Cinque avventure grafiche che non ci fanno rimpiangere i bei tempi andati

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Cinque avventure grafiche che non ci fanno rimpiangere i bei tempi andati

Per chi, come il sottoscritto, ha facoltà di mettere nel curriculum vitae svariati lustri di gaming, gli ultimi tre anni hanno rappresentato un piacevole cortocircuito temporale. Nato e cresciuto, videoludicamente, nel periodo delle grandi avventure grafiche, ben prima che battle royale e fps invadessero il mondo del gaming, vedere questo genere, morto e sepolto per quasi due decenni, tornare alla ribalta grazie a titoli di indubbia caratura ha rappresentato un piacevole evento, impossibile da ignorare e, soprattutto, da non sfruttare debitamente.

Dopo aver fieramente cavalcato i sedici megahertz del mio oramai defunto 286 (se non sapete cosa sia, beati voi giovinastri!), PC grazie al quale ho potuto vivere avventure del calibro di Loom, Monkey Island 1 e 2, i due Indiana Jones (The last crusade/ The fate of Atlantis), Zack McCracken, i due Maniac Mansion, oltre a gran parte delle avventure made in Sierra, era ed è tornata l’ora di esplorare universi ludici alternativi, sempre in guisa di avventure grafiche, ma questa volta equipaggiati di un hardware odierno.

In questo articolo, vi propongo cinque avventure grafiche contemporanee che proveranno, il più delle volte riuscendoci, a non farvi rimpiangere l’età d’oro del genere, periodo storico che possiamo posizionare a cavallo tra metà anni 80 e metà anni 90.

Che si aprano, dunque, le danze, a suon di click!

Un piccolo aiuto per chi non ha idea di cosa sia un 286


1 VirtuaVerse

Immaginate di essere nel 1994 e di avere a disposizione una DeLorean, settata sul 2021. Avete appena finito di giocare a Beneath a Steel Sky e sapete già che, da li a qualche anno, di avventure grafiche così non ne faranno più e che il genere, per via dell’evoluzione del mercato, sempre più improntato verso gli fps alla Doom 2 e Unreal, sarebbe caduto nel dimenticatoio.

Pronti, carica di plutonio nel serbatoio e via, dritti nel 2021. Virtuaverse, di cui trovate qui la nostra recensione, rappresenta quel corto-circuito per cui, a distanza di ben diciassette anni, ci troviamo ad avere a che fare con un’avventura grafica con tutti gli attributi al posto giusto, con la grafica, il sonoro e la medesima interfaccia dei suoi illustri progenitori. Eccoci al cospetto di una produzione in pixel-art (quella che, ai tempi, chiamavamo graficone in alta risoluzione…), di una OST a metà strada tra synthwave, chiptune e metal e, dulcis in fundo, di un’ambientazione cyberpunk che trasuda anni ‘90 da tutti i pori.

Basterebbe questo per farmi gridare shut up and take my money, citando il famoso meme, ma Virtuaverse rappresenta uno di quei casi in cui, ad una forma molto appetibile, corrisponde altrettanta sostanza, portando davanti ai nostri occhi un prodotto appetibile, ben realizzato e capace di generare dipendenza.

Bentornati agli anni ‘90, insomma!


2 Beyond A Steel Sky

Nel precedente paragrafo ho citato, nemmeno troppo a caso, quella che, universalmente, viene ritenuta una delle ultime avventure grafiche old-school di tutti i tempi, prima che LucasArts intraprendesse la sua fase terminale, quella in cui diede i natali ad avventure come Full Throttle, The Dig e Grim Fandango, tutte avventure di grande caratura ma dal design più moderno. L’ultimo esponente di quella pixel art che abbiamo tanto adorato fu, per l’appunto, Beneath a Steel Sky che con Virtuaverse condivide una ambientazione cyberpunk che, ad oggi, fa scuola a molti altri prodotti di ben altra levatura.

Dopo ben 26 anni, a sorpresa, ci siamo trovati a giocare a Beyond a Steel Sky, prodotto capace di riportarci in un universo cyberpunk fatto di megalopoli e badlands, lì dove la trama del diretto predecessore si era fermata, abbandonando la pixel art in favore di un Cell Shading 3D capace di far gridare al miracolo per qualità realizzativa, innestando al suo interno un sistema di interazione contestuale davvero piacevole da utilizzare.

