Floodland – Recensione

Sopravvivere all'apocalisse o ai crash del gioco?

Floodland – Recensione
Floodland cover
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Che il futuro dell’umana gente sia in bilico, oramai lo si dà quasi per assodato. E non sorprende quindi che siano gli sviluppatori di videogiochi, moderni artisti, a dare sfogo a questa atavica paura con creazioni che riflettono le preoccupazioni su un futuro che appare sempre più fosco. Non fa eccezione quindi Floodland, titolo realizzato da Vile Monarch e pubblicato da Ravenscourt, il quale decide proprio di affrontare le peggiori conseguenze del cambiamento climatico, estremizzandone i risultati nel peggior scenario possibile.

Floodland riprende quel filone che vide pioniere l’ottimo Frostpunk di 11 Bit Studios, ovvero quello dei gestionali post-apocalittici dove il giocatore o la giocatrice avranno il difficile compito di partire dalle rovine della società moderna per ricostruire e gettare le basi per una comunità migliore di quella che ha dominato il vecchio mondo. 

Ma andiamo a dare un’occhiata più nello specifico a quello che Floodland vuole narrarci: dopo un’incredibile susseguirsi di calamità naturali come tsunami, terremoti e via dicendo, la popolazione umana è stata drammaticamente ridotta e i sopravvissuti stanno passando momenti terribili, al limite della sussistenza, per cercare di andare avanti ed impedire l’estinzione.

Arriviamo quindi al nostro momento, ovvero quello in cui prendiamo le redini dei rimasugli dell’umana stirpe per far rinascere la civiltà e cercare, ancora una volta, di crescere ed evolverci.

Floodland

I panorami sono decisamente evocativi.

A differenza di Frostpunk, che ha note decisamente più oscure e nichiliste, il gestionale di Vile Monarch assume dei tratti decisamente più ottimisti e carichi di speranzaNon ho ancora capito, in tutta onestà, se quella pesante patina di pessimismo presente in altri gestionali post apocalittici mi manchi davvero o no. Se è vero che l’urgenza di ricostruire la società dovrebbe essere sentita dal giocatore, come in Frostpunk, è altrettanto vero che il mondo è già finito, quindi perché correre? Certo, i nostri sopravvissuti dovranno continuare a procurarsi il cibo, costruire strutture e salvare vite, ma il/la giocatore/giocatrice è pervaso da speranza, non terrore o ansia.

Comunque sia, i primi passi compiuti in Floodland sono più semplici di quanto si possa pensare, complice la linearità delle task da svolgere e le meccaniche di base che non stravolgono certo le basi del genere. Completato il breve ma esaustivo tutorial, partiamo a fare un po’ di rapido problem solving per sistemare tutte le necessità del nostro clan, come costruire strutture per chi non ha dimora, edifici adibiti a raccolta di legna o alla pesca e via dicendo.

Un gestionale dei tratti più ottimisti e carichi di speranza

Floodland si impegna sin dall’inizio a dimostrarci di essere un gestionale con tutte le carte in regola per seguire i canoni del genere, senza però stravolgerli o introdurre meccaniche che stravolgono il genere. Comunque sia, pur non rivoluzionando il genere, il gestionale di Vile Monarch si fa giocare con piacere, seguendo giocatore/giocatrice in una crescita dal ritmo ben cadenzato e dal percorso d’apprendimento bilanciato e soddisfacente. Esplorare le terre invase dall’acqua di Floodland è divertente e anche rilassante: le istruzioni per proseguire, che introducono i giocatori e le giocatrici alle meccaniche di gestione, vengono inserite con facilità fra i diversi elementi di gameplay, e non fanno mai sentire un’elevato senso d’urgenza nel dover terminare una o più task prima di passare al nuovo.

Floodland

L’albero delle tecnologie è uno dei punti di forza di questa produzione.

L’evoluzione del nostro campo passa attraverso un’albero delle tecnologie, che avanza man mano che il nostro campo base cresce e si evolve. Se quindi inizieremo con lavorare il legname, riciclare la plastica, pescare e immagazzinare risorse, con i giusti investimenti il nostro campo si espanderà velocemente e cambierà d’aspetto e funzionalità.

Chiaramente, Floodland basa molto del suo gameplay sul micro-management: gestire i rifiuti, raccogliere il cibo, procurare risorse, gestire gli scarti. Tutto da fare in tempi relativamente brevi, ma con un design delle strutture che spesso risulta similare e che può mandare in confusione giocatori e giocatrici. Una volta che il nostro insediamento ha raggiunto una dimensione ragguardevole, sarà il momento di aumentare il nostro impegno verso l’esplorazione, iniziando a inviare più scout per cercare strutture abbandonate del mondo che fu o tesori dimenticati da qualche naufragio o post-disastro.

