Child of Light – Recensione

Child of Light – Recensione

Sin dal suo annuncio Child of Light è riuscito a catalizzare l’attenzione dei media e del pubblico grazie a diversi aspetti. Innanzitutto il suo insolito pedigree: il team che lo ha sviluppato è in gran parte responsabile di Far Cry 3 e apparentemente un JRPG ed uno sparatutto non potrebbero avere meno a che fare. L’altro elemento che ha destato l’interesse è sicuramente l’aspetto grafico, a metà tra un acquerello in movimento ed una fiaba per bambini raccontata interamente in rima. Nonostante ad ogni video rilasciato l’attesa era sempre più insostenibile, i dubbi su un progetto così particolare erano tantissimi, specie per la componente ruolistica che poteva essere tranquillamente banalizzata in favore dell’aspetto grafico. Ma così non è andata, e questa non è la sola sorpresa…

L’avventura di Aurora inizia dove ogni altra finirebbe: con la sua morte. La piccola si risveglia però magicamente a Lemuria, un regno incantato e maledetto dalla stessa minaccia che in Austria alla fine dell’Ottocento tiene in pugno il padre di Aurora, costernato dalla perdita della figlia. Toccherà quindi alla piccola e forte bambina salvare i due mondi e riportare l’ordine, diventando ciò che non avrebbe mai creduto di poter essere. La storia nella sua estrema classicità rivela pochi colpi di scena e si preoccupa principalmente di seguire la crescita di Aurora, rendendo Child of Light un vero e proprio “gioco di formazione” (come un romanzo dell’epoca in cui è ambientato il gioco, del resto). C’è una sottile linea che divide la banalità dal tributo e Ubisoft Montreal è riuscita a restare sempre dalla parte giusta, omaggiando i topoi narrativi più abusati in fiabe, storie, racconti e giochi di ruolo senza mai scadere nel banale.
Cosa c’è di più classico di un eroe che ricerca la luce per sconfiggere l’oscurità? Nulla, eppure il viaggio di Aurora alla ricerca della Luna, del Sole e delle Stelle vi terrà incollati allo schermo per tutte le 12 ore che vi serviranno per portare a termine il gioco.

Ad arricchire la storia ci pensano i tantissimi personaggi che incontrerete, molti dei quali entreranno a far parte del vostro team. Tra giullari inpaci di azzeccare una rima o di esser felici, maghi con complessi di inferiorità, sorelle arriviste, soldati traditori e topi innamorati avrete sempre una buona compagnia. Al termine di ogni combattimento l’ultimo arrivato parlerà con un membro del gruppo, sempre in rima, per creare un team coeso che insieme crescerà e sarà in grado alla fine di salvare il mondo. Il vostro party acquisirà punti esperienza a prescindere dall’effettiva partecipazione del singolo in battaglia: questo vi faciliterà notevolmente e non deve essere necessariamente un aspetto negativo. Per essere un gioco di ruolo infatti Child of Light è abbastanza corto e il tempo solitamente speso per fare level up è invece utilizzabile per sperimentare in combattimento le caratteristiche avanzate dei personaggi che tra tank, maghi, curatori, arcieri e maghi del tempo, possono creare delle combo molto varie, il tutto a favore della rigiocabilità. Oltre alla quest principale avrete moltissime sub-quest da completare e collezionabili da raccogliere, allungando di almeno quattro ore la longevità. Come se non bastasse potrete anche rincominciare il gioco mantenendo tutte le abilità acquisite: se solitamente questa è una aggiunta che lascia il tempo che trova, in Child of Light diventa di reale interesse, poiché il gioco si interrompe proprio quando le dinamiche dei combattimenti si fanno davvero interessanti.

Child of Light non è solo un bel giocattolo in rima, ma è sopratutto un gioco divertente, grazie ad un mix di esplorazione di ambienti in 2D e combattimenti in stile JRPG che può dirsi pienamente riuscito. Dal momento in cui (subito dopo l’inizio) Aurora ottiene le ali da fata, svolazzare per gli enormi livelli è un vero e proprio piacere da assaporare con la dovuta cautela: potremmo definire Child of Light un gioco zen in cui lentamente dovrete esplorare ogni anfratto alla ricerca di scrigni, polvere di stelle, passaggi segreti, dungeon opzionali, nemici insidiosi e boss secondari. Avanzare velocemente comporta inevitabilmente la rinuncia a tutti i potenziamenti che tutte le attività appena elencate donano, rendendovi il gioco meno appagante e facendovi rischiare di non poter gioire per lo splendido level design offerto da Ubisoft Montreal. In ogni angolo infatti si può tranquillamente nascondere un enigma da risolvere grazie all’uso del vostro compagno luminoso, Igniculus. Proprio lui si rivela essere il miglior alleato di Aurora, aiutandola nella risoluzione degli enigmi, nella raccolta degli oggetti e persino in battaglia. Nella costante lotta tra ombra e luce, l’esserino può infatti curare la protagonista spremendosi e sprigionando luce, oppure rallentando i nemici. Igniculus può inoltre essere controllato da un secondo giocatore con un altro pad o col mouse, creando così una simpatica modalità co-op.

