News 08 Feb 2016

Homefront: The Revolution – Impressioni dalla Beta

Dove c’è guerra c’è casa.

Che storia travagliata quella alle spalle di Homefront: The Revolution, passato di mano in mano tre volte negli ultimi tre anni: dalle ceneri della smembrata THQ a Crytek, da Crytek a Koch Media che ne ha affidato il completamento ai Dambuster Studios, un team di sviluppo creato appositamente per portare a termine il lavoro su Homefront: The Revolution e al cui interno troviamo ex-Free Radical Design, ovvero i creatori del mai troppo rimpianto TimeSplitters. Purtroppo quando un videogioco passa così spesso da un team all’altro non è mai un buon segno, ma la prova nella closed beta con questo particolare shooter ci ha fatto ricredere: la Rivoluzione di Homefront riserva qualche sorpresa. La closed beta da noi provata proponeva due missioni co-op ambientate in due mappe diverse.

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Prima di scendere in campo si può creare il proprio soldato e, anche se per questa beta erano disponibili solo alcuni personaggi già pronti all’uso, l’editor sembra molto avanzato e profondo, considerando i risultati che si possono ottenere. Come in altri sparatutto tattici ora disponibili è possibile personalizzare dalla testa ai piedi i nostri soldati, sia per il vestiario che per le armature e le armi. È davvero facile perdersi nella customizzazione del nostro ribelle e costruire la build perfetta, combinando ovviamente l’equipaggiamento alle abilità da sbloccare con i punti esperienza.

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Le mappe/missioni a disposizione erano due, Enemy At The Gates e Las Barricadas, la prima in una zona più periferica con strade molto larghe ed edifici bassi, in gran parte esplorabili, mentre la seconda ci ha visti impegnati in una zona più centrale di Philadelphia, la città in cui è ambientato tutto il gioco. Le missioni co-op sono state descritte dagli sviluppatori come narrative-driven, e per quanto possa sembrare una definizione oggigiorno abusata, nel caso di Homefront: The Revolution ha il suo senso perché durante entrambe le missioni dovrete portare a termine degli obiettivi multipli sempre connessi alla lotta per la libertà contro gli oppressori. Nella prima missione provata, Enemy At the Gates, il nostro team (composto al massimo da quattro giocatori e al minimo da due) doveva hackerare alcune postazioni collocate all’interno degli edifici, evitando il più possibile i soldati che pattugliano le strade e fanno da guardia nei punti sensibili. Le pattuglie sono da evitare il più possibile perché sono accompagnate spesso da un carro leggero o da un mini-drone capace di mettere fuori uso le vostre armi. Dopo aver hackerato tutti i punti richiesti, abbiamo affrontato una sezione in moto (sempre in prima persona) per poi arrivare in una zona dove il comando ci ha richiesto di eliminare alcuni cecchini appostati in vari edifici.

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Nel complesso la missione è stata molto varia e ha messo in risalto alcuni aspetti molto positivi del gioco, come la verticalità della mappe e la qualità del level design, sia dal punto di vista del gameplay che dell’ambientazione, molto immersiva. Sul fronte tattico invece è molto interessante la possibilità di modificare la propria arma principale anche durante la missione stessa, attraverso un menu “in tempo reale”. La seconda missione, Las Barricadas, ha presentato altre situazioni, sempre all’insegna della varietà tra esplorazione, ricognizione, ingaggio del nemico, aiuto ad altri nuclei della Resistenza e ritirata strategica. Purtroppo però sono evidenti ancora alcuni problemi, nonostante l’uscita sia relativamente vicina (20 maggio), come un frame-rate instabile, un sistema di collisioni da sistemare e soprattutto (unico vero e proprio difetto riscontrato sino ad ora) un’intelligenza artificiale talvolta esilarante per l’assurdità delle azioni viste su schermo. L’esperienza è comunque molto improntata sulla tattica e non è possibile affrontare il nemico, per quanto “distratto” talvolta, a viso aperto, pena una morte prematura. In caso di decesso possiamo essere rianimati dai compagni come in The Division, anche se il nostro personaggio rimane esanime per terra molto più a lungo, rallentando di non poco la durata delle partite (scordatevi un rientro in 30 secondi come in Destiny!). Ottimo (forse l’aspetto migliore della beta) il feeling delle armi, molto differente a seconda del fucile e delle pistole scelte: l’aspetto “fai-da-te” delle armi si riflette incredibilmente in un feedback verosimile e credibile sul pad.

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Infine, come in ogni sparatutto di questo tipo, è possibile alla fine delle missioni acquisire nuove abilità tramite punti esperienza e acquistare dei pacchetti di armi ed equipaggiamento con i soldi. Purtroppo il contenuto dei pacchetti è del tutto random, aprendo quindi le porte a micro-transazioni o potenzialmente ad un grinding snervante. L’ambientazione quindi è molto valida e graficamente Homefront: The Revolution si presenta bene grazie a degli ottimi effetti di illuminazione, una buona draw distance e degli ambienti molto ricchi di dettagli, restituendo molto bene la sensazione di trovarsi in una città stretta nella morsa militare di un’occupazione. Ma non avrà vita facile grazie alla Resistenza, alla quale saremo chiamati ad aggregarci per lottare per la libertà!


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