Cyberpunk is dead, long live to Cyberpunk.


3 Willy Morgan and the Curse of Bone Town

Che i classici LucasArts abbiano fatto scuola non è una novità, così come sia innegabile che, anche a distanza di quattro lustri, ci sia chi rigiochi con continuità a questi classici ritenendoli, a ragione, pietre miliari cui tributare sempiterna gloria.

Ed è appunto da persone desiderose di esprimere riconoscenza nei confronti della saga di Monkey Island, gli italianissimi ragazzi di Imaginarilab, che prende i natali questo Willy Morgan and the Curse of Bone Town, un’avventura grafica sulla falsa riga di Day of the Tentacle che, in un tripudio di citazionismo, rende gloria ai capostipiti del genere. Lanciamoci dunque, insieme al giovane Willy, alla ricerca del padre Henry Morgan, famoso archeologo scomparso oramai da dieci anni. Tra polli con carrucole, puzzle ambientali e citazioni varie ed eventuali ai classici LucasArts, ci troviamo di fronte ad una produzione di tutto rispetto, viziata solo da una durata di molto sotto la media.

Un buon punto di partenza per i ragazzi di Imaginarylab che, di sicuro, non tarderanno a donarci un seguito di tutto rispetto!


4 Detective Gallo

Sempre parlando di prodotti italiani, prodotti di qualità attestata ed incontrovertibile, nel 2018 abbiamo avuto la possibilità di giocare a Detective Gallo, un giallo/noire creato dai ragazzi di Footprint Games e reso disponibile su quasi tutte le piattaforme (manca stranamente Xbox One all’appello).

Con protagonista un burbero gallo spiantato, cinico ed alcolista, modellato sul Tex Murphy di Under a Killing Moon/Pandora Directive, Detective Gallo ci porta alla ricerca dell’assassino di tutte le piante di appartamento di Phil Cloro. In un turbinio di gag, battute sagaci e regole comportamentali intrise di cinismo e machismo da due soldi, Detective Gallo mette in moto la macchina della nostalgia, vivendo però di luce propria, la luce di un prodotto accattivante e ben realizzato, del quale attendiamo, senza esitazione alcuna, il seguito.


5 Thimbleweed Park

Il tempo è galantuomo ed il cerchio si chiude, sempre e comunque, lì dove tutto era iniziato.

Thimbleweed Park, infatti, vede al timone di questa produzione, niente meno che Ron Gilbert e Gary Winnick, diretti responsabili, rispettivamente, della genesi di titoli del calibro di Monkey Island e Maniac Mansion. L’inizio di questa nuova golden age delle avventure grafiche è dovuto proprio a loro che, ben più di trenta anni fa, crearono dal nulla delle avventure testuali, questo genere.

Con Thimbleweed Park ci troveremo ad impersonare, esattamente come succedeva in Maniac Mansion, più personaggi per dirimere i tanti misteri che la cittadina di Thimbleweed Park cela dietro una apparente tranquillità. Tra monomaniaci agenti dell’FBI, Clown maledetti ed aspiranti programmatori di videogiochi, il bestiario delle avventure grafiche è qui presente per rinverdire i fasti di un genere mai defunto e per donarci il miglior esponente dello stesso, al giorno di oggi.


Di acqua, anni e di Mhz sotto i ponti, ne sono passati davvero tanti da quel lontano 1992. Ciò che non è cambiata è la freschezza di questo genere, capace di donarci una sognante spensieratezza tanto allora, durante la nostra infanzia, quanto ora, in un periodo in cui ce n’è dannatamente bisogno.

Che voi siate dei giocatori vintage, dei novellini, appassionati di strategici o di fps, date una chance a questi titoli (e, se potete, recuperate i classici del genere): non ve ne pentirete affatto. Trovate le carte prepagate Steam per acquistare questi giochi, nei negozi GameStopZing.


L'Atari 2600 gli aprì una nuova prospettiva di vita; il PC, sin dagli arbori, fu la sua casa natale: dal 2008 è disperso nella wasteland alla ricerca di bamboline della Vault-Tec...

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