CAPCOM FIGHTING COLLECTION 2 è un pezzo di storia meraviglioso – Anteprima

Un tuffo in un passato che merita una riscoperta

Ben poche cose hanno saputo entusiasmarmi come ha fatto l’annuncio di CAPCOM FIGHTING COLLECTION 2, la nuova raccolta di grandi classici dei picchiaduro di casa (appunto) Capcom in uscita a un paio di anni di distanza dal primo capitolo. Dopo averci regalato un tuffo nel passato, in coda all’era dei picchiaduro 2D, a questo giro l’intento è quello di realizzare un pacchetto di titoli a cavallo del passaggio alle tre dimensioni, offrendo sia alcuni dei migliori esponenti della vecchia scuola che una selezione tra i primi e decisamente intriganti esperimenti con i poligoni e le arene.

Per chi come me ha qualche annetto in più sulle spalle, si tratta di uno dei periodi più travolgenti del mondo dei videogiochi, in cui si percepiva in maniera tangibile la frenesia dei vari team che erano da un lato timorosi di abbandonare la “via vecchia” mentre dall’altra parte si scervellavano per capire quale forma dovesse prendere la “via nuova”.

Certo, con il senno di poi oggi è facile constatare come alla fine i picchiaduro che sono riusciti a mantenere un posto nella scena competitiva sono stati quelli che si sono limitati a traslare le meccaniche 2D in un contesto poligonale (Street Fighter, The King of Figthters, Mortal Kombat, etc.) e quelli che hanno perseguito fin dall’inizio un approccio più classico (Tekken), ma nello scavalcare la soglia dell’anno 2000 si è vissuta davvero un’epoca sperimentale affascinante per molti aspetti.

E da questo punto di vista CAPCOM FIGHTING COLLECTION 2 è davvero una proposta che sfiora la perfezione per quel che concerne la scelta dei titoli proposti. Negli anni 90 infatti il re incontrastato del genere era Street Fighter II, che abbiamo potuto giocare nella sua versione più “rifinita” con Hyper Street Fighter II – The Anniversary Edition proprio nella precedente collezione. Il successo e il riconoscimento del pubblico era tale che la stessa Capcom faticava a trovare una formula adatta a un nuovo capitolo, portandola alla creazione della serie parallea (e prequel) conosciuta con il suffisso Alpha in occidente e Zero in Giappone.

La massima espressione di questa “nuova” serie è proprio quello Street Fighter Alpha 3 Upper, ultimo e definitivo update dell’amatissimo terzo capitolo. Ciò che aveva reso così vincente la serie Alpha era la sua capacità di combinare il gameplay soldi e reattivo di Street Fighter II con tutta una nuova serie di animazioni e tecniche universali che ampliavano tattica e rapidità di gioco.

Impossibile negare il grande fascino di viaggiare “indietro nel tempo”

Impossibile poi negare il grande fascino di viaggiare “indietro nel tempo” in questo prequel, facendo la conoscenza quindi di personaggi cruciali per la narrativa (Rose, ad esempio) e immaginando l’incontro di Ryu e Ken con Bison prima di quanto potessimo immaginare. L’edizione Upper del terzo capitolo inoltre ci offre la possibilità di accedere a tutti i personaggi inseriti al tempo come extra “fuori narrazione” (Guile) e giocare con bomb atomiche come Shin Akuma o Final Bison grazie alle opzioni EX.

Street Fighter Alpha 3 è uno dei miei giochi preferiti in assoluto nel franchise, avendoci passato decine e decine (forse centinaia?) di ore su PlayStation 1 nella sua incredibile modalità World Tour. All’interno di CAPCOM FIGHTING COLLECTION 2 troviamo il gioco nella sua versione arcade, quindi niente World Tour, ma il gameplay è rimasto lo stesso e c’è voluto davvero poco per ritrovare confidenza con i comandi. La possibilità di selezionare un sistema di supermosse simile a SFII Turbo (X-ISM), quello della serie Alpha (A-ISM) o il folle V-ISM rendeva il titolo infinito per combinazioni e possibilità.

E mentre il controverso Street Fighter III muoveva i suoi primi passi, Capcom si lanciò in un’altra mossa “conservativa”, dando finalmente vita al crossover che tutti desideravano: quando ancora non esistevano Fortnite, Super Smash Bros. e simili, l’idea di Capcom vs SNK era una follia imprevedibile che scatenò grande entusiasmo nel pubblico.

L’idea di Capcom vs SNK era una follia imprevedibile e scatenò grande entusiasmo nel pubblico

Ma se si trattava di una scelta così d’impatto, perché parliamo di “mossa conservativa”? Perché come detto all’inizio eravamo nel bel mezzo della transizione verso il 3D e c’era un dannatissimo bisogno di realizzare un successo, superando ogni forma di rischio. Il crossover con SNK era una scelta quasi d’obbligo per il bene di entrambe le case, un po’ in crisi negli arcade. Pur avendo espresso il suo maggiore potenziale con il secondo capitolo e l’approdo sulle console dell’era PlayStation 2, questo progetto rimane un validissimo esempio di come si possano far incontrare mondi differenti valorizzandoli in egual misura.