I combattimenti sono un tuffo nel passato, grazie ad un Active Time Battle che propone una barra divisa in due parti: al termine della prima è finalmente il nostro turno e possiamo selezionare la nostra azione, la seconda parte della barra, più breve, rappresenta il tempo necessario per lanciare l’azione selezionata. Per aggiungere un po’ di pepe ai combattimenti, se si riceve un colpo durante il lancio dell’azione questa viene bloccata, obbligandoci a ripetere il comando da capo. Gli scontri diventano quindi molto frenetici e strategici: sarà quindi di vitale importanza colpire i nemici nel momento opportuno, magari mentre stanno per lanciare un attacco, riuscendo così sia a difendervi che a rallentarli. Ma è altrettanto importante sapere quando è bene difendersi per non perdere inutilmente il turno, se si è certi di ricevere un colpo durante il lancio di un comando.

Ovviamente i nemici sono spesso caratterizzati da elementi (luce, ombra, fuoco, terra, acqua e fulmine) e dal momento che non ci sono armi da comprare nel gioco, l’unico modo per organizzare la vostra strategia offensiva perfetta è personalizzando il vostro arsenale con gli Oculi, ovvero delle gemme elementali che potrete raccogliere durante il gioco. Ogni personaggio può equipaggiare tre Oculi diversi in tre slot (attacco, difesa e accessorio) e a seconda del posizionamento lo stesso Oculus ha una funzione diversa: oltre alle specifiche funzioni “elementali” è attraverso essi che potrete modificare tutti i parametri dei vostri personaggi. Gli Oculi possono essere combinati tra di loro per formarne di più grandi (combinandone tre dello stesso colore e dimensione) o di colori diversi (combinandone due o tre di colori diversi). In questo modo gli elementi del gioco sono perfettamente integrati perché grazie all’esplorazione acquisirete gli Oculi che col crafting vi aiuteranno in battaglia. Si tratta in realtà di elementi molto semplici, tutti bene o male già visti prima, ma non per questo svalutano il gioco: è anzi sicuramente apprezzabile la scelta di inserire pochi elementi e integrarli alla perfezione tra di loro e perché no, magari sorridere di tutti i giochi “citati” da Rayman a Final Fantasy, passando per The Legend of Zelda.

Dove però Child of Light eccelle senza paragoni e precedenti è dal punto di vista visivo. Grazie all’utilizzo dell’UbiArt Framework all’Ubisoft Montreal sono riusciti, in un lasso di tempo relativamente breve, a creare un gioiello che sbalordisce costantemente. La direzione artistica ha esplicitamente preso come punto di riferimento lo Studio Ghibli e il disegnatore di Final Fantasy, Yoshitaka Amano e il risultato è uno dei giochi più belli che vi possa mai capitare di portare a termine. Non c’è un singolo ambiente, nemico, personaggio, dialogo, effetto sonoro che non sprizzi una cura maniacale per il dettaglio. Un occhio di riguardo è stato ovviamente riservato per Aurora, le cui animazioni sono così fluide da risultare eteree, mentre i suoi capelli sembrano dotati di vita propria e paiono essere un richiamo al coraggio di Merida del disneyano Brave. La vedrete cresce e maturare, e questi cambiamenti le doneranno un aspetto sempre più regale, sino al trionfale finale. Nel frattempo avrete esplorato l’interno di giganti, templi situati su isole nel cielo e nel profondo degli abissi, mari desolati e montagne abbandonate.

È come se ogni singolo posto che visitate sia stato creato e pensato come un quadro che potreste trovare esposto ad una mostra e in questo frangente potrebbe essere stata veramente proficua la collaborazione col Cirque du Soleil. L’altra importante collaborazione di cui si sono avvalsi i ragazzi dell’Ubisoft Montreal è quella con la cantante canadese Cœur de pirate, che ha firmato il main theme del gioco e la canzone dei titoli di coda. Nonostante le musiche siano abbastanza varie, il pezzo che sentirete più spesso è una variante del tema principale, così delicato e malinconico da trasmettervi spesso un certo senso di pesantezza che ben si sposa con l’atmosfera del gioco, anche se forse dopo qualche ora potreste esserne stufi: vi ritroverete comunque spesso a canticchiarlo, non c’è scampo. Nel complesso quindi Lemuria si rivela essere un mondo vario, ma coerente, tanto oppresso quanto delicato e non potrete fare altro che apprezzarne ogni dettaglio.

In conclusione… 

Child of Light è un raro esempio di come al giorno d’oggi si possano ancora sviluppare giochi che siano al tempo stesso semplici, ma profondi. Tutto funziona alla perfezione, pur non essendo innovativo in nessun aspetto, e l’eccellenza del comparto tecnico è  supportata da un gameplay i cui elementi sono perfettamente in equilibrio tra di loro. Volendo trovare il pelo nell’uovo potremo lamentarci del fatto che è davvero impossibile vedere la schermata del Game Over (dopo averlo finito una volta e a metà della seconda partita non ho idea di come sia) e anzi, per tutta la prima metà del gioco è persino difficile che abbiate bisogno di curarvi con delle pozioni, considerando che tutto intorno a voi è capace di ridarvi punti vita.

Ma è una questione che, in questo caso, non ha alcun fondamento perché la bellezza di Child of Light e il motivo per giocarlo non sono certo il suo livello di sfida, che comunque senza la giusta attenzione da riporre negli Oculi e nei turni può darvi filo da torcere. Ciò che invece dovrebbe spingervi ad avventurarvi con Aurora nel suo viaggio a Lemuria è il desiderio di scoprire un mondo tanto bello e curato, quanto ormai raro nel panorama videoludico odierno.

Voto: 8,5 /10

Da quando ho scoperto che i piaceri che i miei pollici opponibili potevano darmi con un joypad erano pressoché infiniti non ho mai smesso di videogiocare. Appassionato di cinema e musica, sempre e solo a livello maniacale.

Lost Password