Doom vfr
05 Dic 2017

DOOM VFR – Recensione

Dopo un periodo relativamente privo di uscite significative per la periferica VR di PlayStation, non pochi hanno incominciato a sospettare l’ennesimo flop della realtà virtuale, tecnologia mai sfruttata a fondo e gestita più di una volta in modo grossolano e superficiale. Nonostante le conquiste tecnologiche e i passi avanti compiuti in ambito videoludico, sembra sempre troppo presto per indossare un visore e l’assenza di titoli importanti ne è una triste conferma. Fortunatamente la fine di questo 2017 cambia le carte in tavola, soprattutto grazie a Bethesda che sforna dapprima Skyrim VR e successivamente DOOM VFR (acronimo che sta per Virtual Fucking Reality, nel caso ve lo stesse chiedendo).

In attesa che si chiuda il trio delle meraviglie con la pubblicazione ormai prossima di Fallout 4 VR e la buona prova di Skyrim con (potete leggere qui la nostra recensione), gli occhi sono tutti puntati sul celebre shooter, che dopo la buona trasposizione su Switch potrebbe riconfermarsi come uno dei titoli più prolifici ed apprezzati dell’attuale generazione.

L’errore più comune quando si pensa a DOOM VFR è immaginarlo esattamente come l’omonimo gioco del 2016. Niente di più sbagliato.

Per far fronte alle tante problematiche che sopraggiungono con la realtà virtuale (prima tra tutte la motion sickness), anche gli sviluppatori del titolo hanno dovuto operare qualche accorgimento, andando prima di tutto a smussare la frenesia del gameplay in favore di un approccio leggermente meno veloce.

Ma partiamo dall’inizio.

Doom vfr

La trama di DOOM VFR si discosta da quella originale, mettendoci nei panni di un semplice tecnico della stessa struttura marziana dove è stato aperto il portale infernale; in seguito all’attacco demoniaco il nostro corpo viene brutalmente mutilato e solo grazie alle avanzate tecnologie della compagnia e all’energia Argent riusciamo a tornare in vita, cercando di riportare all’Inferno quanti più mostri possibile.

Dopo un breve briefing che fa anche da tutorial per i comandi VR, veniamo catapultati in quelli che sono gli stessi ambienti già esplorati nella campagna di DOOM. Sono quasi nulle infatti le differenze in termini di ambientazioni ed il riciclo è voluto oltre che palese, giustificando allo stesso tempo anche la narrazione. Anche in questo caso l’esplorazione sarà minima, se non per scovare qualche divertente easter egg, per trovare le casse Argent o i potenziamenti per le armi (similmente al titolo dell’anno scorso, possiamo migliorare la nostra salute, la corazza o la scorta di munizioni e persino modificare il nostro armamentario), lasciando ampio spazio alla carneficina più totale.

Va detto però che proprio durante le fasi di combattimento, che sono poi il cuore pulsante della produzione, gli esiti possono cambiare a seconda della configurazione inizialmente scelta. DOOM VFR permette tre soluzioni: quella classica con il Dualshock 4, che a conti fatti risulta essere la migliore per comodità e configurazione dei comandi, l’Aim Controller già visto ed apprezzato su Farpoint e i due PS Move, che assicurano più libertà a scapito del realismo.

Per risolvere i problemi relativi al movimento, gli sviluppatori hanno inserito il teletrasporto

Nel primo caso l’unico vero difetto è rappresentato dalle mani virtuali del protagonista che sono inquadrate malissimo e senza oggetti da tenere, le quali rimangono sempre unite muovendosi all’unisono. L’Aim Controller è senza dubbio uno dei sistemi più “realistici” vista la natura del gioco, dopotutto non potevamo immaginare destino migliore che impugnare una periferica a forma di fucile per imbracciare la doppietta virtuale più famosa di sempre, ma tutti i comandi secondari (movimento autonomo, ruota delle armi, granate) sono gestiti in maniera pessima e la scomodità dopo qualche tempo inizia a farsi sentire. L’utilizzo dei Move invece è un discreto compromesso, a patto che vi stia bene avere una delle due mani perennemente in attesa di lanciare una granata a distanza.

