagli come le collisioni con alcuni elementi dello scenario. Una visione di fondo più ampia, che proietti il giocatore in un’avventura a tutto tondo e non in una serie di sortite in uno scenario da esplorare e in cui combattere.

Hyper Light Breaker, insomma, deve anche diventare degno del nome che porta. Se la saga ha sempre elargito emozionanti suggestioni sul piano narrativo e artistico, anche questo capitolo non deve essere da meno. Lo spostamento del focus sul piano puramente ludico, usando come perno la cooperazione con altri videogiocatori, è qualcosa che ci incuriosisce molto. Già questo early access ci ha dato testimonianza dell’abilità degli sviluppatori nell’amalgamare un gameplay soddisfacente. Ma se il gioco non vuole finire nell’oblio, fagocitato dalle tante esperienze simili già disponibili sul mercato e in arrivo prossimamente, produzioni che magari potranno contare su reparti marketing ben più attrezzati, allora sarà necessario il tocco che ha reso unico soprattutto Hyper Light Drifter. Il percorso verso la versione finale del gioco sembra ancora lunga, ma noi facciamo il tifo per Heart Machine.