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Come creare mondi virtuali – GDC17

San Francisco – Che vi piaccia o no, che ci crediate o meno, che la consideriate come l’ennesimo fuoco di paglia in un universo in costante mutazione o quella tanto attesa rivoluzione destinata a riscrivere le regole del mondo dei videogiochi, la Realtà Virtuale è un dato di fatto. Parlare di successo potrebbe essere prematuro, è vero, anche se i recenti dati relativi alla vendita del solo visore di casa PlayStation, maggiori addirittura alle aspettative stesse del colosso giapponese, lasciano presagire un futuro ragionevolmente roseo. Del resto, la dedizione con la quale numerosi sviluppatori si siano cimentati in queste lande sconosciute, siano essi indie o supportati da Publisher di grosso calibro, non può essere certo casuale. Come non è casuale la presenza sul palcoscenico di di GDC 2017 di Jesse Schell, guru del game design pionieristico, relatore di un seminario dal titolo Lessons Learned from a Thousend Virtual Worlds: migliaia di mondi virtuali, inimmaginabili soltanto pochi anni fa, ora alla portata di giocatori o affezionati di tecnologia.

L’assioma alla base di tutto è estremamente semplice: soltanto un decennio fa, quando venivano mossi i primi passi in questa tecnologia, nessuno conosceva davvero la VR: cosa fosse, dove potesse portare, quali implicazioni potesse avere. Da qui l’esperimento di Schell e soci: creare una vera e propria classe di studenti, a cui commissionare a cadenza quindicinale la realizzazione di mondi virtuali esplorabili, con cui interagire in qualche modo e da cui trarre ispirazione. Quell’ispirazione necessaria, negli anni, ad arrivare esattamente dove siamo oggi. Le uniche regole? Niente armi e niente riferimenti sessuali – la mossa giusta per mettere in crisi l’intera classe, stando a quanto riferitoci.

Nell’ora di seminario a cui abbiamo partecipato, abbiamo stillato un vademecum di “Regole d’oro” che chiunque si avvicini allo sviluppo o al design di universi virtuali dovrebbe tenere bene a mente. Le elenchiamo qui sotto per comodità, utilizzando la stessa nomenclatura utilizzata da Schell e spiegando velocemente, laddove il concetto fosse poco chiaro.

Che ne pensate dei consigli di Jesse Schell e delle lezioni che, in oltre dieci anni di sviluppo e partecipazione attiva, ha imparato (per poi insegnare)? Ritenente anche voi che l’esperienza VR perfetta debba obbedire ad almeno alcune di queste leggi? Fateci sapere che ne pensate: il prossimo creatore di mondi virtuali, chissà, potrebbe nascondersi proprio tra voi lettori.