Homeworld: Deserts of Kharak – Recensione

Homeworld: Deserts of Kharak – Recensione

Quando si inizia a scrivere una recensione, tendenzialmente ci si dovrebbe soffermare nel comporre un’analisi critica e minuziosa degli aspetti tecnici e contenutistici di un gioco, ma per Homeworld: Deserts of Kharak il lavoro è arduo, in quanto il nuovo titolo dei Gearbox Software è capace di stregare e farsi amare fin dal primissimo secondo. Avevamo lasciato l’odissea degli Hiigaran con Homeworld Remastered Collection, una favolosa rimasterizzazione in alta definizione onnicomprensiva del primo e del secondo capitolo. Come un vero e proprio poema epico, i senza patria avevano fatto ritorno a casa, salvandosi da un destino di stenti, guerra ed estinzione. Eppure, la storia di Homeworld ha sempre avuto un alone di mistero: cosa è accaduto prima della costruzione della Mothership e dell’inizio del fortunato viaggio verso casa?

Fortunatamente, dal fallimento della THQ i Gearbox son riusciti ad acquistare i diritti della IP e non solo hanno riportato miracolosamente alla luce una versione HD di Homeworld ed Homeworld 2, ma pare non abbiano ancora intenzione di arrestarsi. Proprio dalla voglia di sfruttare un marchio così pieno di elementi narrativi è nata l’idea del nuovissimo Homeworld: Deserts of Kharak, prequel ufficiale di quella serie pietra miliare che ha fatto storia nel panorama degli RTS. Deserts of Kharak ci riporta indietro di qualche anno nella storia degli Hiigaran che al tempo degli eventi narrati in questo episodio si chiamano ancora Kushan. Da stracci di conversazione e da qualche missione di Homeworld ed Homewolrd 2 sappiamo che la Motherbase è stata trovata per caso in mezzo al deserto da un satellite in orbita geostazionaria su Kharak. In questo nuovo capitolo impersoneremo proprio quel team di ricerca che si è imbarcato nell’impresa di recuperare la fonte energetica sconosciuta rilevata dal famoso satellite che solo più tardi si scoprirà essere un’astronave aliena.

Homeworld: Deserts of Kharak

PiattaformaPC

Genere: Strategia in Tempo Reale

Sviluppatore: Gearbox Software

Publisher: Gearbox Software

Giocatori: 1

Online: Modalità Schermaglia

Lingua: Testi in Italiano/Parlato in Inglese

E non c’è mai Homeworld senza un viaggio, un’epopea lungo paesaggi colmi di mistero, solitudine e pericolo, solo che a questo giro non avremo astronavi che si muoveranno lungo i tre assi X Y Z nello spazio vuoto, maun’armata Kushan che invece dovrà affrontare l’infinità del mare di dune, un deserto vastissimo in cui si nascondono relitti sconosciuti e nemici pronti ad arrestare la nostra avanzata.

Il concept del gioco, tuttavia, nonostante presenti le innovazioni del caso, non tradisce mai l’ispirazione ai due episodi classici e ripresenta a grandi linee le stesse meccaniche, riuscendo comunque a rinnovarsi ed a mantenere il passo con i tempi moderni. Esattamente come in Homeworld e Homeworld 2, il giocatore dovrà cimentarsi di volta in volta in stage propedeutici all’avanzata dei Kushan verso la meta finale. La modalità campagna, perciò, ci metterà al comando di una flotta desertica che inizialmente sarà composta da pochissime unità che andremo a riparare, potenziare o aumentare in numero trascinandocele con noi di missione in missione. Fulcro delle nostre operazioni nel deserto di Kharak è la controparte “terrestre” della motherbase, ovvero la Kapisi, una specie di enorme portaerei che invece di solcare le acque attraverserà il mare di dune grazie a dei cingoli giganteschi abili nel far presa sulla sabbia mutevole e scivolosa. È vitale mantenere in vita la Kapisi, poiché almeno all’inizio è l’unica unità capace di produrre nuovi mezzi da battaglia e non serve specificare che senza essa ci sarebbe il gameover.

Fulcro delle nostre operazioni sarà la Kapisi, una specie di enorme portaerei che invece di solcare le acque attraverserà un mare di dune.