Per risolvere i problemi relativi al movimento, gli sviluppatori hanno inserito il teletrasporto, espediente perfetto per sminuire gli effetti di motion sickness e allo stesso tempo agevolare la rapidità degli spostamenti, più che mai necessaria vista la nota frenesia degli scontri. Il teletrasporto può essere effettuato in qualsiasi momento e in ogni luogo con la semplice pressione di un tasto; il tempo rallenta per qualche istante e ci permette di scegliere la destinazione con la dovuta precisione.
Inoltre è lo strumento che di fatto sostituisce le esecuzioni a mani nude (basterà puntare il teletrasporto sul nemico illuminato e questi esploderà), eliminate del tutto da questa versione del gioco forse perché troppo macchinose da eseguire.

Doom vfr

Tuttavia DOOM VFR non è un’esperienza lineare come Farpoint e guardarsi costantemente intorno non rappresenta un semplice vezzo, ma un assoluta imposizione dettata dalla sopravvivenza. Le arene in cui avvengono la maggior parte dei combattimenti si propagano in tutte e tre le dimensioni e quasi sempre sarete obbligati a guardarvi dietro, in alto o in basso per capire dove si trovi il nemico. Questa esigenza, che in un videogioco classico non sarebbe nemmeno venuta alla luce, con la realtà virtuale passa in primissimo piano, soprattutto per chi ha poca esperienza con questa tecnologia.

I movimenti autonomi in DOOM VFR sono infatti limitatissimi (almeno nella configurazione standard) e oltre a sfruttare il teletrasporto è possibile solo compiere degli scatti nelle direzioni della croce direzionale. Un bel guaio, ve lo assicuriamo, che è possibile scongiurare solo mettendo mano alle impostazioni e modificandone i parametri. Così facendo però, possono comparire ben presto i primi fastidi allo stomaco, che vi costringeranno a sessioni brevi e spezzettate. Tutta l’avventura non dura poi molto e dopo circa 4 ore l’avrete terminata, optando per un eventuale bis solo per la ricerca di tutti i collezionabili o per puro diletto.

L’effetto VR di DOOM è coinvolgente come pochi

Graficamente il gioco è davvero buono, rappresentando una delle produzioni più fluide e dettagliate che abbiano solcato la realtà virtuale di PlayStation nel 2017. I modelli poligonali sono tutti validi, le ambientazioni, sia aperte che chiuse hanno ben poco da invidiare rispetto a quello già visto su console e l’effetto VR è coinvolgente come pochi.

L’unico neo è rappresentato dai menù di gioco, quasi sempre decentrati rispetto al visore e dall’HUB principale, che purtroppo non è stato ripensato adeguatamente per la realtà virtuale, ma è rimasto uguale a quello di sempre. Il risultato è che energia, corazza, munizioni e quant’altro sono tutti valori relegati nella parte bassa dello schermo, passando nettamente in secondo piano rispetto a ciò che vi accade davanti agli occhi.

Fortunatamente neanche gli effetti sonori e le musiche trascinanti sono stati ritoccati, e l’ascolto attraverso le cuffie con audio 3D è davvero insuperabile.

Conclusioni

DOOM VFR non è purtroppo quello che ci saremmo aspettati, ma una sorta di antipasto iniziale a cui però non segue nulla. La campagna è molto breve, troppo anche se rapportata al prezzo (basso) a cui viene venduto il titolo, e non offre particolari spunti dopo l’endgame. I controlli sono adeguati ma non perfetti, ed ognuna delle soluzioni offerte da Bethesda nasconde incertezze che minano l’esperienza globale, seppur in minima parte.

Più in generale, è tutto il gioco che da l’impressione di non essere ottimizzato a dovere per la realtà virtuale: è come se avessero preso una piccola porzione di DOOM e trapiantata in VR senza troppo preoccuparsi di implementare quei tanti piccoli accorgimenti che invece dovevano esserci. E se una cosa del genere già difficilmente riesce a passare in secondo piano, in uno shooter adrenalinico e spietato come quello sviluppato da id Software è ancora più evidente.

I compromessi per ridurre la motion sickness riescono a dare l’effetto sperato (e lo scrive uno che ha avuto difficoltà con Farpoint o RIGS), ma inevitabilmente riducono la libertà di movimento, fondamentale nei momenti più “turbolenti”. Per l’eredità di una saga così rilevante si poteva fare decisamente di più: la versione VFR si salva grazie ad un’ottima resa grafica, alle sessioni di combattimento sempre galvanizzanti e ad un’immersione sensoriale che rispecchia le aspettative. Ma se indossate il visore per la prima volta, orientatevi pure su altri lidi.