Esplorare le terre invase dall’acqua di Floodland è divertente e anche rilassante

Tuttavia, l’avanzare di tecnologie e la crescita del nostro insediamento mettono in evidenza una delle criticità di Floodland: l’incremento delle task richieste al/alla giocatore/giocatrice, il/la quale viene letteralmente sommerso/a di nuove cose da fare quando membri di clan diversi chiedono di unirsi a noi, o quando siamo costretti a trovare nuove terre emerse per espanderci e non arrivare al collasso. Stando a quanto dichiarato dallo sviluppatore, i clan sono generati in maniera semi-procedurale, il che significa che ci troveremo spesso persone sempre diverse con scopi e legami complessi da gestire (a volte, in late game, ci ritroveremo ad amministrare anche tre o quattro fazioni) e una valanga di interazioni e decisioni che ci porteranno inevitabilmente a più scontri. L’esito di questi è determinato dalla nostra bravura nel mantenere le cose bilanciate, per evitare che una delle suddette fazioni dia di matto scatenando una secessione intestina che può portare facilmente il nostro insediamento nel caos più totale.

Floodland

Alcuni panorami sono malinconici ma spettacolari.

Chiaramente ci troveremo di fronte a scelte morali che, sebbene non impattanti come quelle di Frostpunk, colpiscono comunque e generano inevitabilmente tensioni. Non esiste la “risposta giusta” per far contenti tutti, ma il sistema di leggi, regolamenti e imposizioni del gioco ci consentirà di esprimere il nostro stile di gestione, nonostante le carestie, i razionamenti e le più disparate decisioni sulle vite dei sopravvissuti.

Se quindi a livello teorico il gioco è sicuramente valido (anche se vagamente ripetitivo dopo la primissima run), la storia non offre invece molti spunti di riflessione, se non qualche vago accenno sul perché il mondo sia ridotto a uno sparuto numero di terre emerse e un generico “ricostruire la civiltà”. C’è da dire che la generazione semi-procedurale di ambienti e clan influisce sicuramente, pertanto il titolo di Vile Monarch punta più sull’esperienza offerta che non sulla trama intricata. Comunque sia, Floodland rimane uno dei giochi più rilassanti che abbia provato in tempi recenti.

Il gioco, attualmente, è piagato da diversi problemi tecnici

Quello di cui non si può non parlare però sono le mancanze tecniche, le quali si fanno sempre più evidenti man mano che proseguiamo nel gioco. Quando la maggior parte della mappa risulta esplorata, quindi in late-game, ci troviamo di fronte a diverse magagne come freeze, tremendi cali di framerate e performance issues di ogni tipo. Ho provato diversi fix (spesso suggeriti dalle community di Steam) come il restart ogni tot ore di gioco, l’autosalvataggio etc, ma non ho mai risolto per davvero tutti i problemi. È anche capitato che qualche salvataggio si sia corrotto nel processo, e questo anche dopo la patch day one.

Il gioco, attualmente, è piagato da diversi problemi tecnici. A volte i frame per secondo scendevano anche di 10 ogni ora, un fattore abbastanza inquietante (anche con hardware relativamente in buono stato). Il salvataggio a volte ci ha messo anche un minuto e mezzo (!). Peccato, perché altrimenti il gioco sarebbe ben più godibile.


Conclusioni

Eccoci alle conclusioni, il paragrafo più visto di ogni recensione. Floodland è un titolo gestionale che sa regalare momenti davvero interessanti, che mi hanno fatto coniare il termine di “manage and chill” per quanto riguarda la tranquilla gestione delle prime ore di gioco. Successivamente, si trasforma in un titolo che punta molto sul micro management e sulle scelte più o meno morali che, come gestori della società post-apocalittica, siamo chiamati a compiere. Pur non sconvolgendo i canoni dei giochi gestionali, Floodland riesce a convincere e a divertire, almeno per quanto riguarda il puro gameplay.

Peccato per un comparto tecnico davvero sottotono, specie nel late game, il quale farà andare incontro i giocatori e le giocatrici a spiacevoli e devastanti cali di framerate, freeze e crash sparuti, salvataggi interminabili e persino qualche corruzione. Speriamo che Vile Monarch si metta di impegno a terminare i lavori per rendere il gioco più appetibile e meno frustrante da questo punto di vista.

Good

  • Rilassante, specie nelle prime fasi
  • Gestionale ben bilanciato e interessante
  • Ambientazione ben realizzata

Bad

  • Poca rigiocabilità
  • Comparto tecnico deludente, specie sul late game
7.5

Niente male

Nato nel medioevo videoludico, i fantastici anni ’80, Amedeo è cresciuto con i grandi classici del gaming, passando per tutte le console sulle quali riuscisse a mettere le mani. Appassionato fino alla morte di Star Wars e The Witcher, vive fra mondi fatti di LEGO e GDR cartacei. Nel tempo libero gli piace dare legnate in palestra e leggere libri.

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