Viene ripreso, inoltre, il sistema di combattimento in pieno stile morra cinese, in cui una data unità sarà più efficace con alcuni nemici mentre sarà inevitabilmente più debole con altri, ma tutto sommato il gioco è estremamente equilibrato come esige il marchio di fabbrica di Homeworld. La potenza di una flotta, quindi, non è tanto data dal numero di veicoli posseduti quanto dalla varietà e dall’uso esatto degli stessi. Sebbene la morra cinese non sia proprio l’apice dell’innovazione nel meccanismo di un RTS, Homeworld: Deserts of Kharak si prefigge di sfruttare anche l’ambiente in cui si svolgono le missioni, rendendo più profondi i combattimenti grazie alla possibilità di usare strategicamente alture e depressioni. Se le unità verranno schierate in cima a dune o montagne rocciose, queste otterranno enormi bonus all’attacco o potranno addirittura schermarsi dietro creste e rocce così da non ricevere il fuoco nemico. L’ambiente è pesantemente utilizzato in questo nuovo capitolo ed il giocatore deve costantemente tenerlo sott’occhio anche grazie alla classica mappa strategica, una feature che spoglia il territorio di textures ed elementi e ci mostra la situazione tattica del campo di battaglia. Lo strumento della mappa strategica è di importanza vitale e bisognerà usarlo costantemente per spostare le truppe con tempismo e precisione. E semmai la vostra capacità strategica non sia vastissima, i dialoghi radio tra le truppe vi terranno sempre aggiornati su cosa accade tra dune, relitti e rocce, senza apparire mai fastidiosi o invadenti.

Procedendo con il gioco, la sola strategia non basterà e sarà rilevante anche lo sviluppo del tech tree che in realtà non è né un albero, né un qualcosa di complesso: si tratterà solo di recuperare sul campo le risorse necessarie da spendere in progetti di ricerca che renderanno più potenti sia le unità di prossima produzione che quelle già assemblate.

Ma ora veniamo all’elemento più caratteristico ed emozionante di Homeworld: Deserts of Kharak che fa del design e dell’aspetto grafico un mix delizioso di sobrietà e raffinatezza, sia nelle linee dei modelli poligonali che nel loro stile. Ogni cosa, ogni video, ogni minimo dettaglio è pensato per trasmettere un’emozione al giocatore: dalla regia che muove la telecamera in modo saggio, ponendo il focus attentivo su elementi pregni di significato – la Kapisi che solitaria inizia la sua marcia verso un sole spento, metaforicamente racchiude tutto lo spirito del gioco e della serie – al modo in cui sono stati realizzati i video, come se fossero degli acquerelli in movimento, Homeworld: Deserts of Kharak soddisfa a pieno e ci provoca continui sussulti.

Ed anche il design delle unità non ha bisogno di essere tamarro e pesante, ma segue modelli semplici, secchi, dettagliati ma privi di imbarazzanti orpelli hi-tech fuoriluogo. Naturalmente, questo aspetto di sobrietà si riflette anche nella scelta della colonna sonora che accompagna il nostro viaggio accentuando l’idea di solitudine e mistero che permea ogni piccola avanzata del Kapisi nel mare di sabbia sconosciuto.

Homeworld: Deserts of Kharak fa del design e dell’aspetto grafico un mix delizioso di sobrietà e raffinatezza.

L’unico neo che può macchiare o meno l’intera produzione è l’esigua presenza di mappe per schermaglie e multiplayer. Chi decide di acquistare Homeworld: Deserts of Kharak deve tenere in mente che è un’esperienza videoludica incentrata principalmente sulla campagna che dura all’incirca una decina di ore. Terminata quella, il gioco non ha tantissimo da offrire, poiché le mappe schermaglia sono poche ed il multiplayer non offre una grande varietà di terreni o fazioni da sperimentare. L’assenza del supporto alle mod, caratteristica che ultimamente è diventata quasi un must, rischia di inficiare il valore complessivo di un titolo comunque validissimo.

In conclusione…

Homeworld: Deserts of Kharak fa scuola grazie alla creazione di un RTS lineare e semplice che punta tutto sull’aspetto narrativo e registico. Con un design raffinato ed una storia avvincente, Deserts of Kharak offre un degno prequel all’intera IP, riempiendo quella lacuna narrativa che poneva il giocatore in medias res all’inizio di Homeworld. Chiudendo un occhio su multiplayer e schermaglia, le dieci ore buone offerte dalla campagna sono più che sufficienti per appagare un giocatore desideroso di ampliare la propria conoscenza sull’odissea degli Hiigaran.

Voto: 8.5

Amo i videogiochi sin da quando ho messo le mani sul mio primo Commodore 64 nel lontano 1992. Ora cerco di coltivare la mia passione videoludica in ogni momento libero della giornata. Il mio genere preferito? JRPG per tutta la vita.

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