Nella CAPCOM FIGHTING COLLECTION 2 abbiamo poi l’opportunità di giocare entrambi i capitoli, anche qui nelle loro migliori versioni (Capcom vs. SNK Millennium Fight 2000 Pro e Capcom vs. SNK 2 Mark of the Millennium 2001) e godere dell’interpretazione dei personaggi di Fatal Fury, Art of Fighting, Samurai Showdown e altri in salsa Capcom. Attenzione a non confondere questi due giochi con SNK vs Capcom SVC Chaos, la recente riproposizione del crossover a parti invertite.

Molto intrigante per questi titoli è l’enorme possibilità di personalizzazione dell’esperienza, con ben 6 stili di gioco differenti e la possibilità di scegliere quale versione avviare tra la già citata Capcom vs. SNK 2 Mark of the Millennium 2001 e Capcom vs. SNK 2 EO, la versione con i comandi semplificati uscita inizialmente su Nintendo GameCube e poi Xbox, ora di nuovo accessibile a tutti i giocatori.

Dall’altra parte della barricata però troviamo anche dei titoli realizzati in grafica poligonale 3D e che a loro modo hanno provato a mettere in discussione le dinamiche classiche del genere dei picchiaduro. L’esempio più lampante è da ritrovarsi nella serie Power Stone, che ha esordito su Dreamcast provando a inscenare combattimenti 1vs1 in arene ricche di oggetti, spostando il focus del gameplay dall’abilità tecnica nell’esecuzione all’adattabilità di strategia e tattica, quasi con vibe da party game.

Con Power Stone 2 abbiamo visto Capcom abbracciare in toto questo mood, portando le sfide a 4 giocatori, inserendo una progressione a discrezione del giocatore (a la Mega Man) e sistemi di punteggio che decisamente mettevano in chiaro quanto si allontanasse dalle convenzioni. Che è anche il motivo per cui Edward Falcon lo ricordano in quattro gatti, purtroppo.

Eppure ostacolare i nemici, raccogliere le gemme per potenziarsi e trasformarsi, usare supermosse devastanti e così via è un’esperienza che andrebbe recuperata, in un terzo capitolo che non arriverà mai (ma sarebbe fantastico).

Il titolo che invece fa capire un po’ di più lo smarrimento dei developer dell’epoca è Plasma Sword (ovvero Star Gladiator 2), il picchiaduro futuristico che unisce soldati, robo, alieni, ibridi animali e chi più ne ha ne metta, raccolti in un contesto a metà strada tra il normale scontro 1vs1 e le arene, che possono essere sfruttate nella profondità con il tasto dedito al sidestep. Al tempo di fronte a un titolo simile si andava in estasi e a ben donde, sia per l’enorme impegni artistico (il cast è fenomenale) che per l’avanzamento tecnologico, ma oggi è davvero buffo mettere alla prova hitbox, priorità sballate e tutte le acerbe meccaniche presenti.

È però un’esperienza davvero consigliata per capire ancora di più come siamo arrivati ai giochi di oggi e perché tanti titoli abbastanza originali si siano persi nell’etere o siano stati relegati al ruolo di party game: quando si tratta di “competizione”, la precisione è d’obbligo e non c’è spazio per le incertezze. Adorabili incertezze, se viste con occhi nostalgici come i miei.

Un’esperienza davvero consigliata per capire ancora di più come siamo arrivati ai giochi di oggi

In chiusura ci tuffiamo nell’anno 2000 per parlare di Project Justice, il sequel “in alta risoluzione” di Rival Schools (1997 Arcade, 1998 PlayStation) che ho letteralmente consumato ai tempi del Dreamcast e che per la prima in 25 anni è di nuovo fruibile da tutti gli appassionati del genere.

Si tratta del gioco più vicino a dinamiche moderne, richiamando un po’ l’idea dei picchiaduro tag a la Marvel vs Capcom ma mantenendo l’immediatezza degli scontri 1vs1 con mosse speciali di grande effetto ed effettivamente impattanti sull’energia degli avversari. Il mood scolastico e la trama “seriosa” ma inevitabilmente leggera per via del contesto rende il tutto estremamente godibile e sopra le righe, in puro stile manga shonen. Ancora oggi la precisione dei controlli e la creatività delle meccaniche (meravigliosa la possibilità di interrompere le mosse di squadra avversarie) lo rendono supergiocabile!

Che dire quindi se non che CAPCOM FIGHTING COLLECTION 2 al momento mi sta offrendo esattamente quello che voglio? Posso giocare a titoli di un’era quasi dimenticata, che non ha paragoni nelle generazioni arrivate dopo, riproposti dopo tanti anni in versione giocabilissima su hardware moderni, superando quindi il rischio dell’oblio videoludico.

In attesa di esprimermi definitivamente in fase di recensione, posso dire che le uniche cose che mi hanno fatto storcere il naso sono i filtri video, presenti in varie tipologie come avviene per questo genere di produzioni ma che non mi hanno convinto al 100%, e lo strano sistema di “savestate” che pare essere condiviso e non permetta salvataggi dei progressi per i singoli giochi, ma solo dell’ultimo. Mi sarò perso qualche opzione? Lo scopriremo più avanti! Nel mentre l’entusiasmo mostrato inizialmente rimane, come dovrebbe essere per tutti alla luce di una raccolta storica come questa!